Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

La svolta operata nel gusto dall’esposizione del 1825 e dai risultati operativi dei primi lustri di attività della scuola di disegno si ravvisa già, nell’esposizione dalla presenza di dipinti “di invenzione” e dalla proposizione di un nuovo paesaggismo ispirato direttamente al vero. La morte di Canova (1822) aveva certamente raffreddato l’esodo dei veneti verso Roma anche se l’ambasciata d’Austria presso lo Stato Pontificio, collocata a Palazzo Venezia, offriva sempre un appoggio sicuro mentre costantemente era garantita la protezione di Gregorio XVI, il bellunese Mauro Cappellari, pontefice dal 1831 al ’46. Per i più dotati, dopo il tirocinio alla scuola locale, era quasi d’obbligo il passaggio all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove tenevano cattedra Teodoro Matteini, Odorico Politi, Lattanzio Querena, Ludovico Lipparini, Michelangelo Grigoletti. Si forma così, alla metà del secolo, un consistente nucleo di pittori locali di figura e di storia ma prevalentemente “di ritratto”, il genere più amato e richiesto dal ceto borghese emergente: il novese Francesco Antonibon (1809-1853) che nel 1838 parteciperà con cinque opere - due quadri storici e due ritratti - all’Esposizione allestita a Venezia all’Accademia per onorare la visita di S. M. I. R. A. Ferdinando I; Angelo Balestra (Bassano 1803-Roma 1881) attivo tra Bassano e Roma, il più quotato tra i ritrattisti, maestro nell’integrare il rigore neoclassico con la lucidità purista e il languore romantico (fig.17);

17AngeloBalestra

17. Angelo Balestra, Madonna, 1860 ca. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio,  inv. 67. Il dipinto dell’artista è stato definito, per l’avanzata intonazione purista, da Brentari “di celestiale bellezza”.

Francesco Roberti (Bassano 1789-1857), già allievo all’Accademia di Teodoro Matteini, disegnatore e ritrattista, a lungo maestro alla scuola di disegno; Pietro Menegatti (Molvena 1809-Bassano 1878), allievo a Venezia di Matteini e Politi, autore di quadri storici e religiosi ma anche di intensi ritratti di sapore pienamente romantico; Francesco Facci-Negrati (Bassano 1810-Venezia 1839), di ottima preparazione accademica, specializzato in restauro e in pale d’altare per il Bassanese e l’altopiano; Antonio Bianchi (Cassola 1848-Vicenza 1900) il più giovane del gruppo, allievo all’Accademia di Pompeo Marino Molmenti; formatosi a Venezia nell’ambiente di Faruffini, Favretto e Nono, si afferma oltre che nella ripresa quasi veristica del ritratto, nell’attenzione particolare alla narrazione storica e alla rappresentazione di interni. Non è possibile tuttavia tacere di Antonio Viviani (Bassano 1804-1854), l’autore dell’ineludibile dipinto Inaugurazione del Museo Civico di Bassano, 1848 ca. che celebra la nascita ufficiale dello storico istituto cittadino con la minuziosa descrizione della sala, degli arredi e delle autorità presenti fisionomicamente riconoscibili[37]. E’ una galleria di “illustri bassanesi”, il ceto borghese, altoborghese e intellettuale della città, con le loro mogli e madri non meno coinvolte nella vita sociale in un momento di crescita che vede l’istituzione del Museo (1828-1840), del Gabinetto di Lettura (1840), dell’Ateneo (1845), del Giardino Parolini (iniziato nel 1817 e giunto all’assetto definitivo tra il 1840 e il 1850), del quotidiano «Il Brenta» (1865-1871); se il contesto borghese imprenditoriale si adattava alla dominazione asburgica riconoscendone i meriti burocratici e organizzativi, gli intellettuali male ne sopportavano la presenza auspicando, anche apertamente e con ripercussioni repressive, la causa dell’unificazione nazionale italiana; situazione non priva di tensioni anche sul piano religioso nella contrapposizione tra cattolici liberali e conservatori[38]. La novità che scavalca pittura di figura, di storia e di ritratto è il nuovo concetto di veduta, il paesaggismo. Già ci si era avventurato Roberto Roberti[39], superata la fase della copia e appreso l’insegnamento dei vedutisti romani ma senza giungere, nemmeno nella sua prova migliore, il celebrato Ponte di Bassano (MBAB, inv. 74, ante 1807) alla vibrazione atmosferica e a superare la fissità della luce. Toccherà ad un altro bassanese, protetto dai conti Roberti, Antonio Marinoni (Bassano 1796-1871)[40] di abbandonare coraggiosamente la città ai primi del 1822 per tentare la via di Roma: affidato provvidenzialmente ai Canova, Antonio e il fratello monsignore Giambattista Sartori Canova, fu dal lungimirante scultore collocato alla scuola di un innovativo paesaggista fiammingo Martin Verstappen (Anversa 1733-Roma 1853) che lo allena alla veduta presa dal vero, en plein air nell’agro romano e lo introduce nella cerchia dei pittori nordici gravitanti nel circolo di villa Malta delle Rose al Pincio; sono inglesi, tedeschi, olandesi, russi, fiamminghi e il belga Frans Vervloet (Malines 1795-Venezia 1872) col quale stringerà duratura amicizia e al seguito del quale si trasferirà a Napoli nel 1827. La collaborazione, con disegni e dipinti alla monumentale opera del Viaggio pittorico nel Regno delle Due Sicilie[41]per la quale eseguirà oltre cinquanta vedute dal vero del territorio campano e della Sicilia – delle quali solo trenta verranno poi tradotte in disegno litografico e utilizzate - lo accosterà alla nascente Scuola di Posillipo (Giacinto Gigante, Salvatore Fergola, Raffaele Carelli, Achille Vianelli) e al vedutismo dell’olandese Antoon Sminck Pitloo (Arnheim 1790-Napoli 1837) titolare della prima cattedra “di Paesaggio” istituita all’Accademia napoletana nel 1824[42], nel vivo del paesismo più avanzato d’Italia e di respiro europeo: di quella scuola che avvierà l’anticipazione del paesaggio moderno[43]. Dopo l’esperienza meridionale e il rientro a Roma (1833 ca.) la pittura di Marinoni non sarà più la stessa: il periodo migliore 1835-1845 lo vede viaggiare a Parigi e a Londra, esporre a Roma, a Milano e a Venezia [44]. I suoi dipinti, fragranti di acque (fig.18),

18AntonioMarinoni

18. Antonio Marinoni, Veduta di Bassano da San Vito verso il Margnan e Angarano, 1835 – 1840. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, inv. 290. Il dipinto testimonia il continuo amore per le vedute della città natale espresso anche in alcuni altri notevoli dipinti di collezioni private bassanesi.

di fronde, di variare di cieli si accompagnano ai numerosi disegni, testimoni di tutta una vita, raccolti in dieci taccuini e una cartella di quaranta: disegni a matita, acquarello, inchiostro dilavato e l’innovazione dell’olio su carta. Preziosi materiali conservati nel museo cittadino, con il suo ritratto eseguito dall’amico Antonibon (1841) e ben sedici importanti dipinti tra i quali la Veduta del castello aragonese dal porto di Ischia (1828 ca., inv. 534) e Il porto di Palermo (1830-1831, inv. 456) del periodo meridionale; Le cascate e tempio di Vesta a Tivoli (1835 ca., inv.422) (fig.19)

19AntonioMarinoni

19. Antonio Marinoni, Cascate e tempio di Vesta a Tivoli, 1835 ca. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio,  inv. 422. Il dipinto denota il felice momento romano dell’attività centrale dell’artista al rientro dall’esperienza meridionale nella punta più avanzata del paesaggismo.

del momento centrale romano e la splendida Veduta di Bassano da San Vito verso il Margnan e Angarano (1835-40, inv.280) dedicata alla sua città. Fervente patriota, Marinoni lasciò per testamento[45] oltre duecento studi al Consorzio Nazionale per il Risanamento del Debito Pubblico istituito a Torino che in gran parte vennero dispersi all’asta tra il 1872 e l’ ‘80[46].  

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