Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nell’ambito delle circoscrizioni territoriali in cui durante la prima età moderna risulta divisa la Repubblica di Venezia, la città di Bassano, soggetta dal punto di vista politico al dominio veneto dal 1404 e direttamente dipendente dalla Serenissima[1], apparteneva dal punto di vista ecclesiastico alla diocesi di Vicenza[2]. Le due sfere giurisdizionali erano strettamente intersecate: prerogativa del Consiglio cittadino di questo centro minore della Terraferma veneta, costituito da membri a partire dalla fine del Quattrocento pressoché esclusivamente nobili[3], fu infatti fin dall’inizio quella di intervenire ampiamente nelle questioni ecclesiastiche della città. Tale aspetto era garantito dagli statuti che regolavano la vita della comunità: risalenti al XIII secolo, periodo in cui la popolazione di Bassano si era sottoposta a Padova, e redatti precisamente al 1259, essi furono rinnovati negli anni 1267-1268 e nel 1295; nuovamente redatti nel 1389 sotto il dominio dei Visconti[4], furono confermati anche all’indomani della dedizione a Venezia, seppure con qualche modifica e con la riserva da parte del Senato veneziano di apportare cambiamenti[5], mantenendo la propria validità nei secoli successivi fino al termine della dominazione veneziana «non senza sostanziali innovazioni introdotte dalla prassi e dai decreti del governo veneto»[6]. Oltre agli statuti, uno dei punti che legavano strettamente il potere civile a quello ecclesiastico riguardava l’esercizio del giuspatronato[7] sulla nomina dell’arciprete, questione che sarà spesso fonte di controversia: la scelta, da parte del Consiglio, del sacerdote che avrebbe governato la pieve, da presentare al vescovo di Vicenza solamente per la conferma, costituì infatti motivo di contrasto in più occasioni e lascia intravedere come l’ambito dei dissidi coinvolgesse il potere vescovile, ma anche le istituzioni centrali veneziane. Non solo la pieve del resto, come vedremo, costituiva oggetto di attenzione per quanto concerne il diritto di nomina: pure su chiese minori del territorio legate alla pieve il Consiglio imponeva la sua volontà riguardo alla scelta dei beneficiati (così nella cappella di Sant’Antonio di Rosà). Anche dopo che la pieve perse la sua prerogativa di chiesa battesimale (la quale all’inizio del Quattrocento passò al monastero di San Giovanni[8]), la rivendicazione del giuspatronato sulla nomina dell’arciprete rimase una ferma volontà dei rappresentanti della maggiore istituzione cittadina. Più in generale, per quanto concerne la popolazione di Bassano, sul finire del XIV secolo si era già manifestata anche la volontà associativa dei laici, che diede luogo alle prime confraternite, a testimonianza dell’attività dei fedeli nell’ambito devozionale[9]. Si tratta di un fenomeno che riguardava altri contesti degli antichi Stati italiani[10], e che anche a Bassano si andava profilando con sempre maggiore precisione: è quanto emerge, ad esempio, dalla fondazione nel 1388 della confraternita del Corpo di Cristo[11], cui spetterà il giuspatronato sulla cappella poco dopo eretta nella chiesa di San Giovanni ad opera della stessa confraternita[12].   

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