Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nell’ambito delle istituzioni ecclesiastiche e religiose, un ruolo importante ebbero conventi e monasteri, soprattutto perché spesso costituirono «interlocutori privilegiati»[45] per le confraternite. A Bassano, infatti, l’attività delle associazioni laicali si manifestò costantemente sia nella pieve che in altre chiese. Non è questa la sede per ripercorrere le vicende dei singoli monasteri e conventi, situati a Bassano e dintorni a partire dal basso medioevo, e che ebbero nella maggior parte dei casi il proprio epilogo con le soppressioni del periodo napoleonico[46](fig. 3).

3IdeadiBassano

3. Idea di Bassano dal 1404 al 1730, 1730ca, disegno a penna su carta, in F.Chiupani, Historia Bassanese, parte seconda, c.2 verso. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, 33 C 17.2 .La mappa evidenza in capitale maiuscola le chiese e conventi della città (A, Piazza San Giovanni poi Libertà; B, piazza San Francesco poi Garibaldi; C, chiesa di San Francesco; D, chiesa di San Bernardino; E, Canonica; F, arcipretale di Santa Maria Maggiore; G, chiesa di san Vittore; H, chiesa di san Giovanni Battista; K, Convento delle Grazie; L, Santa Chiara; M, Santa Maria del Patrocinio; P, San Bonaventura; R, convento dei Cappuccini; T convento di Ognissanti.

Un breve sguardo ai più importanti ci permetterà tuttavia di comprendere quanto le istituzioni dei regolari fossero presenti nella comunità bassanese: nel 1411 i Benedettini di Santa Giustina di Padova si erano insediati a San Fortunato e, successivamente alla parentesi in cui la direzione fu affidata al sacerdote secolare Nicolò da Fiesso, nel 1450 il monastero fu annesso alla congregazione di Santa Giustina a Padova[47]. Negli anni Quaranta del Quattrocento a Margnano, presso la chiesa di Santa Caterina (di giuspatronato comunale) si erano stabiliti intanto gli Eremitani di Sant’Agostino, la cui sede poté consolidarsi anche grazie a diversi lasciti testamentari[48]. Origini più antiche aveva invece il monastero dei Francescani, trasferitisi verso la fine del Duecento da Angarano alla chiesa di San Francesco a Bassano, anch’essa nel corso del XV-XVI secolo destinataria di lasciti[49] e dove nel Cinquecento erano presenti otto religiosi[50]. Alla fine del Quattrocento risalgono la costruzione della chiesa di Santa Maria delle Grazie e la residenza dei Servi di Maria presso di essa, grazie al monastero costruito nello stesso periodo, dove nel 1513 risiedevano tre religiosi[51]. Tra la fine del Cinquecento e i primi anni del XVII secolo furono invece fondati rispettivamente il convento dei Cappuccini di Ognissanti e il convento dei Riformati di San Bonaventura[52](fig.4).

4FacciataSanBonaventura

4. Facciata della chiesa di San Bonaventura, chiesa dei Riformati. Costruita nel XVII secolo, la chiesa fu trasformata nella prima metà dell’Ottocento. Più tardi diventò la chiesa dell'Ospedale.

Il Quattrocento fu un secolo particolarmente movimentato nella fondazione di ordini religiosi bassanesi, come dimostrano in particolare le vicende delle agostiniane di San Giovanni relativamente alla chiesa di San Pancrazio, che portarono alla ricostruzione della stessa con l’intitolazione a San Sebastiano[53]. A tale proposito è da ricordare il ruolo più in generale svolto nella società del tempo dei conventi femminili, che rappresentavano «una soluzione giudicata conveniente per quelle giovani nobili che le famiglie non desideravano collocare in matrimonio, e come tali, e non altro, venivano prevalentemente considerati»[54]. A Bassano la questione principalmente sentita nel periodo successivo al concilio di Trento riguardò la necessità di limitare il numero delle monache forestiere al fine di favorire l’ingresso delle monache cittadine, questione che comportò una disposizione del vescovo Dionisio Dolfin in base a cui due terzi delle monache dei tre monasteri di Bassano avrebbero dovuto essere bassanesi e solo un terzo costituito da forestiere, con l’eccezione delle veneziane, che «nobili e cittadine» sarebbero sempre state accettate e mai escluse[55]. Tale aspetto riguardava più in generale i monasteri femminili, soprattutto dopo il Concilio di Trento, che con il decreto De regolaribus et Monialibus, aveva assegnato ai vescovi il controllo sui monasteri femminili, regolandone l’accesso e la disciplina interna[56], disposizione che non avvantaggiava i ceti aristocratici della città, i quali fino ad allora avevano posto a monacare figlie femmine per non dividere in parti eccessive il patrimonio familiare e lasciarlo ai figli maschi o per fornire doti cospicue ad altre figlie destinate al matrimonio[57] e che per questo avevano cercato di non far pesare troppo alle figlie monache la scelta «obbligata», garantendo loro una vita piuttosto agiata e priva di sacrifici[58]. Anche nella sede della vicina diocesi di Feltre, ad esempio, le vicende relative ai tre monasteri cittadini avevano seguito la direzione presa da Bassano, preferendo le monache cittadine alle forestiere[59]. Ciò che a Bassano colpisce è, come già sottolineato da altri studi[60], il favore prestato alle monache provenienti da Venezia, quasi a garantire, come in epoca pre-conciliare, «di limitare l’ampliamento incontrollato della classe dominante»[61] dell’oligarchia veneziana. Di molto posteriore la fondazione delle clarisse, che presso la chiesa con annesso un piccolo convento fatto costruire da un gruppo di terziarie francescane negli anni 1681-1682, inizialmente intitolata a San Rocco (fig.5),

5ChiesaSanRocco

5. Chiesa di San Rocco. La chiesa, con annesso un piccolo convento fatto costruire da un gruppo di terziarie francescane negli anni 1681-1682, fu inizialmente intitolata a San Rocco, protettore dalla peste che infestava il territorio veneto.

furono attive nel Settecento[62]. Alla fine del XV secolo risale la fondazione del convento di San Girolamo delle benedettine, presso il quale rimase dal 1622 al 1670 Giovanna Maria Bonomo, monaca proveniente da Asiago: il rigore spirituale e l’esperienza religiosa, nutrita delle «manifestazioni più esaltanti dell’agiografia seicentesca», fatta di estasi, apparizioni, stimmate, comportamenti estremi, la condurranno da un lato alla beatificazione, dall’altro ad essere nominata patrona di Bassano alla fine del Settecento[63]. Si trattava della manifestazione di un fenomeno che nel contesto del XVII secolo, nonostante il carattere privilegiato della «virtù eroica» legata alle possibilità umane, attribuiva ancora grande importanza alle doti soprannaturali come elementi che connotavano la santità[64](fig. 6).

6GiovanniMiazzi

6. Giovanni Miazzi, Pianta della città di Bassano (1760-1767), disegno a penna acquarellato. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Mappe, n.18. Nella mappa, come nella precedente se pur in una visione più allargata, lettere capitali segnalano le chiese ed i conventi in epoca moderna.

Di importante rilevanza, inoltre, il monastero di Santa Croce di Campese, risalente al XII secolo, dipendente dall’abbazia madre di Polirone, come questa annesso nel XV secolo alla congregazione di Santa Giustina di Padova, dal 1453 unito dal punto di vista amministrativo al monastero di San Fortunato[65], che nel periodo del Concilio di Trento «da convalescenziario e luogo di ristoro fisico e spirituale, si sarebbe convertito … in una specie di penitenziario o luogo di confino per tutti quei monaci che, rei di aspirare ad una vita più evangelica, simpatizzavano per una religione più autentica, lontana da ogni fasto e magnificenza»[66]. La vicenda di questo monastero mette in risalto più in generale le «caratteristiche extra-diocesane» che distinguevano la vita regolare, sia perché i monasteri appartenevano ad un ordine che non era legato ad una singola diocesi, sia per quanto concerne la dipendenza spirituale direttamente dal pontefice e dal proprio ordine, aspetto quest’ultimo che consentiva di non essere vincolati dall’autorità diocesana e di non essere legati alle decisioni del governo locale[67]. La breve panoramica sui monasteri e conventi presenti a Bassano durante la prima età moderna permette di comprendere l’importanza rivestita dagli ordini religiosi nel tessuto cittadino, soprattutto dagli ordini mendicanti. Lo attestano i lasciti testamentari rivolti alle chiese degli stessi monasteri, come quello di Lodovico Lugo, che nel 1626 lasciò al convento di San Francesco 300 ducati da investire in cambio della celebrazione perpetua di due messe la settimana presso l’altare della Santissima Trinità[68], o i 300 ducati lasciati nel 1574 da Alessandrina vedova Corradini al monastero femminile di San Girolamo e destinati all’incremento della dotazione della mansioneria fondata da Luca Gradenigo per la celebrazione della messa quotidiana[69], o ancora il testamento di Gerardo Scudellari, che nel 1719 lasciò 2.000 ducati per la celebrazione quotidiana di una messa in suffragio della sua anima nella chiesa degli Angeli del monastero di San Giovanni Battista[70]. Ma è anche quanto emerge dalla presenza di confraternite legate a tali ordini: ne sono un esempio le due confraternite dell’Immacolata Concezione e di San Bernardino erette nella chiesa di San Francesco[71](fig.7).

7FrancescoChiupani

7. Francesco Chiupani, Bassano (1726-1737), in Lorenzo marucini, il Bassano, 1737. Bassano del grappa, Museo biblioteca archivio, biblioteca 10. C.3. In sequenza la terza rappresentazione in mappa dei monumenti, dei conventi e delle chiese della città, con la relativa legenda.

Tutto ciò sembra costituire una via alternativa all’«azione organica di rilancio delle istituzioni secolari» sancita dal Concilio di Trento[72]. L’azione dei regolari, da un altro punto di vista, era poco legata all’ambiente locale, se teniamo conto del fatto che i predicatori quaresimali soggiornavano a Bassano per le prediche e giungevano da altre zone. Le norme del Concilio di Trento avevano decretato che i predicatori quaresimali dovessero avere la licenza del vescovo. A Vicenza e nel territorio vicentino i comuni chiamavano e stipendiavano un predicatore per la quaresima[73]: così, per citare alcuni esempi, nel 1551 fu chiamato a Bassano come predicatore per la quaresima l’eremitano Sebastiano Sabatino di Fabriano, mentre nel 1556 il minorita Bonaventura di Castelfranco e nel 1557 l’agostiniano Pietro Nicoli di Bergamo; il primo, oltre a 16 lire per coprire le spese sostenute, ricevette dal Comune 60 lire, mentre il secondo e il terzo ne ebbero 100[74]. Ad occuparsi della scelta del predicatore era infatti il Comune, come attesta il carteggio sull’argomento degli anni 1694-1735 appartenente alla documentazione dell’Archivio Comunale di Bassano[75]: così nel 1694 per la nomina del gesuita Francesco Grandi, o ancora nel 1714, quando il Consiglio decise di chiamare a Bassano come predicatore per gli anni 1720 e 1721 il teatino Innocenzio Savonarola, che già per tre anni aveva prestato servizio all’altare del duomo per la novena di San Gaetano «con virtuose predicazioni e santi impieghi» a beneficio della popolazione e che aveva esposto presso lo stesso altare una reliquia di Sant’ Andrea Avellino. Assieme al Savonarola, e a sua discrezione, sarebbe stato chiamato un altro padre «di grido» dello stesso ordine per predicare dal pulpito di San Giovanni[76]. Questi ultimi predicatori testimoniano il diffondersi dell’influenza delle congregazioni di chierici regolari cinquecentesche[77] e della loro attività prevalente, la predicazione[78], uniti al culto delle reliquie, aspetti di una religiosità popolare che contrastava con l’influenza dell’epoca dei lumi[79]. Anche nei rapporti con le chiese rette da ordini regolari, però, l’azione del Consiglio cittadino in più casi lascia intravedere il proprio intervento. E’ quanto succede, ad esempio, nella questione che coinvolse la chiesa e il convento di San Francesco per la disposizione dei banchi nella chiesa negli anni Venti del Settecento[80]. Il Consiglio sosteneva infatti che la chiesa dipendesse dal patronato laico della comunità, grazie alla cui concessione i padri conventuali potevano celebrare le loro funzioni, e una nuova disposizione dei banchi era concepita come un atto di usurpazione, motivo per cui l’istituzione civile ricorse presso il doge[81]. In realtà le controversie avevano permeato i secoli precedenti: già nel 1570 ad istanza dei deputati era stato emanato un proclama per vietare di rimuovere i banchi dall’ordine stabilito, e negli anni 1644-1645 la questione aveva avuto un seguito allorché il capitolo dei francescani aveva fatto presenti le lamentele dei benefattori della chiesa perché le persone provenienti dal territorio e appartenenti al ceto popolare occupavano i banchi delle nobili e delle cittadine, la maggior parte delle quali possedeva sepolture in quella chiesa e che per tale motivo non volevano più intervenire alle prediche e agli uffici divini. All’offerta di far disporre i banchi da persone di professione per sedare tale dissidio il Consiglio aveva però risposto con un proclama che ribadiva le prerogative della Comunità[82]. Dagli esempi riportati è possibile dedurre come da un lato le istituzioni ecclesiastiche regolari beneficiassero del favore di singoli, mentre dall’altro la vigilanza del ceto di governo locale sull’attività religiosa si intrecciasse continuamente con la vita religiosa, anche per quanto concerne i rapporti con gli ordini regolari: si tratta di un elemento che durante la prima età moderna riguardò la società di Bassano costantemente e che condizionò, come vedremo, anche le manifestazioni religiose delle associazioni laiche.

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