Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

L’agro centuriato di Padova nord (Cittadella-Bassano)[1] viene assunto in questa sede quale ambito geografico idoneo per ricostruire il più antico popolamento e l’evolversi delle culture preromane di un territorio che dovette avere come principale riferimento l’area pedemontana marcata dallo sbocco in pianura del fiume Brenta, nel punto in cui sarebbe stato fondato in età medioevale il centro urbano di Bassano. L’area presa in considerazione è contraddistinta dalle ultime propaggini dell’Altipiano dei Sette Comuni e del Massiccio del Grappa a nord, dall’antico corso del Brenta a ovest e da quello del Lastego-Musone a est, mentre a sud il limite può essere individuato nella “fascia delle risorgive”(fig.1; tav.1). Le ricerche archeologiche ebbero inizio a Bassano e dintorni alla fine dell’Ottocento ad opera dell’Ispettore onorario agli scavi, conte Tiberio Roberti, e interessarono principalmente la località di S. Giorgio di Angarano, dove nel settembre del 1892 i lavori agricoli avevano riportato alla luce un antico sepolcreto con tombe a incinerazione. La notizia ufficiale del ritrovamento fu data l’anno successivo dall’insigne studioso Paolo Orsi[2] nella rivista dell’Accademia dei Lincei «Notizie degli Scavi d’Antichità», mentre nella stampa locale Giovanni Roberti, figlio del conte Tiberio, attribuiva i ritrovamenti di San Giorgio di Angarano alla «schiatta cosiddetta dei Protoveneti»[3]. Lo scavo sistematico del sepolcreto sarà effettuato solo negli anni 1926-1927 da parte dell’allora Soprintendente alle Antichità delle Venezie, Ettore Ghislanzoni, il quale si avvalse sul campo della valida collaborazione dell’assistente di scavo Antonio Nicolussi. I risultati delle due campagne di scavo andarono oltre ogni aspettativa. Furono infatti recuperate 84 tombe con urna cineraria fittile e altre 38 “senza cinerario”, queste ultime caratterizzate in origine da un contenitore in materiale deperibile, quale tessuto o legno[4]. A partire dagli anni settanta del Novecento si registrano nuove segnalazioni e ritrovamenti fortuiti da parte di appassionati di storia locale[5]; tuttavia solo alla fine dello stesso secolo prenderà avvio una stagione assai proficua di ricerche archeologiche sistematiche segnate da importanti interventi di archeologia preventiva nel centro storico di Bassano e nel territorio circostante. Il complesso dei dati archeologici finora acquisiti ci consente di tracciare, seppure a grandi linee, l’evolversi del popolamento umano in questa parte del territorio vicentino, quasi senza soluzione di continuità, dal Paleolitico all’età della romanizzazione.

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