Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

«Quivi a breve profondità i contadini scoprirono due lunghe braccia di muro, d’opera incerta, spesse circa m 0,50, una normale all’altra; nel punto d’incontro formavano un vano quadrato di circa m 2,00 x 2,00. Tutto il terreno circostante si trovò pieno di tegoloni e mattonacci (ne misurai alcuni di cm 30 x 22 x 8), dei quali se ne raccolsero quanti bastarono per farne l’impiantito di una cucina....Vidi pure una mezza dozzina di pesi a piramide tronca, un tambellone circolare (diam. cm 17, spessore cm 8), una antefissa con testa di Medusa fasciata in giro di meandro ed in basso di fogliotte; di più un frammento di fregio fittile, rotto in tre (cm 27 x 24); in basso è conterminato da un astragalo e nel campo avvi il residuo di un rilievo a disegno forte e corretto, rappresentante una donna seduta panneggiata, dietro la quale scorgesi le estremità inferiori di due altre; davanti ad essa avanzi di panneggio, da cui sporge una mano che sembra presentare un’ offerta». Così il grande archeologo Paolo Orsi[76] presenta, sia pure sommariamente, l’importante scoperta archeologica avvenuta a San Giorgio di Angarano, località che con ogni probabilità conserva ancora nel moderno toponimo le tracce dell’antico prediale romano[77]. Infatti, anche se il sito, dopo gli occasionali ritrovamenti della fine dell’Ottocento, non è più stato oggetto di ricerche archeologiche condotte scientificamente, la presenza tra i reperti di un frammento di matrice per la realizzazione di una lastra di rivestimento raffigurante Dioniso con una menade[78](fig.7)

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7. Frammento di matrice per la realizzazione di una lastra di rivestimento raffigurante Dioniso con una menade. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio.
La matrice,  rinvenuta a San Giorgio di Angarano, attesta l’esistenza di una fornace, forse collegata con l’insediamento residenziale.

e il fatto che nessuna delle terrecotte architettoniche presenti né tracce di colorazione né altri segni di posa in opera, avvalora l’ipotesi che la maggior parte dei reperti appartenessero allo scarico di una fornace[79], ove si procedeva alla cottura di materiali fittili di vario genere (mattoni, tegole, terrecotte impiegate per il rivestimento e l’ornamento degli edifici e, forse, pesi da telaio), e che, con ogni probabilità, faceva parte di un ampio insediamento residenziale e produttivo, forse da identificare con la villa messa in luce nella vicina località La Corte[80]. Il nucleo più consistente dei materiali è rappresentato dalle terrecotte architettoniche[81]: oltre al già ricordato frammento di matrice con Dioniso e menade, vi sono due antefisse e almeno venti esemplari di lastre “Campana”, prodotte in serie con l’uso di matrici e impiegate nel rivestimento e nel coronamento di edifici pubblici e privati[82]. Oltre ai consueti elementi vegetali (tralci, palmette, cespi d’acanto) e alle cornici, fra le raffigurazioni compaiono una testa di Dioniso con un tirso (fig.7), una Nike sacrificante (fig.8b),

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8 a-b. Due frammenti di lastra di rivestimento raffiguranti una Nike che sacrifica (b) e Demetra seduta su una cista con Kore alle spalle e Isacco di fronte (a). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio.
I due frammenti sono parte di un grosso ritrovamento di materiale fittile,  rinvenuto a San Giorgio di Angarano, che attesta l’esistenza di una fornace, forse collegata con l’insediamento residenziale.

Demetra seduta su una cista con Kore alle spalle e Isacco di fronte (fig.8a), arcieri barbari che colpiscono un capro, il riscatto del corpo di Ettore, una testa maschile, forse di barbaro vinto (fig.9a),

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9 a-b. Due frammenti di lastra di rivestimento raffiguranti una testa maschile, forse di barbaro vinto (a) e un volto di Medusa (b). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio.
I due frammenti sono anch’essi parte di un grosso ritrovamento di materiale fittile,  rinvenuto a San Giorgio di Angarano, databile tra l’Età Augustea e la fine del I secolo d.C..

due volti di Medusa (gorgoneion)[83](fig.9b). Si tratta di prodotti che imitano modelli ispirati ad alcuni dei cicli mitologici cari alla propaganda ideologica dell’età augustea, come quello di Dioniso e quello di Apollo, rielaborati con diverse varianti, dato questo particolarmente significativo perchè indica l’uso di matrici approntate localmente e non importate da Roma[84]. Dalla fornace uscivano inoltre mattoni, anche circolari e semicircolari per la costruzione di colonne (fig.10a),

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10 a-c. Mattone semicircolare da colonna (a); tegola frammentata (b) e due frammenti appartenenti a tegole diverse (c). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. Materiale da San Giorgio di Angarano. Il mattone semicircolare da colonna(a) porta il marchio Servilia, la tegola frammentata (b) il marchio Manli(orum) Pastor (scil. servus) e i due frammenti di tegole diverse (c) ricostruiscono il marchio di Avil(l)ia M(ani) f(ilia) Paeta.

uno dei quali reca il marchio Servilia, forse da leggersi Servilia(na figlina), discretamente attestato nelle aree vicine[85], e tegole di notevoli dimensioni. Queste ultime, che rappresentano quantitativamente la produzione più rilevante, recano su più esemplari il marchio di due diversi personaggi (fig.10b-c): Manli o, più probabilmente, Manli(orum) Pastor (scil. servus), ovvero uno schiavo di nome Pastor che gestiva l’officina per conto di uno o più appartenenti alla famiglia dei Manlii e i cui prodotti sono attestati nel Padovano[86], e Avillia Peta, appartenente a una delle più note famiglie imprenditoriali di Padova, le cui attività, alquanto diversificate, si spingevano ben oltre i confini della Venetia[87]. Nella fornace, almeno in base alla documentazione disponibile, non si realizzavano anfore[88], dato che quella cui apparteneva l’ansa con marchio LCM = L(uci) C(- - -) M(- - - ) dovrebbe essere un prodotto d’importazione e non locale, poiché, a desumere dal marchio, si tratterebbe del tipico contenitore destinato al trasporto dell’olio della penisola iberica (Dressel 20)[89], mentre non si può escludere la produzione di pesi da telaio, rinvenuti in grandi quantità[90]. La fornace di San Giorgio d’Angarano, dunque, collocata in un luogo ideale per la vicinanza al fiume, fondamentale per l’approvvigionamento di acqua e per il trasporto dei prodotti, e a zone boschive, ove era facile procurarsi le grandi quantità di legname necessario per il suo funzionamento, doveva essere un impianto polifunzionale, attivo soprattutto fra l’età augustea e la seconda metà del I secolo d.C., specializzato in laterizi, dove confluivano per la cottura in comune manufatti realizzati in impianti limitrofi[91], appartenenti a più imprenditori (certamente i Manlii e gli Avillii, ma forse anche i Servilii)[92], i cui prodotti venivano poi esitati principalmente sui mercati del Veneto.

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