Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

L’ingresso di Bassano nello Stato veneziano segnò profondamente anche l’organizzazione economica del territorio, dando avvio ad una serie di processi che portarono ad una modificazione sostanziale dell’assetto agricolo, produttivo e commerciale nel distretto, in particolare nel capoluogo. Durante il pieno Medioevo Bassano era stata caratterizzata da un’agricoltura tutto sommato modesta, vocata principalmente alla produzione vinicola, dove gran parte del territorio di pianura restava riservato ai prati spontanei da sfruttare col pascolo e dove il bosco punteggiava ancora diverse zone del piano; sulle Prealpi l’economia si fondava su un ricco commercio di legname, mentre la manifattura restava confinata a soddisfare una domanda prettamente locale[82]. Ad inizio Quattrocento la situazione non era sostanzialmente mutata ed al momento dell’arrivo dei veneziani si presentava distinta fra le ville montane coperte di boschi e rive terrazzate, dove la naturale morfologia rendeva difficile l’agricoltura, ed una pianura (divisa fra il comune capoluogo, Cartigliano e Rossano) punteggiata da macchie ancora boschive distinte da piccoli fondi coltivati e delineati dalle viti, entrambi inseriti fra vaste zone prative e dove l’incolto ed il garbo[83] occupavano ancora ampi spazi. La spinta al cambiamento trovò, tuttavia, le sue basi in modo precoce, una volta stabilizzatasi la posizione di Bassano all’interno del nuovo Stato di Terraferma: è proprio all’interno di questo contesto, con la creazione di interessi economici regionali più omogenei, oltre che nella strategica posizione, che vanno cercate le motivazioni utili a comprendere e spiegare la conformazione economica che lungo il secolo l’intera podesteria venne ad assumere e che finì col caratterizzarla sino alla caduta della Repubblica. Il Brenta, uno dei principali assi commerciali del territorio e sbocco vitale di tutta l’economia bassanese, non solo continuava a mantenere la sua centralità, ma in quel momento la vide aumentare, in forza dello sbocco senza più filtri di confine verso il mare ed il mercato internazionale realtino. Durante il periodo di dominazione carrarese e viscontea la via del Brenta ed il suo naturale approdo veneziano erano già stati il principale nodo commerciale per il bassanese, ma avevano dovuto sottostare alle oscillazioni nei rapporti fra la Serenissima ed i signori di cui Bassano era stata di volta in volta suddita. I contrasti fra i carraresi e Venezia o fra i primi ed i Visconti, che avevano portato a fine Trecento al tentativo di modificazione del corso del Brenta[84], col loro strascico a livello commerciale furono superati dall’inserimento di Bassano in uno Stato regionale dalla viabilità organizzata e dalla chiara volontà della Dominante di sfruttarne tutte le potenzialità a suo vantaggio. Anche la posizione del territorio bassanese assumeva un nuovo significato nelle reti di mercato all’interno della Terraferma. Nello stato carrarese e maggiormente in quello visconteo la sua collocazione geografica risultava periferica e marginale, fornendo un collegamento per quanto importante pur sempre secondario; con la creazione dello Stato veneto, invece, Bassano divenne uno dei nodi cardine del collegamento fra il mare e le Alpi, fra la pianura e la montagna, ma soprattutto fra piazza realtina ed area germanica a livello regionale ed intraregionale.   

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