Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Quanto alla rilevanza del ceto notarile nella vita politica e sociale, la cittadina sul Brenta non fa eccezione alla regola generale dei centri urbani e semi-urbani dell’Italia: neppure sul versante delle funzioni di rappresentanza e di collegamento con i centri del potere politico della città dominante, anch’esse largamente affidate a notai.[79] Del resto, la crescente importanza del collegio notarile a Bassano si riflette chiaramente nella differente considerazione con cui si parla di loro nelle prime due redazioni statutarie bassanesi: ovvero nel 1259 e nel 1295. Nella prima non si fa alcun cenno ai notai e nessuna norma ne regola l’impiego; in quella del ’95, invece, dopo la serie dei giuramenti dei principali magistrati comunali – e subito dopo quello degli iusticiarii – una lunga posta si occupa minutamente dei loro compiti in seno agli organismi comunali. All’insediamento nell’istituzione corrispondeva pari prestigio sociale, e presumibilmente solidità economica: nel 1294, su un centinaio di fideiussori di un mutuo concesso al comune dal prestatore toscano Terzo di Zono, una quarantina sono notai. Si tratti o no di consiglieri, la percentuale è rilevante anche rispetto a situazioni comparabili[80]. Peraltro, non sempre tutti costoro rogavano, come mostra in qualche caso la significativa oscillazione degli appellativi dominus e notarius a qualificare la medesima persona. Agli inizi del Trecento tra i notai più attivi si segnalavano Sigonfredo di Giacomino da San Nazario, Rambaldo Nogara e Guidoto figlio del magister Gabriele, che furono redattori di numerose aggiunte statutarie. Dinastie notarili ben presenti nel Trecento hanno poi origini duecentesche: tra le maggiori, quella dei Pescatori. Il capostipite è Martino di Giacomo, attivo già nel 1261; onnipresente come testimone nel palazzo comunale, autorizzato a integrare il manoscritto statutario, deputato a soprintendere alla fondazione della chiesa di San Francesco tra il 1282 e il 1287 (ed è un incarico di grande prestigio),[81] Martino è attivo per quasi quarant’anni, trattando delicate questioni di competenza con il vescovo di Vicenza (l’incarceramento da parte del comune di Bassano di un prete reo di omicidio[82], la revoca di una scomunica, questioni patrimoniali col capitolo di Vicenza[83]), e importanti materie amministrative e fiscali con il podestà di Padova,[84] accedendo alla cancelleria della città dominante ove trascrive atti riportandoli nel codice statutario[85]. Suo figlio Tommasino prese poi il suo posto diventando, dal 1305 in poi, uno dei più attivi notai del Comune[86]; e già nel 1316 compare nella documentazione pubblica anche il figlio di quest’ultimo, Martino, che è ben inserito negli organismi comunali durante la dominazione scaligera.[87]Martino Pescatori, con la moglie e la figlia, è infine presente nel 1332 al testamento di Maria di Giovanni Bovolini, la committente, secondo alcuni studiosi, del crocifisso dipinto da Guariento conservato nel museo Civico di Bassano[88](tav.15). Non meno significativo è l’esempio della famiglia Carezati. Ai primi del Trecento, questa ramificata agnazione aveva alle spalle un secolo di tradizione professionale,[89] ed era attiva allora la terza generazione di notai. Il leader era Alberto di Beraldo nominato da Cangrande tra i quattro Capitani delegati a governare Bassano in sua vece nel 1320-21;[90] suo figlio Bartolomeo fu console del Comune nel 1325[91]. Nel 1349 un altro Bartolomeo Carezati quondam domini Pagani appare, insieme a Giovanni di Beraldo Beraldi, Giovanni notaio di Riprando Normanini, Benvenuto di Giovanni di Pereto e Andrea Floravanti, tra i consules et officiales del comune durante la podesteria di Pataro Buzzacarini.[92] Contemporaneamente ritroviamo un Pietro Carezati anche tra i sapientes ad utilia.[93] Nella seconda metà del secolo, tuttavia, la famiglia decadde progressivamente, e poi scomparve. Non si esaurisce con questi pochi esempi la vicenda del notariato bassanese trecentesco, nella quale spesso giocano un ruolo importante anche singoli individui, oltre alle dinastie. Si può ricordare per esempio Brentano di Andreotto, attivo anche come prestatore di denaro, che nei primi decenni del secolo occupò un ruolo così prestigioso da essere incaricato nel settembre del 1306 di trattare con il padovano Giacomo Dalesmanini l’accensione di un prestito di 5500 lire per acquistare i diritti feudali da Marzio Forzatè e comporre con lui la causa delle decime[94]. La documentazione di metà secolo che ci presenta i sapientes ad utilia communitatis del 1349-50, permette di constatare una diminuzione della presenza di notai in consiglio, mentre aumentarono i membri delle casate “aristocratiche” e gli esponenti delle professioni. Venne meno il loro ruolo “politico”? Forse. Ma in ogni caso, i notai conservarono un ruolo indispensabile per il funzionamento delle istituzioni comunali, in particolare durante la dominazione viscontea quando l’estraneità dei podestà lombardi al contesto locale rese particolarmente importante la loro funzione di mediazione, di rotella del meccanismo amministrativo. Così accade per esempio per personalità come Tomio di Sclaveto, e Benetto di Delavanzo da Santa Croce (incaricato nel 1389, con due colleghi, di redigere i nuovi statuti del comune e di altri delicati incarichi negli anni successivi, come la redazione della contabilità pertinente ai lavori di sbarramento del Brenta, 1402)[95]

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