Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, inizia a prendere forma l’armatura di una possibile espansione extra-moenia: nuove strade e nuovi sotto-servizi raccordano edifici pubblici, come il cimitero e la stazione ferroviaria, rimasti a lungo come isolati battistrada di una crescita urbana di là da venire. Questo processo di "immagliatura" viene evidenziandosi soprattutto nel rapporto con le piazze del centro città: in particolare, il posizionamento delle principali attrezzature pubbliche (come la stazione ferroviaria e il Tempio Ossario) produrrà una serie di direttrici che andranno ad interessare il nucleo più antico. Qui, più che di nuove strade, si tratterà di rettifiche e di allargamenti come quelli realizzati lungo il Campo Fior (oggi via Verci) e la via Nova (oggi via Roma); in qualche caso si parla anche di sventramenti che rimarranno però sulla carta. Tra questi trovava posto l’asse che avrebbe dovuto collegare direttamente la piazza Garibaldi alla stazione. Proposto in più sedi, anche se in forma approssimativa, il progetto si preciserà soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale e, come vedremo, sarà incorporato nel piano di ricostruzione. Fuori dalla cinta murata, il processo di ampliamento andrà soprattutto a coinvolgere le parti meridionale e orientale del territorio comunale. In queste porzioni di una nuova, possibile città vengono tracciati raccordi viari e disegnate aree di sviluppo edilizio destinate in futuro a contenere la crescita di popolazione. Già alla fine del secolo si realizzano però i nuovi servizi a rete (acqua, gas ed elettricità); nel 1897 è inaugurato l’acquedotto, dopo un cinquantennio di discussioni e di progetti[12]. Dopo il 1890, sotto la spinta della legislazione igienista, si procede alla costruzione di un sistema fognario “a scorrimento continuo” il quale si estende ben al di là del centro abitato. Questa ed altre reti consentono di creare un nuovo palinsesto sulla base del quale soltanto cinquanta/sessanta anni dopo si materializzerà un capillare processo di insediamento periferico. Per il momento appare ancora modesta la quantità edificata al di fuori della cinta muraria, nonostante la città stia vivendo una fase di crescita demografica: alla situazione statica, caratteristica della fase pre-unitaria, ha fatto seguito una tendenza all’incremento che ha fatto segnare un +14 % nel periodo 1866-1901 e un ancora più consistente + 28% nel ventennio successivo[13]. Nei primi 55 anni di storia unitaria, la popolazione di Bassano è passata da 15.300 a 21.100 unità, in sensibile controtendenza rispetto ad altri centri veneti non-capoluoghi di provincia dove, soprattutto nel periodo 1871-1911, la crescita appare più contenuta[14]. In particolare dopo il 1900, il discreto sviluppo demografico non dà ancora luogo ad una vera e propria espansione edilizia, ma tende in parte ad addensarsi nella porzione centrale. Pur aumentando in cifra assoluta, il suo peso relativo inizia infatti a decrescere sensibilmente nel periodo preso in esame: i 7770 abitanti nel 1871 (pari al 58,6%) diventano 10.110 nel 1921 (ossia il 48%) e 11.800 nel 1936 (ovvero il 46% del totale)[15], per poi scendere fino all’attuale 11 %. Nel computo non entra però il quartiere al di là del Brenta la cui popolazione resta sostanzialmente stabile tra il 1871 e il 2001, mantendosi attorno alle 3.600 unità. La Grande Guerra avrà non poche ripercussioni anche sull’assetto urbano; caserme e autoparchi sono costruiti in considerazione del ruolo di retrovia e di caposaldo logistico che la città svolge nel sistema militare, specialmente dopo la ritirata del 1917. All’indomani della vittoria, non pochi monumenti commemorativi saranno disseminati in ogni parte della città, incluse le fasce di espansione: il fenomeno proseguirà nel secondo dopoguerra fino ad anni recenti (fig.4).

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4. L’Asilo Monumento dei Caduti in via XI Febbraio, fotografia. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. Anziché  con il tradizionale monumento, la città ha voluto ricordare i caduti del primo conflitto mondiale con una realizzazione per l'infanzia.

Prima e dopo l’evento bellico si snoda la vicenda che porterà nel 1934 alla realizzazione del Tempio Ossario: una lunga discussione e un altrettanto lungo cantiere segneranno la sua trasformazione da "nuovo Duomo" a "Sacrario" dedicato ai caduti della prima guerra mondiale[16](tav.7). Nel 1908, con l’assegnazione di un incarico per il “nuovo Duomo”, si conclude la prima parte della vicenda, relativa alla sua localizzazione[17]: rispetto a coloro che auspicavano l’allargamento di complessi esistenti, era prevalsa la tesi di monsignor Giovambattista Gobbi sostenitore della realizzazione ex-novo di un grande edificio capace di ospitare seimila persone[18]. Anche per la sua dimensione ragguardevole, il complesso è comunque da collocarsi al di fuori del perimetro storico della città: la scelta cade su di un’area a sud, posta in fregio a quella nuova direttrice stradale che sarà destinata a by-passare il centro urbano. Con andamento irregolare, dovuto alla difficoltà di reperire i finanziamenti, i lavori si trascinano fino al 1929: dell’anno successivo è la svolta che consente di ultimare l’opera[19], grazie alla sua trasformazione in monumento commemorativo e grazie alla possibilità di intercettare parte dei fondi destinati al sacrario monumentale del Grappa. Accanto al nuovo Tempio prendeva intanto forma, già nel 1905, il primo insediamento di case operaie: si tratta del quartiere Bonaguro[20] che rappresenta un episodio relativamente precoce nel contesto nazionale, non in quello veneto dove altre iniziative consimili vengono varate nel corso del primo decennio del Novecento[21]. Si tratta, nel caso bassanese, di un lotto stretto e lungo che va ad affacciarsi sulla pubblica strada soltanto lungo il lato corto. Questa insolita coabitazione tra il mancato Duomo e le abitazioni popolari rappresenta il segno di una strategia urbana che, per la prima volta, guarda oltre le (ex) mura anche per collocarvi non soltanto complessi utilitari, ma anche edifici dotati di un alto tasso di rappresentatività. Già prima del 1915 un serie di provvedimenti, apparentemente non collegabili tra di loro, disegnano una nuova direttrice stradale destinata a by-passare il centro città nei quadranti orientale e meridionale. Nel 1908 è tracciato il nuovo viale Venezia, moderna alternativa all’angusta via Asolana, nonché asse portante di una lottizzazione di villini à la page, realizzata dal barone Castelli Van Axel[22](fig.5).

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5. Viale Venezia, da viale delle Fosse (primi decenni del XX secolo). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. Nel 1908 è tracciato il nuovo viale Venezia, moderna alternativa all’angusta via Asolana.

Due anni più tardi, sul lato opposto di una nascente città extra-moenia, viene deliberata la realizzazione di un secondo ponte, alternativo al tradizionale manufatto ligneo: a questo scopo è bandito un concorso per la costruzione dell’opera[23]. Il ponte rappresenta il segmento strategico di una nuova circonvallazione destinata ad aggirare sia il centro murato nel mezzo, sia il borgo di Angarano ad ovest. L’asse viario permetterà in futuro un transito rapido soprattutto in senso est-ovest, tra l’innesto con la nuova strada per Montebelluna-Treviso e la carrozzabile per Vicenza. Disposto su due grandi campate ad arco, il nuovo ponte sarà costruito con sistemi d’avanguardia (fig.6),

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6. Collaudo del Ponte della Vittoria (30 aprile 1917). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. Appena collaudato, la disfatta di Caporetto suggerisce la sua demolizione, nel timore che possa favorire il nemico,  ipotesi per fortuna scongiurata.

in particolare con la nuova tecnica del béton armé: l’opera sarà ultimata dopo la guerra e, come molte altre inaugurate in quell’epoca, sarà dedicata alla Vittoria. Non c’è solo il ponte ad essere progettato e realizzato con il nuovo “sistema Hennebique”: sulla porzione di mura abbattute, nell’area che è stata poi destinata a mercato dei bovini, prende forma l’edificio delle scuole elementari, prima dedicato a Giuseppe Mazzini, poi al Principe di Piemonte. Il complesso è costruito tra il 1904 e il 1908 su disegno dell’ingegner comunale Giuseppe Indri e di Daniele Donghi, autorevole esponente di un nuovo corso tecnologico e concessionario del brevetto per costruzioni in calcestruzzo armato[24]: vi vene impiegata in realtà una tecnica mista con le pareti portanti costruiti in mattoni, mentre le travi e pilastri sono realizzati in béton armé. Indipendentemente dalla sua localizzazione semi-centrale, l’edificio scolastico riflette la volontà di materializzare l’idea di una nuova Bassano, proiettata oltre la sua immagine tradizionale di centro del pedemonte veneto. Insieme con i villini collocati in fregio al viale Venezia, la scuola di Donghi afferma un bisogno di novitas che appare efficacemente veicolato dall’architettura, specie se espressa nelle sue forme più aggiornate. Su fronti opposti si colloca invece il linguaggio tardo-gotico del grande tempio suburbano che, come abbiamo visto, avrebbe dovuto in realtà svolgere la funzione di chiesa prepositurale. Immaginandolo secondo «uno stile che ricopi la cattedrale di Como»[25], Gobbi sogna un grande tempio; nonostante la sua localizzazione eccentrica dovrà poi affermare, attraverso l’architettura, la sua appartenenza alla storia e alla tradizione. I termini sono quindi rovesciati in forma quasi simmetrica rispetto al coevo progetto per la scuola di Donghi che, come abbiamo visto, dovrà avere un carattere innovativo a dispetto del sito semi-centrale. Nello stesso periodo viene redatto un “Regolamento di edilizia e di ornato per il Comune di Bassano”[26]: tra le norme approvate nel 1910, alcune riguardano per la prima volta le edificazioni nella fascia extra-muraria (villini, opifici, case a buon mercato). Nel 1907, in seguito alla costruzione del quartiere Bonaguro, era stato redatto un “Regolamento per le case operaie di Bassano”. Nello stesso periodo vengono intensificandosi anche i collegamenti ferroviari: nel 1908 è inaugurata la linea per Venezia via Castelfranco, nel 1911 quella per la Valsugana in particolare nel primo tratto tra Bassano e Primolano. Sia l’uno che l’altro tronco avrebbero dovuto rappresentare i segmenti di un ambizioso progetto destinato a collegare Monaco all’Adriatico, attraverso Trento e la valle del Brenta. Anche quando sarà completata ed unificata con l’annessione del Trentino all’Italia, la ferrovia della Valsugana non riuscirà mai a diventare una grande ligne, in grado di offrire una reale alternativa all’asse ferroviario Verona-Brennero: servirà soprattutto a servire il traffico locale e ad alimentare una gran mole di progetti oltre che di ambizioni frustrate. Nel frattempo, con la realizzazione del nuovo ponte sul Brenta, si realizza un sistema completo di circonvallazione: su di esso si attesta il sistema tramviario che collega la città a Vicenza e agli altri centri della provincia berica. Inizialmente previsto, a sud del borgo di Angarano, il nuovo terminale viene spostato al di qua del fiume, tra il nuovo ponte e l’erigendo Tempio Ossario, a riprova del ruolo strategico svolto dai due grandi manufatti del primo Novecento. In generale, il nuovo by-pass viario rende possibile l’ipotesi di una Bassano proiettata oltre i suoi limiti storici; da un lato l’apertura del viale Venezia e la realizzazione del quartiere di villini ad esso associato motiva la richiesta di un ampliamento del territorio comunale a discapito di Cassola, dall’altro il nuovo sistema viabilistico pone la necessità di riconsiderare l’espansione della città in modo razionale e coordinato particolarmente lungo gli assi recentemente realizzati. Altrimenti detto, emerge per la prima volta in quegli anni l’esigenza di definire un piano di espansione che riguardi in modo speciale la fascia meridionale e orientale: si tratta, per chi proceda in senso anti-orario, della porzione compresa tra il viale Venezia e il fiume Brenta. Con queste finalità, nel 1924 l’Amministrazione Comunale dichiara di volere procedere all’adozione di un «[…] piano di ampliamento al fine di disciplinare e regolare con concetto estetico le nuove costruzioni, specialmente lungo le arterie principali e la via di circonvallazione»[27]. Viene allora incaricato l’Ufficio tecnico comunale ma bisognerà attendere fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, perché si possa passare dalle parole ai fatti. Nel periodo tra le due guerre si progettano e si realizzano sia nuovi quartieri, sia nuove attrezzature di servizio destinate ad un’utenza non solo locale. In questa fase storica, alcune funzioni legate specialmente alle attività produttive e commerciali si spostano dal centro verso la nuova fascia di espansione. Nel decennio successivo alla Prima Guerra Mondiale viene realizzato il più grande stabilimento della storia di Bassano industriale: la Smalteria e Metallurgica Veneta la quale va ad insediarsi nel settore orientale, quello dove più si delinea la tendenza alla crescita. Insieme con altri soci italiani e con un capitale di 3.000.000 di lire, gli imprenditori di origine austro-ungherese August e Adolf Westen fondano nel 1924 il nuovo stabilimento. Sorgerà nella zona est, alle spalle della linea ferroviaria sui terreni che durante la prima guerra erano divenuti il parco smistamento del Genio militare: più precisamente, l’area si trova nella porzione compresa tra questa e il confine comunale. Non è il caso qui di soffermarsi su un episodio già ampiamente e più autorevolmente trattato da altri[28]. Ma è indubbia la sua importanza nel contesto di un’espansione che già si delinea, anche se soltanto in modo puntuale e selettivo; per questo vale la pena di menzionare alcune cifre. Sull’onda del successo, tra il 1925 e il 1940, la superficie dello stabilimento aumenta da 16.000 a 34.000 metri quadrati mentre, nello stesso periodo, il numero degli operai passa da 580 a 1.340. Dopo che è raggiunto il picco massimo nel 1965 (con 54.000 metri quadrati e 2.000 addetti), arriverà il declino che porterà nel 1975 alla liquidazione dell’azienda e al licenziamento dei 1.350 superstiti. Quella che ancora nelle mappe degli anni Quaranta appariva come un’isola è divenuta, nel frattempo, uno dei capisaldi della crescita urbana. Ancora nel corso degli anni Venti e Trenta, l’insediamento della grande fabbrica non muta radicalmente quella situazione di equilibrio tra centro e periferia di cui abbiamo detto. Il rapporto si mantiene pressoché stabile fino alla Seconda Guerra Mondiale: ancora nel 1936, gli 11.800 residenti nel centro rappresentano il 46,5 %[29]. Dal confronto tra le mappe del Catasto Austro-Napoleonico (1806-1844) e quelle del NCEU (”Nuovo Catasto Edilizio Urbano”, 1933) (fig.7),

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7. Bassano del Grappa nel NCEU, ”Nuovo Catasto Edilizio Urbano”, 1933. Dal confronto tra le mappe del Catasto Austro-Napoleonico (1806-1844) e quella del NCEU del 1933 emergono contenute differenze. In una trama ancora molto discontinua, spiccano alcuni complessi isolati, intorno ai quali si consoliderà, alcuni decenni dopo, la crescita extra-muros.

emergono contenute differenze. In una trama ancora molto discontinua, spiccano alcuni complessi isolati: accanto allo stesso impianto delle Smalterie, troviamo il Tempio Ossario e l’adiacente quartiere Bonaguro, la stazione ferroviaria e quella per le tramvie, lo stadio-velodromo che è edificato nel 1933 ai limiti orientali del territorio comunale. Vi è poi quel che resta delle caserme e dei depositi realizzati durante lo sforzo bellico. Attorno a questi primi capisaldi si consoliderà, alcuni decenni dopo, la crescita extra-muros

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