Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Lungo il lato orientale delle mura, si concretizza il primo progetto esterno al limite urbano tradizionale: si tratta del Passeggio alle Fosse, realizzato tra il 1790 e il 1793, ovvero alla fine della Serenissima dopo che, nel 1766, era stato colmato il dislivello tra le mura e la quota di campagna[4]. Il nuovo stradone alberato viene a costituire il primo episodio di un processo che, nella seconda metà del XX secolo, ribalterà a favore del secondo il rapporto quantitativo tra interno ed esterno, tra nucleo murato ed espansione esterna. La strada regia ha costituito la principale direttrice di espansione edilizia in epoca medievale e moderna: secondo un costume allora diffuso, gli studiosi del primo Novecento avrebbero rappresentato la crescita di Bassano sotto forma di un vettore corrispondente a questo asse che conduce a Padova e a Venezia attraverso Castelfranco. Questa carrozzabile penetra profondamente lungo la stessa linea, nel tessuto della città storica fino a raggiungere la piazza Maggiore (oggi della Libertà): al di qua della cinta, questa fondamentale via d’accesso corrisponde alla via Nova mentre al di là coincide con il borgo Leon che, già negli “estimi” del 1519[5], appare come il più consistente insediamento extra-muros. Questo è quanto ci restituiscono anche le mappe del Catasto Austro-Napoleonico nella prima metà dell’Ottocento: lungo il borgo Leon andranno ad attestarsi i primi cenni di crescita (fig.2).

2NapoleolnicaBassanoMuseoBibliotecaArchivioMappe

2. Mappa Napoleonica. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Mappe, 29. La mappa napoleonica ci restituisce un’immagine della città segnata dalla strada regia, che penetra nel tessuto della città storica fino a raggiungere piazza Maggiore: al di qua della cinta muraria la strada corrisponde alla via Nova mentre al di là coincide con il borgo Leon.

Nel 1805, in fregio a questa nuova arteria, prende forma il giardino botanico del naturalista Parolini, quasi a sottolineare il carattere extra-urbano della fascia situata immediatamente al di là della cinta murata. Anche le prime infrastrutture vanno necessariamente a collocarsi nella parte esterna al centro: tra queste, il nuovo cimitero ultimato nel 1822 e il macello, collocato lungo la riva destra del Brenta dopo il 1830. I due episodi non mutano un quadro poco dinamico che tale si manterrà a lungo; anche a fronte di ciò che altrove segna l’inizio di una fenomeno di crescita ovvero l’insediamento della stazione ferroviaria che sarà inaugurata molto più tardi, nel 1879. Lo stesso si può affermare rispetto a quanto verrà ad aggiungersi nella prima metà del Novecento: le caserme, i depositi militari e gli stabilimenti industriali tra i quali spicca una grande unità produttiva, come le Smalterie, stabilitasi nel 1925 nella porzione orientale di una costituenda periferia. Come abbiamo detto all’inizio, dopo la realizzazione del viale delle Fosse passeranno oltre centocinquanta anni prima che si delinei un vero e proprio fenomeno di superamento dei tradizionali limiti urbani. Ciò nonostante il periodo 1850-1900 appare costellato di episodi che segnano l’ormai definitivo abbandono della cinta muraria quale confine materiale della città. Risale al 1854 l’abbattimento del rivellino e del tratto di mura lungo la via da Ponte. Dopo l’annessione al Regno d’Italia, il processo di crescita registra una certa accelerazione. Al decennio 1877-87 risalgono alcune sostanziali demolizioni della cinta finalizzate alla creazione di passaggi e di spazi ad hoc come quello che poi sarà destinato al foro Boario (oggi piazza Trento). In questa fase viene attivato il primo collegamento ferroviario a cui si associa non soltanto l’inaugurazione del nuovo fabbricato viaggiatori, ma anche l’apertura di un viale alberato perpendicolare al Passeggio alle Fosse. Soltanto sul lungo periodo, si potrà valutare in quale misura il raccordo con il sistema delle strade ferrate abbia fornito un reale incentivo allo sviluppo suburbano. Per il momento, disponendosi lungo la direttrice nord-sud, il rilevato ferroviario rappresenta una barriera al futuro sviluppo verso est, ovvero in direzione di quella che si rivelerà uno dei principali vettori di crescita. Tutto sembra rispondere più al caso che ad una concertata strategia di espansione. Si continua attraverso provvedimenti di parziale demolizione, abbassamenti della cinta, creazione di nuovi varchi e nuovi passaggi: in tutti questi casi, l’agenda degli interventi è determinata da fattori contingenti, secondo una logica del giorno per giorno che non ammette considerazioni di lungo periodo. Sia gli amministratori locali, sia l’opinione pubblica sembrano mostrare poco interesse per definire una possibile, nuova Bassano. Nessuno sembra mettere in discussione il fatto che l’immagine della città si identifichi in toto con il nucleo murato. Il primo episodio a sollevare polemiche e conflitti riguarderà la realizzazione di un passeggio panoramico lungo il lato verso il monte, con la conseguente demolizione del tratto settentrionale delle mura trecentesche[6]: in questo caso si tratta di un progetto organico che per la prima volta non è dettato dalla necessità. Nel 1884 il Consiglio comunale delibera la creazione di un terrapieno collocato alla medesima quota del nucleo infra-moenia da realizzarsi sul sedime delle mura totalmente abbattute. Fin dall’inizio, la decisione è però assai controversa e sarà all’origine di una serie di polemiche di ambito non soltanto locale; a dispetto di tutto questo, nell’autunno del 1886, viene ultimato il nuovo viale XX Settembre, oggi intitolato ai Martiri partigiani. Con un battagliero articolo indirizzato agli amministratori bassanesi[7], interviene nel 1885 il veneziano Giacomo Boni. Allora provvisoriamente impiegato presso il museo di Bassano, egli diverrà nel giro di pochi anni un personaggio di statura nazionale: dopo essere entrato nei ranghi del servizio nazionale di tutela, assumerà l’incarico di responsabile per Roma e per l’area dei Fori. «Scellerità abominevoli»[8] è il non garbato giudizio che egli affibbia al progetto di demolizione, chiamando in causa testimoni illustri come Ruskin, Virgilio, Properzio. La discussione è di grande interesse, non solo perché anticipa alcuni temi che caratterizzeranno dopo il 1885 l’opposizione ai piani di demolizioni e di risanamento, ma anche perché non si tratta di una banale contrapposizione tra innovatori e tradizionalisti, tra igienisti e passatisti. In questo caso, le ragioni del progresso si saldano con obiettivi di solito sostenuti dalla parte avversa: la valorizzazione del panorama e la fruizione del paesaggio, temi entrambi cari ai cultori dell’arte e della storia. Come e forse anche più delle mura stesse, il nuovo stradone sottolinea in modo spettacolare il limite della città storica mettendola in un rapporto di continuità visiva con il paesaggio collinare e montuoso. Rimarginate le ferite di uno scontro che fu anche aspro, l’attuale via dei Martiri è entrata stabilmente a fare parte dell’iconografia bassanese. Negli stessi anni alla città di Bassano è dedicata una delle monografie della collana “Italia artistica”, pubblicata con grande dovizia di immagini fotografiche, dall’Istituto italiano di arti grafiche[9]: a curarla è Giuseppe Gerola il quale, prima di iniziare una carriera nelle Antichità e Belle Arti, ha diretto il locale museo-biblioteca. Nel volume, le viste e i panorami ritratti dai fratelli Alinari entrano come protagonisti: vi compaiono sia l’affaccio sul Brenta che la quinta edilizia di via XX Settembre. Più ancora degli stessi monumenti, il dato ambientale ha giocato a favore di Bassano quale soggetto per la prestigiosa collana. Resta però nelle parole di Gerola il rimpianto per la cinta perduta (fig.3):

3VialedeiMartiriprimiNovecento

3. Viale dei Martiri ai primi del Novecento. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. Nella monografia della collana “Italia artistica”, pubblicata nel 1910, dall’Istituto Italiano di Arti Grafiche, le vedute e i panorami  della città entrano da protagonisti.

«Le belle mura ? Oh le belle mura di Bassano oggi non sono più che un ricordo triste ed inane, al cui rimpianto le sgangherate contrade della città sognano invano l’antica ghirlanda di gloria!»[10]. Secondo una percezione persistentemente legata all’immagine di città turrita e murata, Bassano entra come soggetto anche in altre tra le più diffuse collane, dedicate ai centri d’arte italiani[11]. In tutte appare la cinta muraria la quale, pur avendo cessato la sua funzione di limite urbano, manterrà ancora a lungo il ruolo di contenitore di un’identità storico-artistica. 

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