Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Il primo in ordine di tempo è Castellano, un intellettuale del XIV secolo che fu in contatto diretto con gli ambienti del preumanesimo padovano[2]. Nacque a Bassano da Simone di Ferigeto, un beccaio facoltoso che godeva di prestigio in città. La sua data di nascita è fissata verso il 1270, in base al primo atto che lo riguarda, del 1297, in cui già figura come magister della scuola di Bassano. Da una serie di documenti bassanesi dal 1304 al 1319, nei quali il suo nome è accompagnato dal duplice titolo di maestro e notaio, si evince che ricoprì incarichi importanti per il Comune. L’episodio più clamoroso, che lo vide coinvolto, è legato alle faide politiche del tempo. Nel 1322 infatti, per aver partecipato a una spedizione punitiva contro un bassanese fautore degli Scaligeri, fu esiliato dal podestà di Treviso per un breve periodo. Dopo tale evento non conosciamo altro di lui fino al 1331, anno in cui, per sua diretta testimonianza, era a Venezia intento a comporre un poema storico commissionatogli dai veneziani. L’ultima notizia è un atto del 13 luglio 1333, nel quale si fa cenno a una speciale grazia elargitagli dal Maggior Consiglio per la sua fatica poetica. L’opera più importante di Castellano è legata alla sua attività di maestro e al suo impegno etico e politico a favore di Padova: consiste in un ponderoso commento alla tragedia Ecerinis di Albertino Mussato, tramandato in un unico manoscritto insieme con il commento alla stessa opera di un altro maestro di grammatica, Guizzardo da Bologna[3]. Quando la tragedia del Mussato, incentrata su Ezzelino, visto come efferato tiranno nemico delle libertà comunali, fu pubblicamente letta a Padova il giorno di Natale per tre anni di seguito, dal 1315 al 1317, contemporaneamente i due maestri elaborarono i loro commenti che furono fusi insieme con modalità a tutt’oggi incerte, anche se la critica più recente ha di molto ridimensionato il ruolo di Guizzardo a tutto vantaggio di Castellano, che può essere considerato il vero autore del testo rimasto. L’altra sua opera è un poema in esametri, in due libri, Venetiane pacis inter ecclesiam et imperium libri duo, dedicato al doge Francesco Dandolo[4]. In esso si celebra la pace stipulata a Venezia nel 1177 fra papa Alessandro III e Federico Barbarossa. L’impresa letteraria, commissionatagli dai ceti dirigenti veneziani, si proponeva fini politici e propagandistici. Nel 1320 Venezia per vantare benemerenze nei confronti del papato aveva riesumato quell’antico episodio, affidando l’incarico di redigerne una cronaca al mantovano Bonincontro dei Bovi, che attraverso invenzioni romanzesche aveva esaltato contro ogni verità storica la parte avuta dai veneziani. L’Hystoria del Bovi, però, non aveva del tutto soddisfatto il gusto dell’epoca, che prediligeva le narrazioni in versi, e così i veneziani , dieci anni dopo, ricorsero a Castellano, un maestro di ars dictaminis che godeva allora di grande prestigio culturale, e non sbagliarono, perché il poema soppiantò la fonte di cui aveva mantenuto l’ordine dei fatti con poche varianti ornamentali[5]. Oltre al commento all’Ecerinis e al poema storico, che sono le sue opere principali, Castellano compose certamente altre opere che andarono perdute o di cui si persero le tracce. Recentemente gli è stato attribuito un commento in latino all’Ars amandi di Ovidio, di cui ci resta un volgarizzamento veneto nel codice Escorial P. 11. 10[6]. Dal commento si ricavano notizie che gettano nuova luce sulla vita di Castellano, come, ad esempio, quella relativa ad un suo viaggio a Roma nel 1300 in occasione del giubileo di papa Bonifacio VIII. È stato inoltre scoperto un carme autografo di Castellano apposto sul verso dell’ultima carta di un codice che contiene Le Roman d’Alexandre, un poema medievale in francese sulle gesta di Alessandro Magno. Il carme ha l’aspetto di un dialogo tra l’autore e il libro ed è simmetricamente suddiviso in quattro parti, ciascuna di 9 distici elegiaci: inizia con l’Allocutio Castellani ad hunc librum, e prosegue con la risposta del libro, la replica di Castellano, e l’ulteriore risposta del libro[7]. Nel carme, composto tra il dotto e il faceto verso il 1310, Castellano, che si è visto sottrarre la propria vigna per un errore giudiziario, apostrofa il libro, perché si faccia latore di un messaggio al suo padrone, il giudice umanista Rolando da Piazzola, sollecitandolo a rivedere l’ingiusta sentenza. Infine, concludo con una testimonianza che è sotto gli occhi di tutti coloro che passeggiano per il centro di Bassano. Mi piace infatti credere che sia di Castellano il testo dell’iscrizione in bei caratteri gotici posta sopra la porta principale della chiesa di San Francesco. Sono due distici elegiaci di stampo ovidiano, che, in modi retoricamente coloriti, ricordano che la costruzione del protiro avvenne a spese di un ricco cittadino bassanese e fu ultimata nell’autunno del 1306:  

Ista Boninsigne capitelli insignia census
dum strueret tumuli tegmina clara sui
ornatumque foris Francisci, mille trecentos
Scorpius annales sex tibi, Christe, dabat.

(«Quando la ricchezza di Boninsegna costruì codeste decorazioni del capitello a chiara copertura della sua tomba ed a ornamento della porta di Francesco, lo Scorpione ti rendeva, o Cristo, 1306 anni»)[8](fig.2).

2Iscrizione1306

2. Iscrizione, 1306. Bassano del Grappa, chiesa di San Francesco, architrave del portale d’accesso. L’iscrizione ricorda la costruzione del protiro della chiesa ad opera di Boninsegna nell’autunno del 1306. Si ipotizza, per la qualità dell’epigramma che ne sia autore il maestro Castellano.

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