Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nel 1840, per cura dell’abate Jacopo Ferrazzi, fu fondato il Gabinetto di Lettura, chiuso in seguito per ordine governativo nel 1852. si tentò, molti anni dopo, nel 1880, di farlo rivivere sotto la presidenza di Tiberio Roberti, ma ebbe vita breve e stentata[53]. Nel 1847 era sorto anche l’Ateneo, sempre per iniziativa di Ferrazzi, oltre che di Giambattista Roberti. Questa istituzione fu per tutta la terza dominazione austriaca, vale al dire fino al 1866, un centro rigoglioso di attività intellettuale e culturale. Gli scopi dell’Ateneo erano quelli di promuovere ogni aspetto del sapere, fosse esso umanistico o scientifico. La sua vita accademica si svolgeva perciò fra letture, conferenze, incontri e periodiche riunioni. Negli anni di maggior gloria - grosso modo il decennio che va dal 1850 al 1860 - vide la partecipazione di illustri uomini del tempo, da Aleardi a Fusinato, da Lioy ad Antonini, da Valussi a Paravia. Seguì però, subito dopo, il periodo di irreversibile decadenza. Nel 1890 figuravano altri personaggi impegnati nella sporadica attività dell’istituto: al vecchio professore Jacopo Dal Fabbro, si erano affiancati come consiglieri l’avvocato Domenico Pavan, l’avvocato Ildebrando Chiminelli e il professore Ottone Brentari, che svolgeva le funzioni di segretario. In tutti quegli anni non si svolsero nell’Ateneo avvenimenti culturalmente importanti. Si può ricordare che nell’ottobre del 1872, su iniziativa dell’istituto, fu celebrato a Bassano il primo centenario della nascita di Giambattista Brocchi. In quell’occasione vennero chiamati a svolgere delle relazioni lo scienziato Antonio Stoppani, il naturalista Paolo Lioy e il letterato Francesco Calandri. Tre anni più tardi, nel settembre 1875, l’Ateneo ospitò un importante dibattito tra Tullio Martello, Luigi Luzzatti e Fedele Lampertico. Mantenendo ancora fermo l’orizzonte istituzionale, per i trent’anni che corrono dal 1871 alla fine del secolo, bisogna ricordare la decisiva mancanza di un giornale locale. Dopo la chiusura de «Il Brenta», avvenuta, per l’appunto, nel 1871, si tentò più volte di dar vita ad altri periodici, ma i tentativi non ebbero successo. Nel 1872 visse, per soli quattro mesi, il settimanale «Il circondario del Brenta». Dal 1873 al 1876 uscì mensilmente un giornaletto a carattere religioso dal titolo «Il vero amico». Ancora nel 1876 si ritentò con «Il Corriere dell’Alto Veneto», periodico bisettimanale che durò solamente 15 giorni. Tre anni più tardi, nel 1879, fu la volta de «Il canale del Brenta», vissuto fino al 1881. Infine nel 1887, venne stampato un altro settimanale, «I Sette Comuni», durato dal gennaio a novembre dello stesso anno. Fino alla fine del secolo, ma anche oltre, non esistettero altri periodici. Tutti questi giornali e giornaletti, comunque, non furono assolutamente all’altezza de «Il Brenta», limitati com’erano a dibattere solo piccole e insignificanti questioni locali. La causa principale della mancanza di un autorevole e continuativo periodico va vista soprattutto nella scarsa rispondenza della popolazione locale, specialmente della classe borghese di estrazione liberale, non interessata al mantenimento di un giornale capace di dar voce alla parte più viva della società bassanese. Quando ciò avverrà, nel 1906, saranno i cattolici, come vedremo, a farsene interpreti. Come scriveva nell’agosto 1875 il corrispondente bassanese del «Bacchiglione», a Bassano c’era «poco spirito di concordia, scarsissimo interesse per le pubbliche istituzioni e le cose cittadine, molta inerzia ed avarizia ed una sufficiente dose di clericalismo». Sembra comunque che i bassanesi fossero interessati alla lettura. Nel 1890 la Biblioteca del Museo poteva registrare la presenza di 2288 lettori, che avevano richiesto per consultazione 6892 opere, mentre l’anno seguente i lettori saliranno a 2671 e le opere date in lettura a 7243. Le uniche due iniziative pubblicistiche di rilievo di questo periodo sono di carattere letterario e scientifico. La prima fu l’«Aristide Gabelli», un quindicinale uscito dal 1892 al 1893, diretto da Ottone Brentari, che trattava argomenti pedagogici e didattici. Il secondo fu l’«Idrologia medica», gazzetta pubblicata dal 1879 al 1881, redatta dal dottor Luigi Chiminelli, grande studioso di idrologia medica. Ideatore e il fondatore del Giardino Parolini fu Alberto Parolini, nato a Bassano nel 1788 e morto nella stessa città nel 1867[54]. Due date emblematiche: Parolini nasce un anno prima della rivoluzione francese e muore un anno dopo l’annessione del Veneto all’Italia. Un arco temporale che il naturalista di Bassano vive nel più appassionato coinvolgimento scientifico e nel più assoluto distacco storico-politico. Tipica situazione paradossale di chi, appunto come lui, impersonificò contemporaneamente e contraddittoriamente, quasi rovesciandone i significati, le due anime contrapposte dell’illuminismo e del romanticismo. Parolini, naturalista di statura europea, costituisce il classico prototipo dell’ultimo illuminista versione ancien règime, cioè dello studioso aperto agli sviluppi della scienza, ma, allo stesso tempo, del tutto alieno all’avanzamento di quelli della storia[55]. Nel 1819 visitò tutta la Grecia, giungendo quasi a Costantinopoli attraverso l’Asia minore occidentale. Da questa escursione naturalistico-archeologica, conclusasi con un ritorno per Malta e la Sicilia, Parolini portò con sé una quantità enorme di piante, rocce, fossili: un intero mondo naturale[56]. Il mondo letterario è rappresentato da Jacopo Ferrazzi, nato a Cartigliano nel 1813. Allievo di Zaccaria Bricito, frequentò dapprima il Seminario di Vicenza e poi quello di Padova. Ordinato sacerdote nel 1835, due anni più tardi incominciò ad insegnare umanità e retorica nel ginnasio comunale. Con Giambattista Baseggio e Giambattista Roberti diede vita, come abbiamo visto, all’Ateneo cittadino e al Gabinetto di Lettura. Nel 1847, coadiuvato da altri autori, pubblicò un’opera ancora oggi significativa: Di Bassano e dei Bassanesi illustri, che costituisce in un certo senso il momento di raccordo tra la tradizione culturale bassanese sei-settecentesca e quella ottocentesca[57]. Il campo delle scienze esatte ha in Giusto Bellavitis il suo massimo esponente[58]. La cultura musicale ebbe in Oscar Chilesotti (fig.14)

14RitrattoOscarChilesotti

14. Ritratto di Oscar Chilesotti. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. Oscar Chilesotti (Bassano 1848 – 1916) ricopre un posto di primo piano nella musicologia italiana perché fu tra i primi in Italia - e anche in Europa - a fornire un contributo decisivo alla spiegazione delle forme musicali, specialmente del ‘500 e del ‘600.

la sua figura più grande ed emblematica. Chilesotti nacque a Bassano nel 1848 da Luigi e Angelica Cantele e morì nella stessa città 68 anni dopo, nel 1916. Per tutta la vita si dedicò allo studio della storia della musica, trascurando ogni altra occupazione. Non esercitò alcuna professione grazie alle condizioni agiate della sua famiglia: la laurea in legge che prese a Padova nel 1871 fu solo un momento di distrazione rispetto all’irresistibile e naturale vocazione umanistica che lo aveva pervaso fin dalla giovinezza. Il personaggio ricopre senz’altro un posto di primo piano nella musicologia italiana perché fu tra i primi in Italia - e per certi versi anche in Europa - a fornire un contributo decisivo alla spiegazione delle forme musicali, specialmente del ‘500 e del ‘600, in un’età in cui la musicologia si fondava ancora su un incerto impianto tecnico e scientifico. Egli aprì la via alla comprensione artistica attraverso la risoluzione di difficili quesiti fisico-acustici e la decifrazione di partiture e scritture musicali, fino allora indecifrabili. Frutto dei suoi studi e delle sue attività, che disseminò in molti libri – oltre che in articoli, monografie, trascrizioni sparse nelle maggiori riviste musicali italiane e straniere -, sono le fini bibliografie di musicisti italiani, da Palestrina a Bellini, e un’interpretazione filosofica dell’evoluzione della musica[59]. Il trentino Ottone Brentari, sebbene non fosse bassanese, va considerato nell’ambito della tradizione culturale della città, dal momento che, per tutto l’Ottocento, fu il suo storico maggiore. Nel 1873, dopo aver conseguito la maturità classica, Brentari si iscrisse alla Facoltà di Materie Letterarie dell’Università di Innsbruck, frequentando per qualche tempo anche l’università di Vienna, dove perfezionò lo studio della lingua tedesca. Abilitato all’insegnamento nelle scuole medie, si trasferì a Catania rimanendovi ad insegnare fino al 1879. Nel frattempo si era iscritto alla facoltà di Lettere dell’università di Padova, conseguendovi la relativa laurea nel 1877. due anni più tardi ottenne il trasferimento al ginnasio di Bassano e tre anni dopo, nel 1882, fu nominato direttore dello stesso istituto, carica che mantenne fino al 1890. Trasferitosi a Milano nel 1893, lavorò al «Corriere della Sera» come capo redattore e come capo cronaca. nel 1908 lasciò il «Corriere» e fondò una propria rivista a carattere turistico e a sfondo patriottico, «L’Italia bella». Di accesi sentimenti irredentistici, durante la Prima Guerra Mondiale condusse una vivace campagna interventistica, dando vita a numerose iniziative a favore dei combattenti italiani. Dopo la guerra si trasferì a Trento dirigendovi un quotidiano liberale, «La Libertà», ma per dissensi con gli editori, si dimise quasi subito. Morì a Rossano Veneto nel 1921. Fin dalla sua venuta a Bassano, Brentari era stato preso da una vera passione per le ricerche storiche, che lo condusse a pubblicare una biografia di Giusto Bellavitis (1881), una guida al museo di Bassano (1881) e una ricerca sui Remondini e la corte di Spagna (1882), oltre ad altri scritti minori. Nel 1887 aveva iniziato a collaborare al «Bollettino del Club Alpino Italiano», scrivendovi numerosi articoli sull’importanza delle attività sportive e culturali. Seguirono notevoli monografie, soprattutto di carattere storico-turistico e storico-alpinistico: Guida alpina di Recoaro con carte della regione (1883), Guida storico-alpina di Bassano, Sette Comuni, Canale di Brenta, Marostica, Possagno (1885), Guida storico alpina del Cadore (1886), Guida storico alpina di Belluno, Feltre, Primiero, Agordo, Zoldo (1887), Guida storico alpina di Vicenza, Recoaro, Schio (1887), Guida del Trentino (1891), tanto che si può identificare in lui il più prolifico autore italiano di Guide alpinistiche e storico escursioniste[60]. Il campo della riflessione filosofico-politica è rappresentato da Tiberio Roberti, (fig.15)

15RitrattoTiberioRoberti

15. Ritratto di Tiberio Roberti. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. Iconografia bassanese. Liberale e cattolico, fu personaggio centrale della vita politica e culturale bassanese della seconda metà dell’Ottocento. Dopo il 1866 guidò in prima persona il faticoso avvio alla vita politica ed all'impegno civile.

nato a Bassano nel 1821 e morto nella stessa città nel 1910. Figlio di Giambattista e Gaetana Baseggio, Roberti discendeva da una nobile e antica famiglia cittadina che poteva vantare una lunga e ricca tradizione culturale[61]. Il padre, cultore delle memorie patrie, era stato tra i maggiori artefici della raccolta e catalogazione di documenti che costituiscono i principali fondi archivistici e bibliografici bassanesi del Museo-Biblioteca-Archivio, oltre ad essere stato tra i fondatori dell’Ateneo. Tiberio Roberti fu un personaggio centrale della vita bassanese della seconda metà dell’Ottocento. Dopo aver frequentato il ginnasio, ebbe quali istitutori privati l’abate Francesco Trivellini e il matematico Giusto Bellavitis. Fu per molti anni direttore scolastico distrettuale, direttore onorario del Museo, ispettore distrettuale per gli scavi ed i monumenti, vice presidente e presidente della Società di Mutuo Soccorso fra gli Artigiani Bassanesi, consigliere comunale. Era stato inoltre membro della Società moderato-progressista, redattore e collaboratore de «Il Brenta», iniziale promotore, con pochi altri, del Comizio Agrario, presidente dell’Associazione costituzionale. Rappresentava, come si vede, il classico prototipo di quegli uomini che guidarono in prima persona il faticoso avvio della vita politica e civile all’indomani dell’unificazione nazionale. Roberti esprime il classico punto di vista della maggioranza del ceto dirigente, un punto di vista allo stesso tempo liberale e cattolico. Si tratta di una concezione sostanzialmente moderata, ma allo stesso tempo aperta ad una visione lineare e progressiva dello svolgimento storico, dove la dimensione della perfettibilità e del miglioramento effettivo del genere umano non deve intaccare l’ esigenza di equilibrio e di “giusto mezzo” che dovrà accompagnare ogni reale avanzamento della storia[62]. L’istituzione culturale-ricreativa più importante dell’Ottocento - e di buona parte del Novecento - fu il Teatro Sociale, sorto a Bassano nel 1881 su progetto dell’architetto Giacomo Andrea Bauto. Questo Teatro, che conteneva la bellezza di 560 posti tra palchi, palchetti e platea, rappresentò per tutto il XIX secolo il massimo luogo di elezione ricreativa della nobiltà e della borghesia bassanese. Nel corso del tempo subì più restauri e adattamenti: nel 1849, nel 1853-54, nel 1872-74 e nel 1887-92[63]. Al “Sociale” non si svolgevano soltanto opere, concerti, commedie, balletti, feste danzanti, veglioni (questi, soprattutto, in occasione del Carnevale), ma anche conferenze, incontri, riunioni di vario genere. Si poteva pure cenare perché al suo interno c’era un piccolo buffet ben attrezzato e provvisto. Il Teatro era di proprietà dei titolari dei palchi (non più di 60 famiglie), che pagavano una quota annuale per la gestione ordinaria e per assistere a tutti gli spettacoli dell’anno: nel 1844 la quota era di 7450 lire austriache pari a 6518 lire italiane, nel 1870 di 9200 lire, nel 1885 di 10.000 lire. Sono, come si vede, cifre astronomiche, che selezionano questi titolari in modo radicale (non così il prezzo del biglietto d’entrata per ogni singolo spettacolo, che intorno al 1870-80 si aggirava sui 30 centesimi per il loggione e 60 per la platea). Sarebbe pertanto possibile ad esempio, “fotografare” la società bassanese del tempo, registrando la gerarchia delle maggiori famiglie secondo le loro quote e l’ordine d’importanza riservato ai loro palchi. E si potrebbe pure ripercorrere la storia dell’ascesa sociale dei ceti piccolo e medio borghesi all’affannosa ricerca dell’acquisizione di un palco importante e vedere, per conseguenza, come si siano estinte alcune famiglie e ne siano avanzate altre. È sufficiente, ad esempio, scorrere l’elenco dei proprietari del 1843 e confrontarlo con quello del 1886. I presidenti del “Sociale” furono sempre i maggiori esponenti della nobiltà e dell’alta borghesia cittadina. Basti pensare ai nomi di Patrizio e Luigi Fasoli, Giambattista Vanzo Mercante, Marco Suman, Giovanni Jonoch, Gerolamo Stecchini, Federico e Carlo Remondini, che diressero alternativamente l’istituzione bassanese per moltissimi anni. Dal punto di vista economico, l’onerosità della gestione, divenuta nei primi decenni sempre più pesante a causa delle scarse entrate, costrinse alla fine - dopo varie vicissitudini - i proprietari azionisti a vendere nel 1940 il Teatro all’impresario Dario Tapparelli. Con il primo dopoguerra, il Teatro perse d’importanza per l’avanzata della “società di massa”, di cui il cinema era l’espressione più evidente. Già nel 1894 era sorto a Bassano un nuovo teatro, il Politeama Donizetti, un grande padiglione costruito in legno, nel quale si volevano rappresentare tutte quelle opere e commedie che “tecnicamente” non era possibile rappresentare al “Sociale”. Il Donizetti, sito dietro l’albergo “Corona d’Italia”, voleva esprimere il momento “democratico”della vita ricreativa bassanese. Visse comunque poco più che un decennio perché le sue strutture non ressero all’usura del tempo[64]. Passando ora alla Società filarmonica, dobbiamo ricordare che fu fondata nel 1826 ed ebbe sempre un posto importante nella vita ricreativa di Bassano. Costituta fin dall’inizio da «abili suonatori o cantanti», essa aveva lo scopo di conferire «decoro alla città» nell’occasione delle sue feste religiose e civili. Dopo l’annessione del Veneto all’Italia, la Società assunse un carattere patriottico per la sua obbligatoria presenza alle manifestazioni e celebrazioni ufficiali promosse dall’Amministrazione comunale e dai principali istituti pubblici. Essa ebbe però anche una vita amministrativa non sempre tranquilla, in virtù dei continui rimpasti della presidenza. Formalmente, perciò, la Società si sciolse e si ricostituì più volte. Per tutta l’età liberale si alternarono alla presidenza i maggiori esponenti della classe dirigente cittadina[65]. Un’altra iniziativa nel campo delle attività ricreative riguarda la fondazione, avvenuta nel 1884, di una società di tiro a segno, la prima nel Veneto, sotto la presidenza del professor Brentari. Tale società contò sin dall’inizio l’adesione di circa 300 soci, numero davvero notevole per quei tempi.  

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