Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Guardando alla politica comunale assistiamo al fatto che, mentre negli anni a seguito dell’unità, il comune venne retto da giunte che esprimevano gli interessi della classe dei grandi possidenti - nobili e commercianti - tramite le personalità di Francesco Compostella, di Federico Remondini, di Leonardo Mattielli, dopo la vittoria della sinistra, anche a Bassano, sotto la guida del succitato Secco, si riaprì lo spazio per una dialettica politica più movimentata. La costituzione di una Unione Liberale, su posizioni di sinistra, guidata da Secco, e al contempo la creazione di una Associazione Costituzionale, su posizioni cattolico-moderate, retta da Tiberio Roberti, furono i due episodi centrali della politica bassanese della seconda metà degli anni settanta. Se l’Unione, in qualche modo erede della Società democratico-progressista e de «Il Brenta», rappresentava la borghesia delle professioni, l’Associazione invece esprimeva gli interessi dei possidenti[50]. Tuttavia Bassano restava città moderata, dove risultava impossibile una vittoria delle forze più progressiste. E se infatti guardiamo l’alternarsi di vittorie della Destra Storica e dell’ala più clericale, dobbiamo constatare l’obiettiva difficoltà di tutti i soggetti in campo ad elaborare una egemonia politica stabile: i liberali di sinistra erano forze troppo esigue, seppur si trovavano rafforzati dalla presenza di un governo loro affine, i liberali conservatori avevano certamente più in comune con l’ala progressista che con quella clericale da un punto di vista politico, ma non potevano allearsi con loro, pena una perdita dell’elettorato, che sarebbe andato più a destra. E in questo tentennare tra posizioni più riformiste e ammiccamenti clericali, la proposta specifica dell’ala liberale moderata andava indebolendosi poco alla volta. Con le elezioni del 1875 molti clerico-conservatori entrarono in consiglio comunale, e ciò suggerirà dapprima un tentativo di unificazione dell’area liberale, sotto la guida del sindaco Carlo Agostinelli, che però verrà sostituito nel ’79 da Francesco Compostella, più incline ad una alleanza con l’ala ultraconservatrice. La riscossa dei liberali progressisti si avrà nel 1884 quando venne eletto sindaco Valentino Berti, figura emblematica di politico risorgimentale, che guiderà la giunta per quattro anni, fino al 1888, anno della sua morte. Nella seconda metà degli anni ’80 le elezioni che si svolsero videro un’alternanza tra l’ala liberale e quella più apertamente clericale. Se quest’ultima vinceva per l’atavica divisione interna al campo liberale, essa però limitava la sua azione ad un blocco delle attività della giunta, ad un vero e proprio boicottaggio della vita politica[51]. Una spinta verso la modernizzazione si avrà nel 1889 quando il suffragio verrà allargato passando dal 5,4 al 9,8%, e comprendendo quindi al suo interno altri segmenti della borghesia e dei ceti operai. I liberali si organizzarono cercando di coinvolgere rappresentanze delle classi artigiane e operaie cittadine, e in maniera parallela si mossero i clericali. Alle elezioni di quell’anno il fronte congiunto dei liberal-conservatori e dei clericali vinse le elezioni, ma la rappresentanza era equamente divisa a metà, e i vincitori faticarono a trovare un accordo sul nome del sindaco, che alla fine fu indicato nel liberale non pregiudizialmente anticlericale Antonio Giaconi Bonaguro, che formò una giunta liberale, sostenuta però da un consiglio prevalentemente clericale, con ovvie conseguenze di paralisi dell’attività del comune. Negli anni Novanta, la costituzione di due nuovi circoli di impronta liberale - il Circolo operaio e il Circolo Benedetto Cairoli - accrebbe un poco le forze progressiste in città. Se il primo, nato grazie all’impegno di alcuni borghesi illuminati - come il presidente, Ottone Brentari - esprimeva un generico e pragmatico progressismo, moderato e lealista nei confronti delle istituzioni sovrane, disposto ad allearsi in linea di principio con qualunque forza politica che faceva propri lo sviluppo, l’alfabetizzazione e il miglioramento sociale delle classi meno abbienti[52], il secondo aveva invece una linea fondamentalmente legata alla sinistra liberale, e alle precedenti vicende delle Società democratico-progressista, dell’Unione liberale, del Circolo Liberale, espressione di un ceto minoritario, quello legato alle professioni e alla borghesia intellettuale, erede e continuatrice della tradizione patriottica risorgimentale. Il tentativo di far alleare questi due circoli e tramite ciò unificare l’area liberale con quella democratica nella promozione di liste per le elezioni comunali non riuscì per diversi motivi: l’antagonismo tra il suddetto Brentari e Vendramini, quest’ultimo rappresentante dell’ala dei liberali; sia per l’indisponibilità del voto operaio a sostenere candidati fondamentalmente borghesi, sia per la chiusura dei liberali nei confronti di candidati operai. Tra i due litiganti era il comitato cattolico a godere di una supremazia politica che si espresse nelle elezioni che si tennero nei primi anni ’90. I due circoli cesseranno le loro attività nel ’96. Questo ennesimo e doppio esperimento associativo, volto al tentativo di creare un’egemonia borghese e laica in città, memore del Risorgimento e aperta alle istanze del lavoro, sebbene ancora segnata da forti venature paternalistiche, fallì dunque, e col suo fallimento aprì la strada ai primi timidi tentativi del movimento socialista in città. Il socialismo bassanese, che restò per tutto il periodo dell’Italia liberale un fenomeno assolutamente marginale, giunto tardi rispetto al resto del paese, si presentava alla popolazione bassanese per lo più tramite pubbliche conferenze, organizzate dal Circolo elettorale socialista, iniziato nel giugno del 1896. Si trattava di una presenza molto modesta, incapace di coinvolgere i ceti proletari, meglio rappresentati dalla vita sociale cattolica. La presenza socialista a Bassano, se per un verso non riusciva ad espandersi, per un altro non creava neppure un’alterazione significativa della pace sociale. Bassano sembrava immune dai conflitti aspri che attraversarono l’Italia a cavallo tra i due secoli. L’accesa dialettica politica riusciva ad esprimere al suo interno il complesso delle spinte sociali, senza provocare un grande dibattito pubblico.

Questo sito usa cookies per il proprio funzionamento (leggi qui...)