Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nel 1870 per opera di alcuni borghesi illuminati - Giustiniano Vanzo Mercante, Andrea e Patrizio Fasoli, Gaetano Bertagnoni, Domenico Pavan e Domenico Lucietto (ma molti altri si aggiunsero in seguito) - era sorta la Società Allegria e Beneficenza, il cui scopo consisteva nel promuovere ogni iniziativa economica, culturale e filantropica che andasse a generale beneficio della città (è questo il primo di una serie di analoghi sodalizi che troveremo fino agli anni ’60 del Novecento). Questa Società che ebbe vita piuttosto travagliata - per i continui rimpasti del suo comitato direttivo -, riuscì nel 1885 soprattutto per impulso dell’avvocato Domenico Pavan, ad organizzare un’esposizione «artistica, industriale e agricola», la quale fece, in un certo senso, il punto dei progressi sociali ed economici raggiunti dalla città e dal circondario. L’esposizione, svoltasi nei mesi di settembre e ottobre, comprendeva vari settori: metalli (campane, bronzi, oreficeria, ferramenta, armi); meccanica di precisione (orologeria, armi, bilance); chimica e fisica (concimi artificiali, terre coloranti, saponi); ceramica (cristalline, maioliche, porcellane); paglia (cappelli, trecce); vestiario (trapunte, maglie, mode); falegnameria (mobilia usuale, di lusso, artistica); carrozzeria (carrozze, selleria, valigie); filati (canape, cordami, cotone); cappelli di lana e di feltro; pellami e pelliccerie; cera, sego; inoltre belle arti, arti industriali e mineralogia, e perciò architettura, disegno, pittura, scultura, incisione, fotografia, tipografia, litografia, carta, libri, strumenti musicali[19] (fig.4).

4Elencoespositori

4. Elenco ufficiale degli espositori premiati all’Esposizione circondariale di Bassano, Bassano, Sante Pozzato, 1885. Frontespizio. Promossa dalla Società Allegria e Beneficienza, l’esposizione del 1885 fece il punto dei progressi economici di Bassano e dei comuni limitrofi nonchè fece conoscere i principali commercianti, artigiani e industriali della città.

Tra gli espositori - oltre 200 - meritano di essere ricordati gli orologiai Francesco e Bortolo Motta, gli orefici Luigi Balestra, Andrea e Pietro Marin, i gioiellieri Eugenio Fossa e Edgardo Bordignon, il costruttore di barometri Pietro Alessi, il costruttore di corde armoniche Girolamo Trevisan, il geologo Francesco Beltramini, il costruttore di campane Pietro Colbacchini, il produtore di pipe Francesco Cavazzon, i negozianti di ferramenta Guglielmo Gobbi e Urbano Morisch, il salumiere Agostino Freschi, il meccanico Annibale Zardo, il carrozziere Giovanni Marin, il vetraio Gaetano Marcon, il mineralogista Andrea Balestra, i ceramisti Gaetano Bonato, Antonio e Raffaele Passarin, Giambattista Lorenzo Antonibon, l’ornitologo Luigi Fabris, il mobiliere Giovanni Brandestini, l’industriale conciario Giuseppe Jonoch, il liquorista Bortolo Nardini. Tra questi personaggi vi sono gli iniziatori o gli eredi di alcune delle principali “dinastie” artigianali, industriali e commerciali di Bassano, le quali sono proseguite nei primi decenni del Novecento e anche, a diverso titolo, fino ai giorni nostri, basti pensare ai Nardini, ai Balestra, ai Colbacchini, ai Brandestini, agli Antonibon, ma naturalmente questa considerazione vale anche per i Marcon, gli Zardo, i Gobbi, i Moritsch, i Cavazzon, i Freschi. Alcuni di questi nomi meritano almeno dei cenni fugaci. I Nardini, originari della Val di Cembra, nel Trentino, avevano iniziato la loro attività con il capostipite Bortolo (1739-1812), che nel 1789 acquistò la famosa “bottega del ponte”, tutt’ora esistente. A Bortolo, che alla sua morte lasciò un esercizio solidamente avviato e redditizio, fece seguito Antonio (1782-1853) e dopo di lui il figlio Bortolo (1821-1893) il più importante dei Nardini per tutto l’Ottocento (fig.5).

5RitrattoBortoloNardini

5. Ritratto di Bortolo Nardini. Bassano del Grappa, collezione privata. Il nipote del fondatore, Bortolo (1821-1893) fu il più importante dei Nardini per tutto l’Ottocento.Impresse una svolta alla distilleria, con l’introduzione del vapore in luogo del fuoco diretto, sistema, che conferirà una maggiore costanza di qualità al prodotto.

Bortolo Jr, infatti, impresse una svolta alla distilleria, con l’introduzione del vapore in luogo del fuoco diretto; un sistema, questo, che rimarrà in vigore per almeno un secolo e che conferirà una maggiore costanza di qualità al prodotto. Bortolo Jr ebbe tre figli, Giuseppe, Valerio e Antonio, ma solo il primo, Giuseppe, continuò l’attività. Intorno al 1914 la ditta lavorava circa 1000 quintali di vinaccia, con una resa raggirantesi tra i 7000 e i 10.000 litri di grappa, smerciata sul mercato regionale. Finita la prima guerra, la distilleria sarà praticamente rifondata ad opera di Orazio (1896-1978) e Mario, figli di Giuseppe, e dai cugini Angelo e Bortolo, poi continuata dai figli , fratelli e nipoti di quest’ultimi - Giuseppe Jr, Valerio e Maria Elisabetta[20]. I Colbacchini, erano divisi in due rami: quelli del rame e quelli del bronzo. Nel 1830 Pier Antonio Colbacchini apriva una fonderia in Angarano per la lavorazione del rame e del bronzo per utensili domestici. Questi “Colbacchini dei rami” continuarono la loro attività fino al 1934, quando dovettero chiudere l’azienda per la concorrenza, impossibile da fronteggiare, della Smalteria Metallurgica Veneta. L’altro ramo, i “Colbacchini dei bronzi”, aveva origine più antiche perché risalivano alla seconda metà del Settecento. Nel 1837 Giovanni Colbacchini diede inizio ad una vera tradizione artigianale per la costruzione delle campane, seguito dal figlio Pietro e nel 1895 dal nipote Giovanni, figlio di Pietro. Altri rami dei Colbacchini operarono a Padova e a Trento. Alla morte di Giovanni (1941), la fonderia continuerà sotto la gestione di Matteo Favaretti fino al 1972. Per la loro bravura, i Colbacchini ebbero grandi riconoscimenti regionali e nazionali. Al tempo dell’esposizione sopra accennata, precisamente alla fine degli anni ’70, i Colbacchini producevano circa 40 campane all’anno e avevano alle proprie dipendenze 25 operai pagati anche 2 lire e 50 centesimi al giorno[21]. Giovanni Brandestini aprì una piccola falegnameria all’indomani dell’annessione del Veneto all’Italia. Il figlio Vincenzo, presente all’esposizione del 1885, si perfezionò in disegno, nella scultura e nell’intarsio, studiando a Roma e a Venezia. Intorno al 1912-14 egli aveva alle proprie dipendenze 15 operai, numero elevato se si considera il carattere non industriale dell’impresa. Dopo la Prima Guerra Mondiale riprese l’attività fino all’anno della chiusura, il 1938[22]. Gli Jonoch svolgevano la loro attività della conciatura delle pelli già dalla metà del Settecento. Uno dei discendenti, Giovanni, nato nel 1804, partecipò ai moti del ’48 e fu, come abbiamo visto, per molti anni presidente della Società di Mutuo Soccorso fra gli artigiani. Alla sua morte, avvenuta nel 1888, subentrò il figlio Giuseppe e poi, dal 1906, suo figlio Giovanni, deceduto a sua volta nel 1916. intorno al 1870-75 nello stabilimento lavoravano circa 40 operai, retribuiti in media 2 lire al giorno, con una produzione circa di 4500 pelli annue conciate. Gli Jonoch furono premiati nell’esposizione universale di Parigi del 1900. Gli Antonibon erano stati nel Settecento forse la “dinastia” più illustre nel campo delle ceramiche. Giambattista Antonibon era il titolare dell’azienda nel momento in cui vi fu l’esposizione circondariale del 1885. Morirà un anno dopo, lasciando la direzione degli affari direttamente al nipote, Giambattista Lorenzo, visto che il figlio Pasquale, avvocato e uomo politico – e in quel momento anche deputato del Parlamento -, non era interessato a continuare l’attività. Dopo un decennio travagliato, Giambattista Lorenzo, l’ultimo ceramista della dinastia Antonibon, chiuse l’azienda. Successivamente ad alcuni passaggi di proprietà, questa riacquistò importanza nel 1911, quando i Barettoni divennero i nuovi proprietari[23](fig.6).

6FabbricaAntonibonBarettoni

6. La Fabbrica Antonibon-Barettoni a Nove. Dopo un decennio travagliato nel 1896 l'azienda chiuse i battenti. Riaprì e riacquistò importanza nel 1911, quando i Barettoni ne divennero i nuovi proprietari.

Luigi Balestra iniziò la sua attività di orafo nel 1882, dopo aver acquisito un’ampia esperienza come commerciante di oggetti preziosi. Nel 1904, con l’aiuto dei figli Giovanni e Luigi, ampliò il laboratorio allargando la produzione con la lavorazione del catename d’oro. Nel 1930 il figlio Giovanni prese le redini dell’azienda conferendole un carattere industriale. L’altro figlio, Domenico, diede vita nel 1936 ad un’attività commerciale con l’apertura di un negozio nel centro di Bassano. I figli di Giovanni e Domenico continueranno le rispettive attività fino agli ultimi decenni del secolo scorso[24].  

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