Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Negli stessi anni che vedevano il Senato veneziano prima permettere e poi favorire con l’esenzione daziaria l’esportazione degli orsogli alla bolognese, si verificò una profonda riforma del dazio “nuovo” o “dei fornelli” sulla trattura, la principale imposta che gravava sulla produzione della seta in Terraferma. L’importo di questo dazio era stato triplicato nel 1616, passando da 10 a 30 lire, più aggiunti, per libbra di seta, per far fronte alle spese della guerra di Gorizia, che aveva visto la Repubblica opposta a Ferdinando d’Asburgo, arciduca di Stiria e poi imperatore. Poichè la trattura era un’attività largamente diffusa sul territorio, intrapresa da grandi e piccoli proprietari, mercanti e bottegai, artigiani e contadini, che spesso si limitavano a trasformare in filato pochi chilogrammi di bozzoli, per gli appaltatori del “dazio nuovo” era estremamente difficile esercitare un controllo preciso sulla quantità di seta prodotta. Dove i fornelli si contavano a centinaia ed erano dispersi su un’area molto vasta, com’era il caso del Vicentino, i dazieri si limitavano ad accordarsi con chi si dedicava alla trattura della seta per ottenere il pagamento di una somma fissa per ogni giornata di lavoro. Si trattava di una pratica vietata dagli statuti del dazio e occasionalmente perseguita dalle magistrature veneziane, che pretendevano una puntuale applicazione delle norme di legge, ma tollerata nella pratica dai rettori come l’espediente più efficace e meno costoso per riscuotere le grosse somme di denaro che la Repubblica ricavava dalla tassazione sulla trattura della seta. Il sistema degli accordi aveva però delle ricadute negative sulla produzione, perchè passaggio dalla tassazione in base al peso a quella secondo il numero di giornate di lavoro incentivava i proprietari dei fornelli ad accelerare i ritmi della trattura per ottenere la maggior quantità possibile di filato, anche se ciò andava a scapito della qualità. Di conseguenza questo modo di applicare il dazio sulla seta finiva per danneggiare chi produceva un filato di buona qualità, sottile ed omogeneo, perchè i tempi più lunghi necessari per eseguire un lavoro accurato si sarebbero tradotti in un somma maggiore da pagare agli appaltatori. Una soluzione almeno parziale a questo problema venne introdotta nel Trevigiano nel 1672, quando il governatore del dazio della seta Pietro Cernaglia, che sovrintendeva all’esazione per conto pubblico, propose di cambiare le modalità di riscossione consentendo ai proprietari di fornelli di lavorare dall’inizio della raccolta dei bozzoli sino all’8 agosto in cambio del pagamento di una somma fissa di 40 ducati[83]. L’effetto di questa riforma, applicata per la prima volta nel 1670 in Polesine, era una drastica riduzione delle spese per il controllo e la repressione del contrabbando. Il podestà di Treviso Benedetto Corner in un dispaccio al Senato, col quale raccomandava l’approvazione della proposta del Cernaglia, faceva notare che se essa fosse stata accolta si sarebbe potuto fare a meno di oltre quaranta sorveglianti del dazio, figure odiatissime dal popolo, che li indicava con il nome di scarrafoni, con un risparmio di oltre 5.000 lire a vantaggio della locale camera fiscale. Il Senato approvò il piano del Cernaglia il 14 maggio 1672. Uno degli effetti dello smantellamento del sistema dei controlli daziari che ne seguì fu un massiccio deflusso di seta greggia dal Trevigiano verso Bassano[84]. Il passaggio ad un sistema di pagamenti forfettari del dazio sui fornelli ebbe gli effetti che erano facilmente prevedibili già all’atto della formulazione del progetto. In primo luogo un crollo nel numero dei fornelli attivi: se prima del 1672 anche persone dotate di scarse risorse avevano la possibilità di dedicarsi alla trattura comperando poche libbre di seta alla volta, che avrebbero venduto non appena ridotte in filato per reinvestire il denaro nell’acquisto di altri bozzoli, dopo l’entrata in vigore della riforma Cernaglia ciò non fu più possibile. La trattura si concentrò nelle mani delle persone che disponevano del capitale necessario per pagare i 40 ducati dovuti al dazio e per fare incetta di una quantita di bozzoli sufficiente a mantenere in funzione il fornello per oltre un mese. Naturalmente chi si trovò d’un tratto escluso da un’attività cui era solito dedicarsi ogni estate non mancò di far sentire il suo malcontento, come riferì il podestà di Bassano Andrea Balbi in un dispaccio nel quale proponeva che fosse consentito a tutti di lavorare per brevi periodi pagando al dazio un ducato al giorno[85]. L’anno successivo il podestà notava come il numero dei fornelli attivi nel bassanese fosse crollato dai 3-400 degli anni precedenti la riforma Cernaglia ai soli 99 nel 1673[86]. Il nuovo sistema di pagamento del dazio, se non risolveva del tutto il problema dell’eccessiva pressione fiscale che gravava sul setificio, perlomeno alleggeriva gli oneri a carico di chi intendeva produrre un filato di buona qualità. Ma i suoi effetti sulla manifattura bassanese furono accentuati dalla mancata estensione della riforma Cernaglia a tutta la Terraferma: se il veronese seguiva un suo particolare sistema per la riscossione del dazio sulla trattura, i vicentini rimasero soggetti al sistema basato sugli accordi e tutte le loro richieste di passare al nuovo metodo adottato a Treviso si scontrarono con il fermo rifiuto delle autorità veneziane. Eppure i rettori di Vicenza avevano avvertito il Senato che in seguito all’allentamento dei controlli sulla trattura e sul trasporto della seta greggia previsti dalla riforma Cernaglia grandi quantità di bozzoli e di seta grezza avrebbero attraversato il Brenta di contrabbando per giungere nel centro pedemontano da dove, una volta trasformati in orsogli alla bolognese, sarebbero usciti dallo Stato senza pagare nulla. L’effetto congiunto della esenzione dal dazio sull’esportazione riconosciuta agli orsogli alla bolognese, ed abusivamente estesa ad altri generi di sete torte, e della riforma del dazio sui fornelli promossa dal Cernaglia finì per rendere il centro pedemontano una sorta di porto franco in cui si concentrava la seta greggia provenienti dalle altre province della Terraferma veneta. 

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