Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Come la maggior parte delle sete gregge e torte venete, il prodotto dei mulini alla bolognese e alla rasera bassanesi era destinato ad entrare nei circuiti del grande commercio internazionale. I mercati di vendita delle sete pedemontane erano infatti le citta tedesche e dei Paesi Bassi, alla fine del Cinquecento soprattutto Anversa, alla quale si affiancò nel corso del secolo successivo Amsterdam. Di queste relazioni commerciali resta traccia sporadica negli atti notarili. Nel 1623 Pompeo Brocchi creava suoi procuratori Miazzo Miazzi e Lorenzo Pitti, residenti a Venezia, dando loro mandato di riscuotere dal tedesco Giovanni Sopper la somma di 1.011 scudi, 11 soldi e 3 denari dovuti per una lettera di cambio scritta a Lione il 13 marzo 1623 da Giovanni Bosch, Enrico Giovanni Foremberger e Teodoro Samler[105]. Due anni più tardi lo stesso Brocchi faceva procura in Curzio Lucchese e nel vicentino Giovanni Malo, che si trovavano ad Anversa, per incaricarli di recuperare un carico di seta del valore di 4.000 ducati spedito in quella stessa città a Leonardo e Michele Maequilin, di recente falliti[106]. Ed ancora a pochi mesi di distanza costituiva procuratore Giovanni Agricola perchè lo rappresentasse in una causa che lo vedeva opposto a Giacomo ed Enrico Hunhschgeros presso il tribunale camerale dell’impero a Spira[107]. Certo a Bassano dovevano essere pochi i mercanti che potevano contare su una rete di corrispondenti e di rapporti d’affari estesa quanto quella in cui erano inseriti i grigionesi Brocchi. Lo dimostra una serie di note estratte dai registri del dazio sull’esportazione delle sete per il periodo dal maggio 1655 all’aprile del 1656, dalle quali si ricava che se da un lato erano numerosi i bassanesi che mandavano all’estero seta torta, dall’altro la grande maggioranza delle spedizioni era destinata ad un gruppo ristretto di intermediari, tra le quali spiccavano Virgilio Brocchi ed i fratelli Roberto e Gaspare Roberti[108]. È probabile che i rappresentanti delle due maggiori case mercantili della città, oltre ad occuparsi della vendita delle sete lavorate nei loro torcitoi o acquistate a Bassano, agissero anche in qualità di commissionari per conto di terzi, facendo leva sul loro ruolo di intermediari tra il centro pedemontano ed il mercato internazionale. L’immagine che se ne ricava è quella di un ceto mercantile fortemente stratificato, all’interno del quale un ridotto numero di mercanti operava su scala internazionale, mentre altri dovevano limitarsi a frequentare le fiere di Bolzano e il mercato della Serenissima, mentre gli operatori meno provvisti di capitale, e con essi la maggior parte dei torcitori, erano confinati a scambi a corto raggio o a lavorare su commissione. Una ricostruzione che trova riscontro nelle indagini condotte sul settore nel corso del Settecento. Le liste dei torcitoi redatte nel 1762 riportano anche l’indicazione sulla destinazione delle sete lavorate da ciascun impianto. Nella maggioranza dei casi i torcitori dichiaravano di lavorare per conto di mercanti locali, di veneziani, vicentini, padovani e trevigiani, i quali avrebbero smerciato le sete presso i fabbricanti di tessuti di seta dei rispettivi territori, ma sicuramente ne avrebbero avviate una parte consistente all’estero. Nel 1762 Giovanni Ferrari era il solo torcitore a dichiarare di vendere le sete lavorate per proprio conto in Germania, Svizzera, Olanda, Danimarca e Svezia. Eppure la maggior parte delle sete bassanesi veniva esportata, come indica, tra le altre testimonianze, una nota del 1716 che registra il pagamento del dazio dell’uscita nel corso dei mesi di maggio-agosto dell’anno, vale a dire dall’inizio della campagna serica, di 72.190 libbre di orsoglio alla bolognese diretto in «terra aliena», cioè in Trentino[109]. Oltre metà delle esportazioni erano attribuite a due soli mercanti, Roberto Roberti con 31.840 libbre ed il patrizio veneziano di origine bassanese Marco Andrea Zambelli con 18.000 libbre. Nel Seicento come nel Settecento la commercializzazione della seta bassanese era in mano ad un gruppo ristretto di grandi mercanti, in qualche caso proprietari di torcitoi, che dovevano far incetta della produzione della maggior parte dei piccoli imprenditori e dei torcitori della città e del territorio. 

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