Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Tra la metà del Cinquecento e gli inizi del Settecento il principale mercato del lanificio bassanese era rappresentato dall’area alpina ed in particolare dalle valli del Trentino occidentale e dell’alta Lombardia. Sebbene confinanti con altri centri ed aree che potevano vantare una lunga tradizione nella manifattura della lana, quali il Bergamasco ed il Comasco, queste zone costituirono per oltre due secoli una presenza costante nella documentazione relativa al commercio dei panni bassanesi. Oltre alle già citate delibere del consiglio cittadino di Trento tese a limitare l’afflusso sul mercato cittadino dei tessuti importati dal centro pedemontano, si ha notizia che nel Cinquecento i mercanti bassanesi frequentavano abitualmente le fiere di Riva del Garda[61]. Alla fine del secolo i creditori di una delle più importanti famiglie di imprenditori attivi nel tessile a Bassano, i Fossa, si concentrarono per la maggior parte in un’area compresa tra il corso dell’Adige ad est, il lago di Garda a sud, la val Venosta a nord e la Valcamonica ad ovest. E ad una trentina d’anni di distanza i fratelli Stevan di Angarano su 21.430 lire di crediti inscritti nel bilancio della loro azienda famigliare dovevano riscuoterne 14.100, più della metà, fuori dalla Repubblica, ossia in Trentino, dove tra 1630 e 1633 Giovanni Stevan si era recato in almeno sei occasioni[62]. Alla fine del Seicento l’inventario dei fratelli Lugo, esponenti di una delle famiglie bassanesi di più antica e consolidata tradizione nel commercio dei panni, dimostra che il commercio dei tessuti fabbricati nel centro urbano continuava a rivolgersi verso l’area alpina, anche se in questo caso la distribuzione dei crediti appare spostata verso occidente rispetto al precedente dei Fossa, con una forte concentrazione nella Valtellina[63]. Elemento comune a tutte le tre aziende era lo scarso peso dei crediti da riscuotere nel resto della pianura veneta e a Venezia. Le indicazioni ricavate dagli inventari delle famiglie di mercanti di panni trovano ulteriore conferma dall’esame delle procure stilate dagli imprenditori cittadini. Nel 1642, ad esempio, Giovanni di Virgilio Lugo doveva riscuotere 1.100 lire da Andrea Bianchi di Gargano, nel territorio di Salò, al quale aveva venduto una partita di panni[64]. Quattro anni dopo, lo stesso mercante si rivolgeva a Pietro Cattaneo di Breno perchè ottenesse da Pietro Pennino di Edolo il pagamento delle somme che gli erano dovute[65]. Nel 1650 doveva recuperare oltre 3.000 lire da Francesco Grassi di Ospedaletto Valsugana e allo stesso tempo creava suo procuratore Lancillotto Casa perchè trattasse a suo nome con mercanti di Verona e di Lonigo. È probabile che si riferissero al commercio di panni anche le procure fatte da Paolo Golin e da Marco Andrea Zambelli, patrizio veneto di origine bassanese, il primo per riscuotere da Bernardo Tolemar di Trento, da Francesco Capeletto e Valentin Monte di Rovereto e da Domenico Piombazzo della pieve di Bion e il secondo dagli eredi di Pasino Pasini in Breno[66]. Un insieme di riferimenti che rimanda, con coerenza e continuità, al Trentino e alla montagna lombarda come principali sbocchi del lanificio bassanese.   

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