Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

I panni di lana fabbricati a Bassano non erano tessuti di alta qualità, in grado di reggere il confronto con i prodotti delle manifatture di Firenze e di Venezia, di Vicenza e di Padova. Nel corso del Cinquecento i mercanti del centro pedemontano furono a più riprese sanzionati dalle magistrature di Trento per la vendita di panni difettosi o di scarsa qualità e del resto il fatto che i panni bassanesi venissero spesso associati a quelli di Cavaso, i “panni cattivi” per antonomasia nel Veneto della prima età moderna, porta a ritenere che si trattasse di merci destinate a consumatori poco esigenti, attenti più al prezzo che alla qualità o alla novità del prodotto[57]. Nei primi decenni del Seicento il consiglio cittadino approvò numerosi provvedimenti volti a favorire il miglioramento qualitativo nel lanificio, ma questa politica non dovette raggiungere i risultati voluti se nello stesso periodo i Cinque Savi alla Mercanzia continuarono a considerare i panni bassanesi come un tessuto di scarso pregio, adatto a soddisfare i bisogni delle fasce più umili della popolazione. Nel 1623 infatti i magistrati ritenevano che i panni di Bassano, insieme a quelli fabbricati a Feltre, a Mestre e ai robusti ma grossolani “terlisi”, fossero adatti a sostituire i drappi importati dall’estero nel vestiario del popolo e delle guarnigioni dell’isola di Creta[58]. Cinque anni più tardi i Savi vietarono l’importazione in Terraferma dei «panni grisi detti biselli», provenienti dalla Germania, riconoscendo che questi tessuti di rozza fattura non costituivano certo una minaccia per i panni veneziani, ma avrebbero fatto concorrenza ai prodotti dei borghi pedemontani del Vicentino e di Bassano, acquistati soprattutto dai contadini[59]. Persisteva poi l’assimilazione dei panni bassanesi con i cavasotti, i tessuti confezionati nell’Asolano con lane scadenti e con una finitura minimale, non bagnati nè pressati, con il risultato «che alla prima pioggia che sentono in modo si retirano che resta il compratore, si può dir, senza vestito», come dichiarò il cavaliere dell’arte della lana di Vicenza di fronte al suo tribunale corporativo[60]. Se è certo che non tutti i panni confezionati a Bassano fossero di scarsa qualità, come risulta dagli inventari di bottega, nei quali compaiono tessuti di fabbricazione locale che coprono una fascia di prezzi piuttosto ampia, e come indica anche l’utilizzo di lane gentili e fiorette, nel complesso le fonti non lasciano dubbi sul posizionamento a livello basso o medio-basso della maggior parte della produzione.

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