Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Rivelatrice dell’attrattiva che Bassano esercitava sugli imprenditori veneti e forestieri, che vi giunsero numerosi nel corso dell’età moderna, fissandovi in modo definitivo la loro residenza e spesso ottenendo la cittadinanza e, col tempo, l’accesso al consiglio cittadino, è la vicenda di Bernardo Vertema e dei fratelli Brocchi. Le famiglie Vertema e Brocchi erano originarie di Piuro, paese del contado di Chiavenna, sottoposto al dominio del cantone svizzero dei Grigioni. A partire da questo territorio, attraversato da una delle principali vie che collegavano Milano e la Lombardia spagnola alla Svizzera e alla Germania e, attraverso la valle del Reno, conducevano ai Paesi Bassi, si sviluppò nel corso della seconda metà del Cinquecento una vasta diaspora mercantile. Famiglie originarie del chiavennate si stabilirono nelle maggiori piazze commerciali delle Alpi, creando una rete di relazioni mercantili e finanziarie che alla fine del secolo si era estesa sino ad abbracciare buona parte dell’Europa centrale, da Lione a Norimberga, da Palermo ad Amburgo[74]. Al tempo dell’arrivo di Bernardo Vertema a Bassano questi mercanti, conosciuti generalmente come “grigionesi”, erano già presenti a Verona, Vicenza e Padova e naturalmente a Venezia e in tutti questi centri si interessavano attivamente della lavorazione e del commercio della seta. Nella supplica presentata al consiglio cittadino per essere creato cittadino bassanese Bernardo Vertema riferì di aver in un primo momento deciso di insediare la sua manifattura a Trento, dov’erano da tempo in funzione mulini idraulici per la torcitura della seta, ma dichiarò di aver cambiato idea quando degli amici gli avevano illustrato i vantaggi offerti da Bassano. A condurre il Vertema ed i suoi nipoti, i fratelli Brocchi, nel centro pedemontano non era stato l’interesse per la torcitura, ma la volontà di dedicarsi alla fase successiva nel ciclo di lavorazione della seta, la produzione di tessuti. Si trattava di un’attività in intensa crescita da quando, tra il 1554 e il 1565, il Senato aveva concesso prima a Verona quindi a Vicenza, a Brescia e a Crema il diritto di fabbricare drappi in seta. La diffusione della tessitura in Terraferma andava però contro gli interessi dell’arte della seta di Venezia, uno dei principali corpi di mestiere della Serenissima, che nella capitale dava impiego a migliaia di persone. Già nel 1570 i Provveditori dell’arte della seta di Venezia, con il sostegno dei Cinque Savi alla mercanzia, avevano condotto delle ispezioni a Padova e a Vicenza dalle quali era emerso chiaramente come le condizioni poste dal Senato nel concedere il diritto di tessere alle città di Terraferma - l’obbligo di produrre solo velluti neri e il divieto di impiegare manodopera emigrata da Venezia, per citare solo le più importanti - non erano state rispettate. L’azione dei Provveditori non aveva trovato un convinto appoggio da parte dei rettori veneziani delle città ispezionate, ed anche le più alte autorità di governo veneziane, il Pien Collegio, cui i rappresentanti delle città suddite avevano subito fatto ricorso per bloccare l’azione dell’arte veneziana, si erano dimostrare restie a prendere provvedimenti. L’arte della seta di Venezia non era però disposta a rinunciare alla condizione privilegiata di cui godeva all’interno della Repubblica e Bassano, a differenza di Vicenza e Verona, non aveva mai ottenuto il diritto a fabbricare tessuti in seta. Il centro pedemontano non era riconosciuto come città, perciò consentire che i suoi abitanti potessero tessere la seta significava aprire la strada a molti altri borghi della Terraferma, sedi di podesteria o di vicariato, che non avrebbero mancato di seguirne l’esempio. Si spiega così l’arrivo a Bassano il 17 giugno 1578 del Provveditore dell’arte della seta Piero Pagani, che nel corso della sua ispezione scoprì una tintoria e una decina telai da ormesini in due locali che il Vertema aveva preso in affitto dal patrizio Andrea Cappello. Sequestrati tessuti e telai, il Pagani fece ricorso al podestà perchè fossero applicate le sanzioni previste dai decreti del Senato. Senza ottenere ascolto, visto che il podestà fece restituire all’imprenditore merci e strumenti di lavoro. Pochi giorni dopo il consiglio cittadino decideva di fare propria la causa del Vertema e di presentare una supplica alla Serenissima Signoria perchè fosse concesso a Bassano il diritto di tessere la seta. La discussione della richiesta bassanese si protrasse per oltre un anno a Venezia, coinvolgendo pure i rappresentanti delle città di Verona e Vicenza, intervenuti per impedire che l’arte della seta della capitale potesse approfittare dell’occasione per chiedere la reintroduzione del divieto di tessere in tutta la Terraferma. Alla fine l’esito fu sfavorevole ai bassanesi, con la conferma della proibizione di produrre drappi in seta nel centro pedemontano[75]. Di lì a poco il podestà avvisava che il Vertema si era trasferito fuori della Repubblica, nell’alta Valsugana, dove si temeva potesse impiantare una nuova manifattura. A Bassano però erano rimasti i nipoti del Vertema, i fratelli Brocchi, che in breve dovettero riprendere l’attività abbandonata dallo zio e tornare a fabbricare ormesini. Se ne trova conferma negli atti di un arbitrato tra gli stessi Brocchi e l’appaltatore del dazio sulla seta. Se ne trova conferma nella discussione di una causa che vide contrapporsi ai Brocchi gli eredi del daziere della seta Gaspare Vittorelli, uno degli uomini più ricchi della Bassano dell’epoca. Nel corso del dibattimento i fratelli Brocchi presentarono un documento rilasciato dal locale podestà con il quale si certificava che da anni essi facevano tessere ormesini a Bassano[76]. Segno che il divieto imposto da Venezia nel 1579 veniva del tutto ignorato dalle stesse autorità che avrebbero dovuto vigilare sulla sua applicazione. La tessitura di drappi in seta non era destinata ad incontrare a Bassano la stessa fortuna che avrebbe conosciuto a Vicenza. Con l’inizio del Seicento si verificò un declino della domanda tedesca di ormesini che provocò una drastica riduzione nel numero dei telai attivi a Venezia come in Terraferma. È assai probabile che in questo stesso periodo i Brocchi abbiano deciso di abbandonare la tessitura per concentrarsi sul commercio dei filati, in ogni caso non risulta che la loro iniziativa abbia avuto imitatori o continuatori nel corso del diciassettesimo secolo. Per l’intera durata del dominio veneziano le esportazioni bassanesi di seta consistettero in totalità o nella maggior parte in filato ritorto o tinto.

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