Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nei primi anni del Settecento, in una difficile congiuntura che vedeva la maggior parte d’Europa coinvolta in un lungo conflitto e l’Italia settentrionale alle prese con ripetute carestie, il lanificio bassanese sopravvisse su livelli di produzione ridotti, dalla metà a poco più di un terzo di quelli già denunciati come bassi all’inizio del secolo precedente. Nel 1730 due soli mercanti, Angelo Calderon e Paolo Golin, accentravano nelle loro mani la maggior parte della produzione e del commercio dei panni e circa un quindicennio più tardi nel centro urbano si contavano solo una trentina di telai che lavoravano in modo discontinuo[69]. Maggiori segni di dinamismo si possono cogliere solo nella seconda metà del secolo, con il tentativo da parte di alcuni imprenditori locali di imitare il successo dai lanifici dell’alto vicentino, ed in particolare dalle manifatture di Schio, che proprio in questo periodo si stava affermando come uno dei principali centri lanieri della Repubblica. Alla base del successo scledense stava l’introduzione di innovazioni tecniche, avviata al principio del secolo dall’impresa del patrizio Andrea Tron, che aveva fatto giungere tecnici ed artigiani dall’Europa settentrionale, e proseguita dai fabbricanti locali, al fine di ottenere un miglioramento qualitativo della produzione, che era funzionale alla penetrazione su nuovi mercati, in primo luogo quelli del Levante. In questa direzione andava l’iniziativa di Giuseppe Ruberti di avviare la produzione a Bassano di panni esteri «ad uso d’Olanda e del Berri», sia pure su scala limitata, visto che a questo scopo venivano utilizzati solo sei telai[70]. Il Ruberti, che dichiarava di aver investito nell’impresa la non trascurabile somma di 5.000 ducati, si avvaleva di pregiata lana padovana grazie ad un privilegio concesso dalla Repubblica e poteva contare su una bottega ed una tintoria a Venezia, ma non dovette aver fortuna perchè già all’inizio degli anni sessanta doveva essersi ritirato dall’attività. Nel periodo successivo alla fine della guerra dei Sette Anni la principale ditta nel settore laniero bassanese era quella di Paolo Golin, che ricorrendo anche a manodopera originaria di Crespano faceva battere una trentina di telai da panni bassi ed una ventina da panni alti. In seguito, nel corso degli anni ottanta del Settecento, prese piede la produzione di tessuti di buona qualità “ad uso estero” destinati all’esportazione sui mercati del Levante. Protagonista di questo sviluppo era il mercante Giovanni Battista Bianchi, che con trenta telai a Crespano e ventidue a Bassano dava lavoro complessivamente a 370 uomini e 80 donne. Se nel complesso il numero dei telai e dei lavoratori impiegati da queste manifatture non era molto inferiore a quello documentato per il Seicento, bisogna comunque inserire questi sviluppi bassanesi nel quadro più ampio della evoluzione del settore nella Terraferma veneta, che vedeva affermarsi i poli produttivi dell’alto vicentino e dell’alto trevigiano, teatro di precoci ed importanti innovazioni tecniche ed organizzative. Sviluppi che non mancarono di avere ricadute sulla manifattura bassanese, soprattutto sotto forma dell’aumento del prezzo della materia prima, spinto verso l’alto dalla domanda crescente degli imprenditori scledensi. I mercanti bassanesi indicavano nel rincaro delle lane uno dei principali fattori del declino del lanificio locale, ma un peso notevole dovette averlo la contemporanea grande espansione della lavorazione della seta.   

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