Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

L’andamento della popolazione nel lungo periodo costituisce un primo punto di riferimento per ricostruire le dinamiche dell’economia bassanese nell’età moderna. Prima di prendere in esame l’andamento dei singoli settori produttivi, è utile mettere a confronto i dati sulla popolazione con le informazioni disponibili sulla ripartizione della forza lavoro urbana tra i diversi settori e professioni. Bassano dispone a questo proposito di una fonte straordinariamente dettagliata, le liste redatte per ripartire la tassa dei galeotti, imposta dalla Repubblica poco dopo lo scoppio della guerra di Candia[40](fig.6).

6Listetassagaleotti

6. Liste per la ripartizione della tassa dei galeotti. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Archivio Comunale, 2. Bassano, vol. 108, fasc. 3 (1646). Bassano dispone delle liste della forza lavoro urbana tra i diversi settori e professioni redatte per ripartire la tassa dei galeotti, imposta dalla Repubblica poco dopo lo scoppio della guerra di Candia.

In questi elenchi il setificio, probabilmente la manifattura più importante dell’epoca, è rappresentato solo da 72 tra mercanti e torcitori, mentre nell’ambito del lanificio si contavano 16 ditte di mercanti di panni, 123 lanari, 54 tessitori, 27 cimatori e garzatori, 3 cernitori ed altrettanti lavatori di lana oltre a 6 addetti ai tiratoi e a 5 fabbricanti di licci. Vanno ascritti al comparto tessile anche i venditori di lino e canapa, 4 a Bassano ed altrettanti nel territorio, i 23 sarti, gli 8 fabbricanti di cappelli di feltro, le 4 persone che lavoravano a maglia lana e seta e i 10 tessitori di tele, attività che parecchi contadini dovevano svolgere a domicilio per l’autoconsumo o il piccolo commercio. Articolata si presenta la rappresentanza di un altro settore rilevante nell’economia bassanese, quello della lavorazione delle pelli, con la presenza di 5 mercanti di cuoio, 9 pellicciai, 13 calzolai appartenenti all’arte dei calegari ed altri 4 che esercitavano il mestiere nel territorio senza essere affiliati alla corporazione, 9 bergamineri che si dedicavano alla produzione di pergamene, sovracoperte per libri ed altri articoli fini in pelle insieme ai 4 guantai, mentre i più umili zoccolai, che lavoravano il legno, erano una decina. Passando alla lavorazione dei metalli, tra città e territorio erano attivi 8 mercanti di ferro, 29 fabbri e 3 fabbricanti di spade, mentre il settore delle costruzioni era rappresentato da 11 tagliapietra e 14 muratori. Nell’edilizia dovevano trovare impiego una parte dei 63 marangoni, gruppo nel quale erano inseriti anche gli intagliatori, mentre i mercanti di legname presenti in città erano 8. Le esigenze di consumo alimentare della popolazione urbana e rurale erano soddisfatte da 9 mugnai residenti in città e da 15 fornai, oltre che da 9 mercanti di generi alimentari, mentre nelle 17 botteghe di merciaio i cittadini potevano trovare una varietà di prodotti tessili e accessori per l’abbigliamento e presso i 6 speziali un vasto assortimento di medicinali, generi importati dal Levante o dalle colonie. Questa minuziosa e dettagliata rappresentazione del mondo delle professioni e dei mestieri urbani trova un termine di raffronto nelle Anagrafi, le accurate rilevazioni della popolazione, attività, allevamento ed impianti manifatturieri condotte dalle magistrature veneziane nel secondo Settecento. La rilevazione del 1766 a differenza delle liste del 1646 censì anche chi esercitava arti liberali, cioè i 9 avvocati laureati, i 3 procuratori, i 25 notai collegiati, i 6 medici e 10 chirurghi ed i 14 pittori che, con la loro presenza, contribuivano a dare alla società bassanese una fisionomia spiccatamente urbana. Le Anagrafi registrarono la diminuita importanza dell’arte della lana e la parallela affermazione del setificio, che tenendo conto del numero dei tintori e torcitori contava nel complesso un quarto di tutti gli esercenti commercio ed industria, mentre i mestieri legati al libro assumevano un rilievo del tutto nuovo rispetto al 1646, con 12 tra librai, cartai e stampatori, uno sviluppo chiaramente legato alla presenza dalla grande tipografia Remondini[41]. Fanno poi la loro comparsa mestieri prima assenti, come quello dell’orologiaio o del caffettiere, legati alla diffusione dei nuovi consumi tipici dell’età dei lumi[42]. Un’inchiesta sulle più importanti ditte manifatturiere del bassanese condotta dai Cinque Savi alla mercanzia nel 1760 rilevò la presenza di numerose altre attività, quali la produzione di ferramenta, in cui si impegnavano gli eredi Tessarolo e Francesco Chiuppani[43]. Quest’ultimo, che nel 1760 dichiarava di dedicarsi soltanto alla produzione di chiodi e borchie, nel 1764 doveva aver ampliato i suoi interessi perchè in quell’anno otteneva dalla Repubblica un privilegio sulla fabbricazione di vomeri, zappe e badili[44]. Di altre attività, quali la produzione di colla e di cappelli si tratterà più avanti all’interno delle sezioni dedicate alle produzioni tessili seriche e laniere, cui erano legate. Se il confronto tra le due rilevazioni, quella del 1646 e quella del 1766, pone in evidenza importanti trasformazioni dell’economia urbana, con il declino di settori di lunga tradizione, quali il lanificio, più che compensato dalla crescita del setificio e delle nuove produzioni che si insediarono in città e nel territorio nel corso degli ultimi due secoli dell’età moderna, quali la stampa e la ceramica, l’aspetto più importante da sottolineare è la continuità di una vocazione manifatturiera, con la presenza nel centro pedemontano di decine di mercanti-imprenditori e centinaia di artigiani, molti dei quali immigrati da altre parti del Veneto, della Repubblica e dell’Italia settentrionale. 

Questo sito usa cookies per il proprio funzionamento (leggi qui...)