Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Bassano era collegata a Venezia, oltre che dal corso del Brenta, anche dalla strada che partendo dalla capitale e passando per Treviso raggiungeva il centro pedemontano per proseguire lungo la Valsugana verso Trento e la Germania. Questo percorso era servito da associazioni di carrettieri, detti boari, formate su base locale. Il compito di trasportare i carichi per il tratto competente ad un gruppo di boari veniva assegnato a rotazione secondo una lista, il rodolo, tra i membri, che dovevano disporre del bestiame da tiro. Lungo la strada che percorreva la Valsugana tra Bassano ed il confine trentino i rodoli «anticamente costituiti», come scriveva il podestà di Bassano nel 1763, erano quelli dei boari di Solagna, che prendevano in consegna le merci nel centro urbano o fin da Treviso, e dei boari di Primolano, responsabili della condotta sino al territorio di Grigno[133]. I capitoli approvati nel 1591 dai boari di Solagna descrivono una solida struttura corporata, con a capo un gastaldo che aveva il compito di pesare i carichi, tenere conto di giorno in giorno dei turni secondo i quali si alternavano i carrettieri, sostituire chi non poteva svolgere il suo compito perchè malato o indisponibile, eliminando dal rodolo gli assenti ingiustificati, e raccogliere le fideiussioni che tutti i membri della compagnia dovevano presentare per coprire eventuali danni alle merci trasportate[134]. L’ingresso in una compagnia di boari poteva avvenire solo con il consenso della maggioranza dei membri, ma il diritto di essere iscritto al rodolo poteva essere ceduto o venduto, mentre la mancata risposta ad una chiamata del gastaldo, come si è visto, poteva portare all’espulsione. La strada della Valsugana era frequentata da mercanti veneziani e veneti diretti in Germania e pure dai mercanti del Fontico dei Tedeschi. Questi ultimi protestarono a più riprese tra Cinquecento e Settecento contro le negligenze dei boari della vallata, accusandoli di non caricare rapidamente le balle di merci sui carri, ma di lasciarle anche per giorni esposte alle intemperie. Ancora nel pieno Settecento il percorso era molto frequentato ed i mercanti della Serenissima se ne servivano per spedire in Germania cotone ed altre merci pesanti ed ingombranti, al punto che i carri diretti a Norimberga potevano essere gravati da carichi anche superiori alle 8.000 libbre, con il rischio di danneggiare il ponte sul torrente Cismon[135]. Almeno in questo periodo i boari di Solagna non godevano dell’esclusiva sui trasporti e come chiarisce un dispaccio del podestà di Bassano chi voleva che le merci giungessero rapidamente a destinazione poteva servirsi di vetturali di fiducia, senza essere costretto a seguire la turnazione prescritta dai rodoli. Le inadempienze dei trasportatori non erano che uno dei problemi di cui i mercanti che spedivano le loro merci per la Valsugana dovevano tener conto. Una minaccia costante era rappresentata dai briganti, in particolare dalle bande di Foza, solite a praticare agguati ed estorsioni contro i viaggiatori di passaggio, come sperimentò a sue spese il veneziano Giammaria dei Mussi che, di ritorno da Augusta nell’autunno del 1593, venne assalito nelle vicinanze di Cismon da due «ladri publici et assessini di strada». Nel 1613 il podestà di Marostica scriveva a Venezia preoccupato che i banditi di Foza, riunitisi con dei fuoriusciti austriaci, in numero di 28, tutti armati, infestavano «tutti essi sette comuni e luochi circonvicini [...] rubbando, deppredando, occidendo in modo che li passi non sono piu’ sicuri», al punto che i mercanti non osavano più recarsi alla fiera di Asiago[136]. Il problema non era stato ancora definitivamente risolto nel 1653, quando il capitano di Vicenza si felicitava per l’uccisione di un bandito di Foza, «assassino alle strade del Bassanese», augurandosi che anche i suoi complici subissero presto lo stesso destino[137]. Il territorio impervio, la vicinanza al confine e le divisioni interne alle comunità della vallata e delle montagne circostanti, legate a faide, a fazionalismo o a dispute sul controllo dei beni comuni costituivano un ostacolo pressochè insormontabile ai tentativi dei rettori veneziani di garantire l’ordine e la sicurezza dei traffici. A turbare il regolare svolgimento dei commerci erano però soprattutto le frequenti interruzioni della strada dovute a frane o all’erosione del fiume, tema ricorrente delle lettere dei podestà bassanesi al Senato e ai Cinque Savi alla Mercanzia. Il ripristino di condizioni minime di percorribilità era affidato alle comunità attraversate dalla strada, che del resto avevano un interesse molto concreto a far sì che il traffico di persone, merci ed animali non si interrompesse, dati i vantaggi che ne ricavavano in termini economici e di facilità degli approvvigionamenti. L’importanza assunta dalla strada della Valsugana nei commerci tra Veneto e Trentino tra Seicento e Settecento, in particolare per quanto riguarda l’esportazione della seta, viene rivelata da un episodio: quando dalla Serenissima venne ordinato al podestà di Verona di distaccare a Primolano un gruppo di sorveglianti del dazio della Stadella di Verona, il principale prelievo sulle mercanzie provenienti e dirette dalla Germania per via dell’Adige, per evitare che il percorso terrestre da Bassano a Trento diventasse una via troppo frequentata dal contrabbando, i mercanti trentini e tirolesi fecero pressione sul governo arciducale di Innsbruck perchè minacciasse dazi di ritorsione contro la repubblica, ottenendo la revoca della disposizione.   

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