Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

L'affresco ricordava ai Bassanesi la loro appartenenza alla Repubblica di Venezia; ma dipendere da una città più importante era una situazione non nuova per loro. Fin dal 1175, infatti, con il giuramento prestato da ogni cittadino, essi avevano accettato una sudditanza-alleanza con Vicenza, stabilendo però alcune condizioni, che si erano sforzati di far rispettare sia quando, dopo la parentesi della dominazione ezzeliniana conclusasi nel 1259, erano tornati sotto il controllo di Vicenza, sia quando erano passati al Comune di Padova, poi ancora nel 1321 sotto il governo di Cangrande della Scala e successivamente sotto i Carraresi (1339) e Gian Galeazzo Visconti (1387).

Nelle città maggiori era più viva la concezione che la sovranità promanasse dall'Impero, anche se a gestirla era l'ente comunale oppure un dominus fattosi insignire del titolo di vicario imperiale.[17]
I Bassanesi però, che avevano avuto come signore Ezzelino III da Romano, che non si curava troppo di titoli e di investiture formali, avevano meno preclusioni ideologiche ad accettare come legittimo il governo di Venezia, che in realtà era notoriamente ribelle all'Impero e non avrebbe avuto quindi alcuna legittimazione per dominare un territorio tanto vasto.[18]
Quando i Bassanesi avevano capito che era arrivato il momento di passare sotto il dominio della Serenissima, prima di imbattersi nelle turbolenze prodotte dalla crisi finale del governo visconteo, avevano cercato di mercanteggiare il mantenimento di alcune prerogative, che essi ritenevano importanti per la conservazione della loro identità. In primo luogo avevano posto la condizione che la sudditanza a Venezia avesse per contropartita la difesa e la protezione degli uomini e del territorio bassanese, e ne avevano ben donde, visto che Francesco Novello da Carrara era intenzionato a riconquistarla. A ciò seguiva la richiesta del mantenimento degli Statuti, della giurisdizione, e di una serie di esenzioni e privilegi fiscali ed economici, tra cui quello più importante riguardava la protezione della produzione di vino.
Bassano, la fortezza più orientale del vasto dominio di Gian Galeazzo Visconti, alla sua morte avvenuta il 3 settembre 1402, si era trovata subito esposta al ritorno del signore di Padova, che già in precedenza aveva tentato di riprenderla con un colpo di mano nel 1390. Buon per lei che il Da Carrara aveva iniziato la riconquista da Verona e Vicenza e, dopo la prima, aveva cinto d'assedio la seconda. Fu allora, mentre i Vicentini resistevano alle truppe del comandante padovano, che il doge Michele Steno ne ebbe abbastanza e, benchè il momento non fosse molto propizio a causa dei nuovi scontri con Genova, decise che la Repubblica non poteva più sopportare l'espansionismo carrarese in Terraferma con l'insicurezza che ne derivava per il commercio. I Veneziani inviarono quindi un rinforzo di 250 balestrieri alla città assediata, aggirando il carrarese per la via di Bassano, ed entrarono in Vicenza beffando Francesco Novello, a cui giungeva tosto una lettera del Senato veneziano con l'ingiunzione di ritirarsi. Si era dunque allo scontro finale tra il leone marciano e il carro patavino; i Bassanesi allora tra i due contendenti scelsero, anche se con un certo azzardo, il partito che ritenevano migliore: Venezia. L'atto di dedizione tuttavia non fu sufficiente a far uscire da Bassano le truppe viscontee che ancora vi alloggiavano e che pretendevano di essere pagate. Il Governo veneziano dovette versare al loro comandante, Fregnano da Sesso, una cifra enorme, e fu il generale Francesco Bembo a portare il denaro pattuito e a prendere possesso della città.[19]
Non tutto però andò come speravano i notabili bassanesi; la Repubblica dapprima considerò Bassano come una terra conquistata e soltanto in seguito arrivò a comprenderne il valore di caposaldo di confine. Con il passare del tempo ne apprezzò sempre più la fedeltà e l'importanza della sua posizione strategica per le relazioni con l'area tirolese.[20]
Anche la decisione di mantenerla direttamente sottomessa, ossia "terra separata" e non assegnata ai distretti di Vicenza o di Padova - come queste città insistentemente richiedevano - fu un segno di riguardo, molto apprezzato dai Bassanesi, e servì a conciliare il loro animo con la nuova Dominante.
Il 2 agosto del 1404, quindi, nella sala del Palazzo comunale di Bassano il rector et gubernator - ancora non era chiamato podestà e capitano - egregius miles Francesco Bembo diede l'avvio ai lavori del Consiglio del Comune, facendo eleggere, come prescrivevano gli Statuti, i 32 nuovi consiglieri, otto per ogni quartiere della città.[21]

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