Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Proprio alla città natale Orazio riserva il suo testamento spirituale, le sculture per la cappella del Santissimo Sacramento nella chiesa di San Giovanni Battista a Bassano (tavv. 27-28), commissionate nel 1715 dalla Confraternita omonima, della quale faceva parte lo stesso Marinali[59]. Massaro della Confraternita era tra il 1712 ed il 1717 Francesco Remondini del ramo delle Grazie, che dal 1711 aveva diviso le proprie attività da quella del ramo “di Piazza”, nel tessile il primo, nella stamperia il secondo. Il modello della nuova cappella «fatto formare dai periti» - una «dissegnata costruzione» della cappella - fu presentato al Capitolo ed approvato il 28 luglio 1713, e ridiscusso un anno dopo. Si tratta con ogni probabilità del disegno n.1217 delle raccolte museali bassanesi[60](fig.26),

26OrazioMarinali

26. Orazio Marinali, Progetto per l’altare del Santissimo Sacramento (1713). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, dis. bass.1217. Il modello della nuova cappella «fatto formare dai periti» - una «dissegnata costruzione» della cappella – fu presentato al Capitolo ed approvato il 28 luglio 1713, e ridiscusso un anno dopo.

con un altare diverso da quello realizzato quasi due decenni dopo senza la supervisione della bottega marinaliana. Le due sovrapporte con Putti in volo e sulla cornice aggettante sulla quale è steso una pergamena con due bassorilievi raffiguranti Mosè fa scaturire l’acqua dal monte e Elia e l’angelo (figg.27-28)

27-28OrazioMarinali

27-28. Orazio Marinali, Sovraporte con Putti in volo, Mosè fa scaturire l’acqua dal monte e Elia e l’angelo (1715). Bassano del Grappa, chiesa di San Giovanni. Il programma iconografico è completato dalle sovraporte ove le due storie di Mosè ed Elia fanno riferimento al ruolo affidato nell’Antico Testamento ai profeti quali annunciatori del Messia.

soggetti riferiti evidentemente al ruolo affidato nell’Antico Testamento ai profeti quali annunciatori del sacrificio di Gesù, erano già collocate nell’estate del 1715, quando è registrato, il 23 luglio, il pagamento allo scultore, che contemporaneamente sta eseguendo le due sculture con l’Arcangelo Michele e l’Angelo Custode (figg. 29-30),

29-30OrazioMarinali

29-30. Orazio Marinali, L’Arcangelo Michele e l’Angelo Custode (siglate e documentate al 1717) . Bassano del Grappa, chiesa di San Giovanni. Le due sculture laterali dell’altare sono siglate dalle iniziali intrecciate del nome dell’artista, furono iniziate nel luglio del 1715 e saranno collocate due anni dopo sui plinti laterali dell’altare.

siglate dalle iniziali intrecciate del nome dell’artista, che saranno collocate due anni dopo sui plinti laterali dell’altare. Del complesso esistono anche i due modelletti in terracotta, riutilizzati da Giacomo Cassetti nella decorazione dell’armadio di sagrestia della chiesa di San Girolamo degli Scalzi a Vicenza, recentemente riferiti dalla Galasso[61] al complesso bassanese, sulla base della vicinanza con i bozzetti di Orazio, conservati nelle raccolte museali di Bassano e Vicenza e che presentano, al pari delle sculture in marmo, un’«ariosità e scioltezza dei panneggi, il fare più mosso e concitato delle figure, la finezza dei particolari, il modellato raffinatissimo», segnali di un’apertura a stilemi meno magniloquenti della produzione dell’artista, ma un fare più decorativo ed elegante tipico della nuova stagione del rococò avanzante. Nel luglio del 1715 i documenti attestano la conclusione dei lavori della cappella -«Ridotta allo stato che si vede con muri di marmorina ben lissi, lustri e senza alcuna macchia…» e la preoccupazione della Banca della Confraternita che chiodi o altro potessero guastare «la polliccia dei muri, le statue e figure in offesa e sconcio della Cappella medesima». Queste parole segnalano che a quella data erano evidentemente già stati realizzati gli stucchi del grande baldacchino decorato retto da putti dell’abside (tav.28), i putti sui cornicioni e sulle lunette affrescate e tra le finestre del tamburo della volta, nonché i racemi vegetali tra i tondi dipinti con Gli Evangelisti (figg.31-32).

31-32AnonimoArtistaVeronese

31-32. Anonimo artista veronese (Antonio Balestra?), I quattro Evangelisti, La caduta della manna e La Pasqua ebraica. Bassano del Grappa, chiesa di San Giovanni.  Ricordati da Verci come opera del veronese Antonio Balestra, si segnalano per torsioni forzate tipiche dell’artista e l’allungamento eccessivamente nervoso delle figure, non tipico delle forme dell’artista.

La decorazione a stucco della cappella, ricordata in “Duomo”, cioè nel luogo che a quelle date fungeva da sede arcipretale, è attestata nella biografia di Abbondio Stazio e Carpoforo Mazzetti dell’Oldelli del 1807, unitamente alla loro attività in Villa Rezzonico. Il grande tendaggio che fa da sfondo all’altare costituisce un motivo berniniano utilizzato da Filippo Parodi nel Monumento a Francesco Morosini nella chiesa di San Nicolò dei Tolentini a Venezia all’inizio del nono decennio del Seicento[62] ed attesta una conoscenza diretta dei due artisti dell’opera veneziana del grande genovese con un’acquisizione di caratteri stilistici che vedremo in atto nella decorazione a stucco dello Stazio di Ca’ Rezzonico. Il ciclo è riferito da De Grassi al più giovane degli stuccatori, Carpoforo Mazzetti, per confronto con le caratteristiche morfologiche degli stucchi di Palazzo Barbarigo a Santa Maria del Giglio a Venezia, firmate dallo stuccatore ticinese e di alcune porzioni degli stucchi nel palazzo già menzionato, dei quali si tratterà in seguito[63]. I tondi dipinti e i due lunettoni con La caduta della manna e La Pasqua ebraica(fig.31-32), ricordati da Verci come opera del veronese Antonio Balestra, sono spostati al suo éntourage ancora da De Grassi, che vi nota un tratto «nervoso e irregolare» con «volumetrie allungate e …serpentinate», che presenta «esili» tangenze con i tratti di Mattia Bortoloni[64], mentre non è stata ancora notato un uso consistente di incisioni per il trasferimento dei cartoni e torsioni forzate che costituiscono caratteri tecnici dell’artista. Si tratta di un artista non di primo piano, che partecipa dei modi del Balestra e presenta tangenze con l’opera, successiva del padovano Giuseppe Graziani in villa Erizzo, di cui si parlerà più avanti. Sempre nel secondo decennio, a cominciare nel 1713, la trecentesca chiesa di San Francesco viene totalmente modificata ricoprendo le alte pareti affrescate con un parato di stucchi, le cui caratteristiche sono difficilmente riconoscibili nelle poche fotografie della distruzione nel corso del restauro purista del 1926-1928 (fig.33).

33Internochiesa

33. Interno della chiesa di San Francesco ante 1926. A cominciare nel 1713, la chiesa di San Francesco viene totalmente modificata ricoprendo le alte pareti affrescate con un parato di stucchi.

Per la chiesa ancora Giuseppe Graziani (1699- post 1760), il pittore padovano che il Verci vuole portato giovinetto a Bassano da Paolo Antonio Bellegno, procuratore di San Marco, esegue il grande telero del soffitto e le Stimmate di San Francesco, un tempo sull'altare maggiore. Di maggiore valenza ed importanza l’intervento, invece, sulla pala dell’altar maggiore della cappella del Santissimo sacramento. Un’incisione di Martin Schedl attesta sull’altare di San Giovanni Battista, anche qui ricordato come Duomo, una tela con il santo titolare della chiesa di Giambattista Piazzetta (tav.29), nella quale l’artista ha recuperato il naturalismo di un modello caravaggesco «in una chiave di gusto arcadico»[65], declinato in un chiaroscuro che sa di «lume solivo», cioè ottenuto mediante l’illuminazione diurna in uno spazio aperto, sperimentazioni che il grande artista veneziano aveva messo in atto dopo gli anni ’30, quando i documenti della Confraternita attestano una ripresa e il completamento dei lavori nella cappella con l’esecuzione del tabernacolo. Sono anni nei quali Giambattista Piazzetta era l’artista più famoso a Venezia, «il più intelligente nel chiaroscuro», come ricorda Anton Maria Zanetti, il collezionista e incisore amico e fornitore dei Remondini, al quale forse la famiglia bassanese fece riferimento per richiedere la commissione dell’importante monumento alla loro fama ed alla loro memoria per i posteri. Come già accennato, a partire dal quarto decennio del secolo subisce una ristrutturazione anche la cinquecentesca villa Erizzo ad opera del proprietario Paolo Antonio Bellegno, procuratore di San Marco, e della moglie Giustina Donà con la riedificazione del settore meridionale e la decorazione interna ad opera di Giuseppe Graziani, un pittore padovano formatosi al classicismo di Antonio Balestra, divenuto “Pittor di casa” nella villa e autore dell’Allegoria del Medoacus nel salone centrale, ed affreschi nel piccolo ingresso, nello studiolo, nell’oratorio, sui due scaloni, nel “portego” e in qualche stanza al piano superiore, nonché un patrimonio di dipinti citati nei documenti ma dispersi, con una pittura compositivamente non risolta ma di interessante modernità nei toni schiariti nei modi della grande pittura tiepolesca. Nella saletta d’ingresso sono dipinti episodi tratti da La Gerusalemme Liberata (fig.34),

34GiuseppeGraziani

34. Giuseppe Graziani (Padova 1699- post 1760), Erminia tra i pastori (1730-1750). Bassano del Grappa, villa Erizzo.  Giuseppe Graziani, un pittore padovano formatosi al classicismo di Antonio Balestra, divenuto “Pittor di casa”nella villa del Bellegno è autore degli affreschi che decorano tutto il piano nobile della villa.

nello studiolo sulle pareti Allegorie, e sul soffitto l’Aurora, sullo scalone dipinti a chiaroscuro su fondo giallo, Gli Amori degli dei e, sul soffitto Il Mattino e Le tenebre cacciate dalla luce, nel “portego” il Trionfo delle Arti con Apollo in cielo, un cavallo alato, emblema dei Bellegno ed in primo piano le Arti Liberali, nel secondo scalone, sul soffitto l’Olimpo, alle pareti, a monocromo grigio Giunone e Marte, Diana e Atteone, Minerva e Giove[66]. Quanto poi alla decorazione in stucco di villa Rezzonico, questa riguarda il corpo della villa e le barchesse, quindi ambienti la cui realizzazione, come si è già visto, spazia tra i primi anni del secolo e l’ampliamento degli anni ’30 del Settecento[67]. Mentre il riferimento cronologico ed attributivo delle sculture della cappella dedicata a san Giovanni Battista, santo eponimo del committente Giambattista Rezzonico, si assesta, all’interno del quarto decennio in relazione alla costruzione della chiesa tra il 1733 ed il 1734 ed al nome del veneziano Giovanni Maria Gai, autore, secondo il Verci, della statua del santo (fig.35)

35GiovanniMariaGai

35. Giovanni Maria Gai, San Giovanni Battista (1733-1734). Bassano del Grappa, ca’ Rezzonico, cappella. La scelta del committente Giambattista Rezzonico nei confronti del Gai rivela un’attenzione alla razionalizzazione degli stilemi scultorei antesignano delle scelte classiciste di pochi decenni dopo.

e dei bassorilievi in stucco con Il Battesimo di Gesù, La predica di san Giovanni Battista, San Giovanni decollato e La predica a Erode (fig.36),

36AbbondioStazi

36. Abbondio Stazio e Carpoforo Mazzetti detto Tencalla, sovraporta con stucchi (1713-1720). Bassano del Grappa, ca’ Rezzonico. La presenza dei due famosi stuccatori ticinesi nella vasta decorazione della villa e della barchessa sud della villa è attestata dal loro biografo Gian Alfonso Oldelli.

l’intervento dei due maggiori stuccatori ticinesi attivi a Venezia e nel Veneto nella prima metà del secolo e nella cappella del Sacramento a Bassano, di cui si è appena parlato, Abbondio Stazio e Carpoforo Mazzetti detto Tencalla[68], attestato dal loro biografo Oldelli[69], non è facilmente distinguibile e soprattutto inseribile nei limiti cronologici della costruzione degli edifici e degli ambienti nei quali i loro stucchi furono eseguiti. La divisione di mano tra il capo bottega Abbondio Stazio e l’allievo Tencalla con un seguito di bottega, segnalato il primo da una monumentalità dimensionale e teatralmente impostata ed un risentimento plastico estraneo alle ridotte dimensioni ed a modulazioni pittoriche che sembrano connotare l’attività dei secondi, secondo l’accurata analisi della Marini, che pare in termini stilistici assolutamente condivisibile, contrasta con la più recente indagine sui tempi della costruzione che vuole le barchesse riferite ad un intervento dell’architetto Giorgio Massari in una data posteriore agli anni ’30. Pur nell’impossibilità di raggiungere ora una certezza sui reali tempi di realizzazione del meraviglioso insieme di stucchi, ciò che in questa sede va segnalato è l’assoluta qualità degli interventi di Abbondio Stazio nella stanza ad est della barchessa meridionale con i gruppi ad altorilievo dei Tritoni e delle Nereidi (tav.19), per l’accentuato gigantismo delle scene, la turgida definizione formale, l’accentuato movimento delle figure nello spazio ristretto delle sovraporte. Da un volume di incisioni edite a Francoforte nel 1672, la Lapponia di Joannes Scheffer sono tratte le sovraporte di una stanza contigua dove una geniale soluzione mette in scena scene di vita lappone su pelli scuoiate di leone, di cinghiale, di orso e di cervo (fig.37)

37StuccatorefineXVIII

37.Stuccatore della fine del XVIII secolo, Festa in villa. Bassano del Grappa, ca’ Rezzonico. Costituiscono una divertente novità iconografica le sovraporte di alcune stanze con scene realistiche di vita quotidiana.

con un resa verista superiore anche al più esplicito naturalismo barocco. Meno singolare la morfologia degli altri interventi che coprono, sui cornicioni, nelle sovaporte e sopra i camini, tutte le stanze della villa e delle barchesse, perlopiù putti volanti che intrecciano foglie di palma e di quercia e nastri, nel salone sventolano stendardi con lo stemma dei Rezzonico, l’aquila e la torre (fig.38),

38AbbondioStazio

38. Abbondio Stazio e Carpoforo Mazzetti detto Tencalla, fregio con stendardi. Bassano del Grappa, ca’ Rezzonico. Meno singolare la morfologia degli altri interventi perlopiù putti volanti che nel salone sventolano stendardi con lo stemma dei Rezzonico, l’aquila e la torre tra ricche panoplie; nella stanza a destra del salone essi celebrano l’allegoria delle arti, con la Pittura, l’Architettura e la Scultura.

tra ricche panoplie, nella stanza a destra del salone celebrano l’allegoria delle arti, con la Pittura, l’Architettura e la Scultura, o nella stanza a sud-ovest sono circondati da strumenti musicali, o a sud-est dagli Elementi. Mentre alla committenza di Abbondio Rezzonico, grande committente di Canova nel 1790, spettano per la presenza delle iniziali intrecciate del nome, gli stucchi delle ali laterali del corpo centrale su fronte strada con soggetti popolareschi in stucchi di sottile spessore su fondi colorati, vien da pensare che il resto della decorazione, al pari della cappella sia da riferire al quarto decennio del secolo. Ci soccorre in questa presunzione il confronto con un progetto firmato dai due stuccatori ticinesi e datato 22 luglio 1731, messo da Magani[70] in relazione con il soffitto della Scuola della Beata Vergine del Carmelo a Venezia, dove Abbondio Stazio e Carpoforo Mazzetti realizzano le riquadrature a stucco della grande decorazione pittorica di Giambattista Tiepolo, realizzazione che viene messa in atto all’inizio di quel decennio ed adattata all’arrivo delle tele del Tiepolo tra il 1740 ed il 1743. La tipologia ornamentale messa in atto dai due ticinesi presenta tangenze con le sottolineature figurali delle cornici realizzate in ca’ Rezzonico. Di certo quello che suscita perplessità su una datazione così avanzata sono le sovraporte figurate con Tritoni e Nereidi della prima stanza della barchessa, la cui forza volumetrica appartiene ancora all’universo scultoreo seicentesco e più specificamente parodiano, a meno di non supporre una preesistenza dell’edificio assimilata con un ingrandimento negli anni ’40 alla barchessa di entrata. Il terzo decennio del secolo vede attivo in città un altro rappresentante del barocco in scultura, Bernardo Tabacco, bassanese, attivo tra il 1680 ed il 1729, interprete del linguaggio barocco in modi meno teatrali e magniloquenti del Marinali, più sottilmente percorso da quella vena di classicismo che segna la scultura dell’Alto Vicentino e Trevigiano e che bene introduce alla grande rivoluzione canoviana. Suoi sono due interventi nelle chiese della città, l’altare del Nome di Gesù nel Duomo di Santa Maria in Colle con il gruppo scultoreo dell’Angelo Annunciante e della Vergine Annunciata, documentato al 1691 e il paliotto dello Spirito Santo nella chiesa di San Francesco[71]. Il rinnovamento architettonico della città comprende in quegli anni (1720-1726) anche l’ingrandimento di una sala al piano nobile del palazzo Municipale destinato a sala del Consiglio. Accanto al palazzo Municipale, a lato della cinquecentesca porta Pretoria viene innalzata su progetto sempre di Bernardo Tabacco nel 1722 la Chiesa della Madonna del Patrocinio[72](tav.26), fortemente elevata in altezza, pittoricamente segnata da due schiacciate paraste laterali, interrotte dal marcapiano in continuità con la porta, con un grande oculo al centro della parete superiore sormontata dal timpano triangolare con le statue della Madonna con il Bambino e due Angeli. L’intera facciata è connotata in senso barocco dall’alto portale con un timpano modanato con una sovraporta con una cartella centrale sormontata da una grande pisside e due volute contrapposte ai lati che scendono lungo le cornici laterali della porta e terminano in due carnosi terminali vegetali alla base, che ripropongono il motivo già utilizzato nell’altare dell’arcipretale. L’intervento architettonico più interessante alla metà del secolo è certamente la trasformazione dopo il 1750 di un piccolo edificio quattrocentesco al Ponte di Brenta adibito ad attività legate allo sfruttamento dell’acqua del fiume da parte di Vincenzo Ferrari, industriale e mercante di sete, in una residenza per la propria famiglia (tav. 23), noto ora dopo i passaggi di proprietà ottocenteschi, come Palazzo Sturm, ora sede museale. L’architetto incaricato, il bassanese Daniello Bernardi, allievo di Domenico Cerato e seguace delle teorie razionaliste di Preti, sfruttando le persistenze di una torre e dei corpi di fabbrica precedente ed adattandosi ai dislivelli della riva del fiume, crea un grande edificio su sette livelli con settanta vani, di cui il terzo e quarto destinati alla residenza e decorati con stucchi ed affreschi. Gli affreschi del salone di entrata dalla loggia che si affaccia sul fiume, con La caduta degli angeli ribelli (fig.39; tav.24),

39GiorgioAnselmi

39. Giorgio Anselmi e stuccatori dell’Italia Settentrionale, affreschi e stucchi (1765-1766). Bassano del Grappa, Palazzo Sturm, salone degli specchi. Il salone del piano nobile ospita La caduta dei giganti sul soffitto ed un raffinato parato di stucchi sulle pareti che gli specchi moltiplicano in un gioco di rimandi, tipico della poetica rococò.

Venere dà le armi ad Enea di una saletta attigua, la Fecondità sulla volta del pronao, l’Aurora che scaccia le tenebre sul soffitto della scala e scene arcadiche con putti e pastorelli nelle sovraporte della scala vennero eseguiti da Giorgio Anselmi, il pittore veronese che era stato attivo anche nel palazzo del ramo veronese dei committenti e che sulla scia dei maestri Antonio Balestra e Giambettino Cignaroli aderisce, nelle erculee figure e negli scorci, alla temperie classicista che pervade la pittura veronese del Settecento, pur «rivelando la vena plebea che lo caratterizza nei volti bestiali e drammatici e nell’intonazione arrossata della tavolozza»[73]. Due anni dopo lo stesso Anselmi avrebbe completato il rifacimento settecentesco della chiesa e degli altari della chiesa di Sant’Eusebio con la decorazione del soffitto con un’ Assunzione della Vergine, che, nei gruppi di figure ordinatamente scalati intorno alla figura mariana al centro, rivela la sua attenzione alla pittura tiepolesca, adeguandosi al linguaggio imperante nella provincia vicentina a quelle date. Di segno sostanzialmente diverso, intonato ai modi di un raffinato rococò è la decorazione in stucco della porzione inferiore delle pareti del salone di palazzo Sturm, il boudoir e l’alcova, ove la figurazione allegorica, vegetale ed animale gioca a comparire e scomparire in una trina di cornici ed a riflettersi negli specchi incastonati, a riproporsi nelle vetrine in legno con un illusivo, raffinato ed elegante gioco di rimandi, che segnala uno «dei più raffinati» insiemi decorativi del Veneto nel Settecento. La comparsa di una firma frammentaria nel corso del restauro degli anni ’90, che introduce un «Pare/…Balest(ra)/20 giugno 1766» nel panorama della lavorazione in stucco della seconda metà del Settecento rappresenta un elemento ulteriore di interesse della stupefacente decorazione di Palazzo Sturm. Nel boudoir, (fig.40)

40StuccatoriItaliaSettentrionale

40. Stuccatori dell’Italia Settentrionale, Diana. Bassano del Grappa, Palazzo Sturm, boudoir. Stucchi raffiguranti il Carro del Sole, Stagioni, Bacco, Diana, Giove e Mercurio sono anche sul soffitto e sulle pareti con armadi a muro intarsiati e incisi, nel boudoir, in quello che è stato definito l’insieme decorativo rococò più raffinato del Veneto.

lo stucco costruisce un soffitto diviso a picchi con il Carro del Sole al centro, e le Quattro Stagioni con Bacco, Diana, Giove e Mercurio intorno mentre l’alcova è realizzata in un ambiente con una boiserie in radica intarsiata ed intagliata con quattro tavole a tempera grassa e dodici tempere su tela con Episodi dell’Antico Testamento ed una Allegoria della fecondità, riferite alla mano di Gaetano Zompini, l’artista veneto che aveva qualche decennio prima condiviso con Tiepolo e Menescardi la decorazione veneziana dei Carmini. Ancora, sulla traccia degli affreschi tiepoleschi della villa Cordellina si pone nel 1779 l’asiaghese Giovanni Scajaro, nel decorare con Le storie di Antonio e Cleopatra (fig. 41)

41GiovanniScajaro

41. Giovanni Scajaro, Storie di Antonio e Cleopatra (1779) (part.). Bassano del Grappa, palazzo Roberti, Portego del piano nobile. Il particolare de La pesca, episodio ricordato da Plutarco, raro nelle iconografie del tema, evidenzia la qualità inventiva del ciclo supportato da una pittura di rara evidenza coloristica.

il salone del piano nobile di Palazzo Roberti, in modi che il Verci puntualizzava con acume critico: «con ricchezza e leggiadria nell’invenzione, esattezza del disegno, vivacità e delicatezza nel colorito». Ed è proprio nelle scelte coloristiche, schiarite e semplificate, con una tecnica «da sembrare in alcuni punti evanescente» che Scajaro si incammina su orizzonti differenti, «a favore di una tendenza oleografica facilmente recepibile, perché suadente , e fors’anche consolatoria»[74]. Ma è nella pratica architettonica che la spinta razionalista crea un ambiente propenso ad abbracciare modi e stili di stampo classicista. Giovanni Miazzi (1699-1797), figlio di falegnami, arriva all’architettura per via di letture, i Libri di architettura di Sebastiano Serlio e gli Ordini del Vignola, prima di tutto, fondamento della pratica del costruire dal Cinquecento, e poi Palladio, quale portatore di un linguaggio classico, che aiuta il Miazzi a sostituire quel poco di barocco che Bernardo Tabacco aveva introdotto a Bassano. La sua impresa più consistente è certamente la nuova chiesa di san Giovanni Battista, nella quale si misura la pratica di bottega, documentata nei molti disegni per altari e cibori del Museo Civico (fig.42),

42GiovanniMiazzi

42. Giovanni Miazzi, Progetto per un altare, Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. Giovanni Miazzi, figlio di falegnami, arriva all’architettura attraverso lo studio dei capisaldi della professione e il suo studio è testimoniato da numerosi progetti per opere realizzate e non.

con l’impianto teorico della professione, esaltato dalla precisa applicazione della media armonica proporzionale applicata dal Preti nel Duomo di Castelfranco. La difficoltà di armonizzare con il tessuto urbano preesistente, la piazza, una chiesa che nasceva con il fianco lungo la piazza nella sua forma quattrocentesca e che vuole avere una forma allungata pur concependo l’entrata e l’altare maggiore sui lati lunghi, determinerà una serie infinita di proposte e un consistente allungamento dei tempi di realizzazione, tra il 1747 ed il 1782, realizzando infine un edificio che assicura la sua dipendenza dal linguaggio classico nell’uso massiccio dell’ordine gigante e il superamento del linguaggio barocco in una forma allungata ma chiara nella sua definizione razionale degli spazi. Le stesse caratteristiche, più magniloquenti, saranno quelle della chiesa della Santissima Trinità e poi di Sant’Eusebio in Angarano, dell’inizio del settimo decennio del secolo e con le medesime caratteristiche, che il Miazzi applicherà in molti luoghi della sua lunga vita, anche in alcuni palazzi cittadini, palazzo in Borgo Leon e villa Caffo a Rossano[75].

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