Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

La città si colloca felicemente nel cuore del territorio veneto - laddove il fiume Brenta si riversa in pianura - e nel punto in cui s’incrociano la direttrice Trento-Padova (collegamento privilegiato verso l’area tedesca) e quella est-ovest che collega i centri pedemontani da Valdagno a Udine. Sin dal Medioevo qui fioriscono attività economiche legate alla lana ed alla tessitura, questo luogo così favorito appare un insediamento urbano che presenta molte caratteristiche proprie tanto dal punto di vista architettonico quanto da quello sociale ed economico, senza tuttavia ottenere il riconoscimento dello statuto giuridico di “città”. Formalmente riconosciuta come tale soltanto nel 1810 dal governo Napoleonico del Regno d’Italia, fu tuttavia inclusa nel dipartimento del Bacchiglione, e da allora rimase parte della provincia di Vicenza[10] ovvero una “quasi-città”[11]. L’area urbana bassanese si estende ben oltre il territorio comunale (fino a comprendere i comuni di Pove del Grappa, Solagna, Campolongo sul Brenta, Cartigliano, Nove, e gli abitati di San Giuseppe e San Zeno del Comune di Cassola, Romano Alto, San Giacomo e Fellette del Comune di Romano d’Ezzelino, la frazione Travettore del Comune di Rosà) e oggi conta all’incirca una popolazione di 80.000 abitanti. Fin dall’Ottocento fioriscono sul territorio attività commerciali e artigianali per la produzione di ceramiche, oreficeria, mobili, grappe nonché per la lavorazione del tabacco. Quando, allora, la fisionomia economica e sociale si modifica fino a farne un caso del tutto “tipico”? È nel 1924, con la nascita della Smalteria e Metallurgica Veneta (Smv)[12], che Bassano si trasforma in città industriale. L’azienda segna la storia cittadina almeno fino agli anni ’70, dandole una fisionomia del tutto nuova e - nonostante la chiusura dello stabilimento nel 1975 - ponendo le fondamenta per uno stretto legame tra sviluppo economico-industriale e vita politica. Ancora non ci sono analisi dettagliate sulla nascita - e sulle ragioni di tale nascita - delle molte attività industriali nel Bassanese già agli inizi degli anni ’50, ma Favero sostiene verosimilmente che fu proprio la Smv a svolgere un’importantissima funzione di “incubatrice” per tali attività, funzione ancora da chiarire del tutto. Certo è che, anteriormente al primo conflitto mondiale, le attività economiche principali consistevano in piccole o medie attività manifatturiere e commerciali, laddove invece insisteva sulle aree montane e collinari un’agricoltura specializzata soprattutto in viticoltura, tabacco e alberi da frutto, non però sufficiente al mantenimento della popolazione agricola. L’emigrazione in territorio austriaco creava un certo apporto economico esterno, ma la chiamata alle armi riportò nei comuni migliaia di persone e, di conseguenza, disoccupazione. La crisi post-bellica vide esplodere, come nel resto del paese, i conflitti mezzadrili, mentre lo scioglimento delle Leghe bianche da parte del fascismo fece il resto. Favero individua nella nascita della Smv una risposta “politica” ai problemi economici e di disoccupazione sul territorio. Il consolidamento a livello locale del nuovo regime richiedeva una risposta al problema della disoccupazione che non fosse semplicemente repressiva: la soluzione fu individuata a livello politico nello sviluppo dell’industria locale, ostacolato in particolare dalla scarsità di capitali. È in quel contesto che divenne possibile nel 1924 l’insediamento a Bassano di una grande industria per la produzione di attrezzature e oggetti metallici smaltati, la Smv (o «le Smalterie», come veniva più spesso indicata l’azienda nel linguaggio quotidiano), fondata sul terreno retrostante la stazione ferroviaria dai Westen, imprenditori provenienti dall’area mitteleuropea che era appartenuta all’Impero Asburgico[13]. Dove, quindi, è possibile individuare una tipicità bassanese all’interno della tipicità veneta, in che cosa consiste questo “terzo veneto”? Analizzando lo sviluppo dei centri industriali che portarono a quello che oggi si definisce orgogliosamente il “Nord-Est” - si pensi a Schio e Valdagno, piuttosto che a Mestre e Marghera - risulta evidente che la crescita industriale è avvenuta all’interno del territorio cittadino, comportando una lunga serie di problemi amministrativi e gestionali spesso di difficile risoluzione. Così, ad esempio, la necessità di fornire in breve tempo infrastrutture e servizi, spesso trasformò radicalmente le aree cittadine senza un chiaro e predefinito piano di sviluppo[14]. Proprio in questo si evidenzia la diversità bassanese, ciò che la rende - almeno nelle letture finora date - un modello nel modello. Contrariamente agli altri centri industriali, Bassano vide un coinvolgimento delle frazioni e dei territori contigui nell’espansione economico industriale - complice un ritardo nell’approvazione di un Piano Regolatore - divenendo città di servizi e centro direzionale e salvaguardando in tal modo la sua natura originaria (fig.1). 

1Inaugurazionenegozio

1. Bassano “città di servizi”. Inaugurazione di un negozio in via Parolini, 1967. Le attività commerciali sono state una componente importantissima nell’economia bassanese. Favorite dalla posizione baricentrica della città nel Nord-Est, hanno offerto una risposta soddisfacente alla crescente richiesta di consumi della popolazione.

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