Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nell’Italia settentrionale, la maglia degli insediamenti urbani che si presenta attualmente a chi consulta una carta geografica ha una impronta romana ancora riconoscibilissima. Sono pochissimi gli odierni capoluoghi di provincia d’origine medievale: Alessandria, Ferrara, Cuneo, pochi altri. Il territorio veneto, tra tutti, è quello che più di altri ha subito alterazioni e modifiche profonde nel suo impianto urbano: nella crisi tardo-antica e nell’alto medioevo diversi municipia romani scompaiono o decadono (Aquileia, Concordia, Asolo, Este…); e soprattutto si costituiscono gli insediamenti lagunari e quello di Rialto in particolare (anche se Venezia non fece mai parte del territorio “veneto”).

Ma nella grande rivoluzione agraria, economica, sociale e politica che caratterizza il secondo millennio cristiano è un altro il fenomeno nuovo, originale, che caratterizza la storia degli insediamenti in questo territorio: un fenomeno presente anche in altre regioni dell’Italia centrosettentrionale, ma particolarmente incisivo ed evidente tra i corsi dell’Adige e della Livenza, che segnano a ovest e ad est il confine naturale della regione che chiamiamo Veneto. Nei territori delle quattro grandi città poste nell’alta pianura, si afferma infatti nei secoli X-XI e soprattutto XII una nutrita serie di centri semi-urbani o di «quasi città», come la storiografia recente le ha suggestivamente definite. Il fenomeno riguarda in particolare il territorio trevigiano, quello vicentino e quello padovano, perché Verona fa eccezione, potendo vantare nel proprio territorio solo Legnago, come centro minore di una certa consistenza, e Villafranca come fondazione “programmata dal comune cittadino”. Ma per quanto riguarda gli altri territori la lista è lunga e significativa: Lonigo, Marostica, Schio, Valdagno, Arzignano; Castelfranco, Asolo, Conegliano, Noale, Mestre, Serravalle (Vittorio Veneto), Oderzo…; e ancora Camposampiero, Montagnana, Este, Piove di Sacco, Cittadella… Anche Bassano – Bassano che in età romana e nell’alto medioevo non esiste, anche se i contributi degli archeologi pubblicati in questa sezione della Nuova storia di Bassano apportano molte novità – rientra in questa categoria. Ci rientra per la posizione eminente che la geografia le assegna e che le peculiari condizioni storiche che maturano nel XI-XII secolo consentono di mettere a frutto. Con l’affermazione della dinastia ottoniana, nel secolo X, infatti, il baricentro politico dell’ex impero carolingio si spostò da ovest a est, dall’attuale Francia all’attuale Germania; e il Brennero e il Resia sostituirono il Moncenisio e il Monginevro come collegamento tra le regioni transalpine dell’impero germanico e l’Italia.
Rispetto all’asta dell’Adige, la Valsugana – che se ne separava a Trento consentendo di evitare le chiuse dell’Adige – divenne così un asse stradale secondario e alternativo, ma importante; e per questo nacque Bassano, appena a valle delle chiuse del Brenta. L’aver collocato in questa sezione della Nuova storia di Bassano il saggio sul rapporto tra la «quasi città» e il suo fiume ha dunque un significato preciso.
Antichi autori altomedievali, come Isidoro di Siviglia, distinguono il diverso significato dei due vocaboli che in latino indicano un insediamento urbano: l’urbs è la città di pietra, la civitas la città dei viventi (anche se Bassano in realtà è un oppidum, un borgo fortificato, un castrum, una terra, secondo il ricco lessico che nelle fonti medievali indica i centri che non essendo sede vescovile non raggiungono la dignità urbana in senso pieno). Recuperiamo qui la duplice definizione per ricordare che in ambedue le prospettive la storia di Bassano ha una lunga continuità, dal XII secolo al XVIII e forse addirittura al XIX-XX, alla rivoluzione industriale. In questo senso, la separazione tra medioevo ed età moderna che la Nuova storia di Bassano mantiene ha un che di artificioso, che proietta su Bassano una periodizzazione (la scoperta dell’America, la riforma protestante...) che non la riguarda specificamente. Quanto meno le scelte fondamentali che compiono i Bassanesi del XII-XIII secolo lasciano una traccia profonda e incancellabile. È allora in effetti che si costruisce materialmente lo spazio urbano, definito dalle mura, attorno al castello e alla pieve, al fiume e al ponte. Ed è allora – con particolare evidenza dal 1175 – che emerge una società bassanese vivace e articolata, capace sempre di aspirare a una «difficile libertà» tra le potenti città vicine di Treviso, Vicenza, Padova, ma incapace sempre di realizzarla e di conseguirla appieno.
Sotto questo profilo, della dinamica sociale, c’è una continuità tra il periodo nel quale Bassano è controllata dalla dinastia dei da Romano, e i secoli successivi. Nel Duecento, potremmo dire che i da Romano crescono con Bassano, e grazie anche ai Bassanesi si affermano sullo scenario politico della Marca Trevigiana; ma è vero anche il contrario, che Bassano “cresce” con i da Romano e in particolare con Ezzelino III, il “tiranno”, e afferma la sua autorità sul modesto territorio, stretto tra il Brenta e le colline, che costituirà poi la sua podesteria. E non è un caso che certe famiglie, che troviamo presenti in Bassano nel Duecento, sono destinate poi a una lunghissima fortuna nei secoli successivi, nel succedersi delle diverse dominazioni politiche.
Nella storia politica di Bassano medievale, si rispecchia naturalmente la complicata vicenda dei comuni e delle signorie venete, nel lungo percorso che porta dall’età dei comuni alla “semplificazione” della carta geo-politica regionale e nazionale che constatiamo alla fine del Trecento e agli inizi del secolo successivo. È il comune di Padova che governa Bassano dagli anni Sessanta del Duecento al 1320, poi per vent’anni gli Scaligeri di Verona, poi di nuovo il comune e i signori di Padova fino al 1387; infine i Visconti di Milano, e dal 1404 Venezia. Quest’ultima – la data della spontanea dedizione alla città lagunare: una spontaneità che l’élite bassanese dei secoli successivi enfatizzò – è una data sicuramente importante. Tuttavia, a torto è stata percepita come uno spartiacque epocale. In realtà, la dialettica tra “centro” e “periferia”, tra capitale e territorio soggetto, tra autorità del signore di turno e tutela delle prerogative del comune di Bassano, era operante anche in precedenza. E se è incisiva, in Bassano, la signoria carrarese di Padova (si pensi all’escavazione del canale della Rosà, nei decenni centrali del Trecento), non è meno importante la dominazione viscontea, con le sue riforme statutarie.
La dominazione veneziana del Quattrocento mostra comunque delle dinamiche significative. Cessate le guerre, inizia un lungo e pressoché ininterrotto periodo di pace, e ha modo di dispiegarsi, in Bassano, una società aperta, ricettiva dei flussi migratori provenienti dalla Lombardia e dalle Alpi. Per gli immigrati intraprendenti, è possibile nel corso del Quattrocento far fortuna, anche inserendosi nel ceto dirigente cittadino e nelle istituzioni che danno prestigio e visibilità, come il consiglio del comune cittadino. In questo secolo infatti Bassano cresce demograficamente, ed è abbastanza dinamica sotto il profilo dell’economia: accanto alla tradizionale agricoltura (alimentata anche da investimenti di patrizi veneziani più abbondanti che non in altri luoghi delle province centro-occidentali della Terraferma), si sviluppa anche una manifattura piuttosto vivace, e ha con la capitale un rapporto se non preferenziale certo non appiattito su Vicenza o su Treviso: per certi versi, Bassano corona nel Quattrocento la sua “autonomia”.
Un cenno merita infine la storia religiosa ed ecclesiastica, che ricalca fedelmente la falsariga di quella “libertà condizionata” che è un po’ il filo rosso di tutta la vicenda di questa piccola città nel medioevo. Bassano non poteva sfuggire alla sua collocazione nella diocesi di Vicenza, sancita nel pieno medioevo e rimasta immutabile. Ma la vita delle istituzioni ecclesiastiche locali – la pieve, prima di tutto, e il convento francescano –, la presenza di ospedali, e ancora esperienze religiose di carattere eremitico che sorgono spontaneamente alla fine del medioevo, suggeriscono un’aura di autonomia, anche in questo campo.
Bassano non è appiattita sulle città vicine, pur risentendone gli influssi; ha sempre, nel Veneto medievale, una sua “speciale” fisionomia.

Gian Maria Varanini

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