Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nell’arco di tempo considerato, dal 1946 alla metà degli anni sessanta, gli esiti elettorali delle consultazioni comunali, analogamente a quelli delle elezioni provinciali, segnarono la costante maggioranza della Democrazia Cristiana, con percentuali che sempre oscillarono fra il 50 e il 60% dei suffragi[16]. Ma si deve sottolineare che questa classe dirigente, pur esprimendo, nel complesso, istanze moderate e ispirate ai valori del cattolicesimo, non fu contrassegnata – neppure nelle prime consultazioni – dalla prevalenza di esponenti cattolici dell’età liberale, giacché di ex popolari si può annoverare soltanto il professore Achille Marzarotto, poi costituente e deputato[17]. Analogamente, questo gruppo non fu un’accolita di notabili, né riesumava personaggi compromessi con il regime[18], ma comprendeva anche figure dai tratti nuovi, appunto formatisi nella Resistenza o di intima cultura antifascista. Basti ricordare Quirino Borin, espulso nel 1931 dal partito fascista perché aderente alla Gioventù cattolica e quindi nel ’44 aderente della Brigata “Italia Libera” con il nome di battaglia di Davis. Arrestato dall’Ufficio politico investigativo, retto dal tenente Alfredo Perillo, Borin era stato detenuto a Bassano e poi a Padova, da gennaio ad aprile 1945. Vi erano poi il latinista Federico Viscidi, compagno di prigionia di Borin durante la Resistenza, e Giovanni Bettiati, operaio ed ex resistente, membro del CLN della Smalteria, consigliere comunale e più volte assessore dal ’46 al 1964, fino a Bruno Etro, cofondatore del medesimo CLN aziendale[19]. Molti di loro – da Borin a Bettiati a Bortolo Zonta – avevano militato nel circolo di Gioventù cattolica “San Bassiano”, sciolto dal regime nel 1932, perché giudicato avverso al fascismo[20]. L’ingegnere Giovanni Bottecchia, subentrato a Cosma come sindaco di Bassano dal settembre 1946 fino alla fine della legislatura, quando fu sostituito da Borin, durante gli anni universitari era stato membro della FUCI di Padova e aveva frequentato il collegio gesuitico dell’Antonianum, che durante la Resistenza avrebbe dato rifugio a molti clandestini, salvandoli dai nazifascisti[21]. Senza schierarsi apertamente contro il regime né poi contro la Repubblica Sociale Italiana[22], ancora adolescente Bottecchia aveva espresso posizioni critiche verso il fascismo, sulla base del riferimento ai valori cattolici[23]. Non pochi, quindi, erano gli esponenti della DC bassanese formatisi in associazioni cattoliche che, durante il Ventennio, avevano coltivato germi di autonomia intellettuale rispetto alle istanze del regime. Né si può peraltro dimenticare che a Bassano, a fronte di un arciprete come Angelo Dalla Paola, incline ad assecondare le intromissioni del regime, monsignor Ferdinando Dal Maso, curato di Santa Maria in Colle, aveva sempre, coraggiosamente, espresso nelle prediche domenicali le proprie critiche al fascismo[24]. Sul piano generazionale, prevalevano gli esponenti della generazione cresciuta e formatasi durante il fascismo, con un’età media compresa fra i quaranta e i sessant’anni, mentre dal punto di vista sociale si registrava la presenza sia di esponenti del ceto medio e medio alto, sia di operai, selezionati e formatisi nelle organizzazioni sindacali “bianche” e nell’associazionismo cattolico[25]. Esigua, infine, la presenza femminile, anche se analoga alla media dell’epoca: soltanto tre donne sedettero in consiglio comunale, tutte elette nelle fila della DC. Erano Carmela Tua, insegnante, in consiglio soltanto nella prima legislatura, e Maria Prosdocimo Finco, imprenditrice e presidentessa del CIF di Bassano, formatasi nell’Azione cattolica, consigliere comunale dal ’46 al ’64[26], cui si aggiunse nel 1956, per una legislatura, l’insegnante Aniceta Cenere. Il profilo dell’opposizione, ridotta nei ranghi e sempre oscillante fra i sei e gli otto seggi, non presentava tratti molto differenti da quelli della maggioranza. Da un lato la componente più “radicale”, quella comunista, era minoritaria, mentre erano i partiti della sinistra più “moderata”, come il PSLI o il PSDI, oppure il PSI dopo la rottura con il PCI, a conseguire una più alta rappresentanza in consiglio comunale[27]. Se già il loro orizzonte politico li avvicinava, almeno in parte, ai colleghi democristiani, analoghe erano la provenienza sociale e la formazione culturale. Persino nel ’46, fra i sei consiglieri eletti dell’opposizione, la metà possedeva una laurea ed esercitava una libera professione, verosimilmente provenendo da famiglie del ceto medio. Erano Primo Silvestri, dottore commercialista, esponente del Partito d’Azione, poi passato al PSLI e quindi al PSDI; Lamberto Marzuoli, ingegnere e poi aderente al PSDI, l’avvocato Aldo Canilli, infine, del PSDI. Di questi, Silvestri era stato attivo nella Resistenza, come componente della brigata “Martiri del Grappa”, comandata dal comandante partigiano Primo Visentin (Masaccio), e alla vigilia della Liberazione aveva partecipato alle azioni di sabotaggio contro i tedeschi[28]. È stato osservato che, paradossalmente, gli operai erano più numerosi fra le fila della DC che dell’opposizione[29]: senz’ altro, per lo scarso successo elettorale del PCI, che comunque li candidava numerosi nelle proprie liste, e, all’inverso, per l’alto numero di consiglieri democristiani eletti. Ma ragione fondamentale era anche il radicamento di cui godeva la DC nel mondo del lavoro bassanese, attraverso le organizzazioni sociali e sindacali di ispirazione cattolica, dalle Acli alla Cisl. Un fattore che denota l’attitudine di questa classe politica ad operare attivamente nella sfera sociale ed economica, e che pure è sintomatica di un retroterra cattolico dalla forte impronta sociale, sensibile ai bisogni dei lavoratori, e dotato di capacità organizzative e di mediazione[30]. È senz’altro significativo che la corrente sindacale cristiana ottenesse un’alta rappresentanza nella Camera del Lavoro unitaria, tanto che, nel 1947, prima della scissione, era stato eletto segretario mandamentale della Camera del Lavoro l’aclista Luigi Ceresa, con 2.968 voti contro i 1.790 della corrente comunista e i 1.112 della corrente socialista[31]. Dopo l’attentato a Togliatti del 14 luglio 1948, e la conseguente scissione della CGIL[32], la Cisl mantenne un ampio consenso nelle elezioni sindacali interne agli opifici cittadini, e persino nella Smalteria, dove la componente comunista era maggioritaria, esercitò comunque un’influenza significativa, riuscendo sempre ad ottenere una risoluzione negoziale delle vertenze[33]. Il radicamento degli esponenti democristiani sia nelle organizzazioni cattoliche, cui comunisti, socialisti e socialdemocratici erano naturalmente estranei, sia nelle organizzazioni sindacali o comunque lavorative, come le ACLI, è probabilmente all’origine della maggiore continuità di carriera dei consiglieri comunali della maggioranza. Al contrario, assai più frequenti risultano l’avvicendamento e il ricambio degli eletti nelle liste della sinistra, per cui il numero di legislature che il medesimo esponente socialista o socialdemocratico ricopriva era mediamente inferiore: segno evidente di una presenza nel territorio meno radicata e stabile. Facevano eccezione poche figure, in primis Primo Silvestri, personaggio per altro di statura nazionale, ma assai legato al territorio in quanto presidente del Consorzio dei Tabacchicoltori, e che, sempre all’opposizione, rimase ininterrottamente in consiglio comunale fino al 1980[34]

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