Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Il discorso sulla complessiva evoluzione socio-economica della città e del suo territorio esula dagli obiettivi di questo contributo. Tuttavia, non sarebbe corretto concludere il ragionamento sul rapporto tra la città e il suo fiume senza toccare sinteticamente l’esistenza di un’infrastruttura in questo senso fondamentale, ovvero il porto fluviale. La Brenta ha rappresentato per Bassano non solo una risorsa in termini di approvvigionamento idrico, fonte di energia e materia prima industriale, ma anche come fondamentale asse di comunicazione. Gli statuti di Bassano del 1259, arricchiti da altri documenti coevi, rendono conto del traffico mercantile che già animava le strade del comune e che transitava per il suo ponte, nonché dello scivolare delle zattere formate da tronchi di legno che facevano capo all’embrionale porto già dislocato sul fiume, poco a sud del ponte medesimo. In questo modo, sulla via liquida che portava verso Padova e Venezia, venivano imbarcate soprattutto le merci pesanti: i vini, che allora erano un prodotto di esportazione tipico della zona, e le lane[58]. Senza alcun dubbio, la fluitazione del legname fu il primo motore dell’uso commerciale del fiume; i tipici zatteroni formati nella bassa Valsugana, dove venivano squadrate le essenze arboree che giungevano dall’Altipiano di Asiago, dal Primiero e dal Feltrino, giungevano regolarmente già nel XIII secolo per la via del Brenta fino in laguna[59]. La Brenta rappresentò così a lungo una strada del legno, con il terminal di Padova come principale capolinea, cui furono fortemente interessate prima la signoria carrarese, poi quella veneziana; quest’ultima fin da subito ben consapevole dell’importanza strategica per l’intero stato marciano del transito del legname sul fiume, sia come combustibile, sia come materiale edilizio[60]. Nel XV secolo era già perfettamente rodato un sistema che integrava il lavoro del taglio del legname sui monti con le vie organizzate per la discesa a valle dei tronchi, fossero queste ultime rappresentate da torrenti come il Cismon oppure da appostiti tratturi, come la straordinaria via lastricata della Calà del Sasso. A valle i tronchi, dopo essere passati per le segherie idrauliche del canale di Brenta, finivano nelle mani dei mercanti specializzati, degli “zattieri”, alla fine addirittura delle corporazioni padovane e veneziane[61]. Il mercato del legname fu tra tardo medioevo e XVI secolo un affare quasi esclusivo di un pugno di famiglie della bassa Valsugana vicentina (Valstagna, Oliero) e bassanese (Primolano, Carpanè, Solagna), non senza la presenza di imprenditori provenienti vuoi da altri centri ai piedi delle montagne, come Grigno o Fonzaso, vuoi addirittura da Padova e da Venezia. Con il passare del tempo, vi fu invece un progressivo spostamento degli operatori proprio verso Bassano, dove a partire dal secondo Cinquecento e poi ancora nel secolo successivo si trasferirono alcune importanti famiglie di mercanti-imprenditori, come Sartori, Perli, Gardellini, senza dubbio attirate in città dalla maggiore diversificazione delle opportunità economiche, nonché dalla comodità di vivere entro un ambiente urbano piccolo, ma vivace e ben collegato, luogo di fiera e di mercato[62]. Naturalmente le segherie continuarono a lavorare in Valsugana lungo tutto il corso dell’anno e non di rado a ciclo continuo, brentane permettendo; il loro numero notevole (26 erano le “melle” ossia le singole lame in funzione a inizio Settecento) garantiva una produzione di tutto rispetto. Il segno della loro importanza cruciale e della loro redditività è dato dalla presenza nella proprietà delle segherie di mercanti provenienti da aree più lontane e poi, a partire grosso modo dalla metà del Seicento, dalla penetrazione del grande capitale nobiliare veneziano, le varie famiglie Contarini, Venier, Cappello, cosa che permise un continuo rinnovamento e adattamento degli impianti e una maggiore integrazione con l’intera economia regionale[63]. Per ritornare a Bassano, l’indubbio sviluppo delle attività mercantili e industriali tra Medioevo e prima età moderna, la lana prima e la seta poi[64], stimolò la crescita delle attività portuali di stoccaggio e di spedizione lungo il fiume, che andarono strutturandosi attorno all’area dell’oggi scomparso Porto di Brenta, di cui esiste sicura attestazione già a fine Trecento[65]. Nel tratto della riva quasi a metà strada tra il Ponte e l’imbocco della roggia Rosà si apriva un largo varco dotato di approdo, come si vede benissimo in molte mappe e disegni d’epoca moderna[66](fig.16).

16-AnonimoG-Rolandi

16. Anonimo (G. Rolandi?), Veduta prospettica delle costruzioni lungo il Brenta con le roste di Ca’ Priuli e del Margnan, 1736-1737 (part.), Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Mappe, n. 15.
E’ bene evidenziata la porzione della città a sud del Ponte con il Porto di Brenta.

Il molo attrezzato era collegato al cuore stesso della città: un varco nelle antiche mura medievali immetteva in una strada in salita, una specie di scivolo ricavato lungo l’antico fossato delle mura meridionali che conduceva direttamente alla piazza principale di Bassano, dov’erano dislocate la maggior parte delle botteghe e dove si teneva il mercato. Dalla fine del Cinquecento questa via venne chiamata dei Portici lunghi (ex del Fossà = fossato), dato l’aspetto che aveva ormai assunto attorno alla metà dello stesso secolo[67]. Questo percorso venne lastricato e dotato di una porta monumentale, detta appunto di Brenta e che sostituì quella medievale detta appunto del Fossà, dal podestà veneziano Vittore Soranzo nel 1583 (fig.17).

17-PortaSoranza

17. Porta Soranza, in F. Chiupani, Iscrizioni bassanesi sacre e profane, s.d. (prima metà XVIII secolo), disegno a penna. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, 33.C.20, carta 48, n.76.
Il percorso tra la città e il Porto di Brenta venne lastricato e dotato di una porta  monumentale, dal podesta veneziano Vittore Soranzo nel 1583.

L’epigrafe che ricorda questo evento è ancora oggi murata, assieme ad alcuni stemmi, in un edificio sulla sinistra della strada (fig.18);

18-IscrizionePorticiLunghi

18. Iscrizione. Bassano del Grappa,  via dei Portici Lunghi.
L’iscrizione si trovava sulla porta Soranza è qui riposta dopo la sua demolizione.

la porta venne invece purtroppo demolita perché pericolante nel 1866[68]. La funzione del porto fluviale, certamente forse più di transito che di carico, visto che sulla Brenta e a Bassano faceva capo anche la strada regia della Valsugana, non fu mai trascurabile. Il trasporto verso nord per via fluviale era di fatto impossibile, date le caratteristiche del fiume. La via di terra verso Trento, invece, che passava per Bassano e per la dogana di Primolano era molto frequentata e non per le sole spedizioni dei mercanti bassanesi; inoltre almeno a partire dal XVII secolo si intensificarono anche i flussi di merce attraverso i sentieri che attraversavano le montagne, specie sull’altopiano di Asiago, allo scopo di evitare il pagamento del dazio in uscita[69]. Verso sud, nonostante l’ostacolo rappresentato dalle traversagne e dalle prese d’acqua delle rogge che acceleravano la corrente con rischio evidente per zattere e conduttori, il transito delle imbarcazioni rimase a lungo assai importante per il flusso commerciale, specie per i generi pesanti, tra cui anche i prodotti caseari dell’area. Negli anni Trenta dell’Ottocento è ancora documentato il trasporto su zattere di carbone dell’Altopiano e di terraglie di Nove addirittura fino a Venezia; all’epoca le zattere erano larghe tre metri e avevano una lunghezza minima di circa quattro metri e trenta[70]. Purtroppo, non siamo affatto documentati circa le dimensioni quantitative di questo traffico fluviale di merci tra Bassano e la pianura veneta nel corso del Medioevo e dell’età moderna, né si può nutrire grande ottimismo circa eventuali ricerche future: la mancanza di un vero terminal doganale, come invece nel caso dell’Adige a Verona, impedisce di avere a disposizione registrazioni e altra documentazione che ci forniscano un’immagine non meramente impressionistica di questa realtà socio-economica. In ogni caso, anche in questa direzione, l’indissolubile binomio fiume/città funzionò per lunghissimo tempo come elemento catalizzatore di tanti interessi e della vita di una moltitudine di generazioni.  

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