Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

La particolare conformazione del terreno e le sue caratteristiche idro-geologiche contribuirono, in stretta sinergia con le esigenze emergenti dalle attività umane, a strutturare nel tempo una particolare regolazione della Brenta, ottenuta soprattutto grazie a una serie di opere idrauliche di diversa importanza e natura. Rinviando al successivo paragrafo la storia dettagliata della costruzione del reticolo dei canali artificiali, prenderemo subito in esame le opere idrauliche realizzate fin dall’età medievale direttamente sul fiume, allo scopo precipuo di utilizzarne le acque. Tra queste, spiccano le opere di sistemazione necessarie per il funzionamento dei mulini, tenuto conto della pratica impossibilità di esporre le ruote d’acqua alla corrente diretta del fiume, almeno in questo tratto, soprattutto a causa delle notevoli variazioni nella sua portata. Non è infatti documentata nel tratto bassanese della Brenta l’esistenza di ruote idrauliche montate su natanti, presenti invece nel medio corso del fiume, con il loro caratteristico aspetto cilindrico e collocate tra due scafi agganciati (chiamati in veneto arca, che ospitava le macine, e sandon)[11]. La ruota chiaramente rappresentata in una nota veduta realizzata da Roberto Roberti nel 1810 (fig.2)

2-RobertoRoberti

2. Roberto Roberti, Il ponte di Bassano, 1810. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio.
L’immagine del ponte del Roberti costituisce una delle icone della città. Si segnalano gli edifici dell’ex Porto di Brenta.

e ospitata sopra una imbarcazione collegata a un grande edificio poco a valle del Ponte, non è un mulino vero e proprio[12](figg.3-4).

3-4-RobertoRoberti

3. Roberto Roberti, Il ponte di Bassano, 1810. (part.) Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio.
Ruote idrauliche tra due scafi agganciati (chiamati in veneto arca).

4. Edifici nel lato nord dell’ex Porto di Brenta, situazione attuale.
Analoga appare la situazione attuale, se pur con destinazione modificata.

Essa serviva invece soltanto a sollevare l’acqua per alimentare una condotta esterna. Una prima autorizzazione in questo senso venne ottenuta nel 1666 dal nobile Giuseppe Bonfadini, allo scopo di far girare un suo mulino da seta collocato in un edificio confinante a sud con il Porto di Brenta[13]. Un’altra ruota di sollevamento in mezzo al fiume, montata su sandoni, venne approntata nel 1789 da Francesco Chemin per far funzionare due suoi filatoi posti ai lati della testa del ponte sulla sponda sinistra, dove ora si trovano anche i locali della Nardini.
Le sue pale a cassetta alimentavano una breve roggia che scorreva da sud a nord, dunque con il verso della corrente che andava in direzione opposta a quella del fiume medesimo, al quale infine ritornava[14]. Non era comunque questo il modo consueto di sfruttare l’energia idraulica nel tratto bassanese del corso della Brenta, anche se nulla impediva l’apprestamento di meccanismi di questo tipo, qualora se ne ravvisasse la necessità; piuttosto era molto più frequente lo sfruttamento diretto della forza della corrente, incanalandola in modo il più possibile regolare grazie al sistema delle cosiddette roste (palizzate)[15]. Le roste erano formate da lunghe teorie di pali conficcati nel letto stesso del fiume, ben connessi fra loro al fine di costituire una specie di diga. Le roste propriamente dette erano erette perpendicolarmente al corso della Brenta e avevano il duplice scopo di deviare la corrente in direzione delle rive (dove l’acqua poteva essere captate tramite una seriola oppure utilizzate direttamente in alveo), nonché di aumentarne la velocità.
Erano più alte del pelo dell’acqua e dotate circa a metà di un’apertura chiamata bocchiero per dare sfogo alla corrente al centro del fiume che altrimenti avrebbe rischiato di trascinare via l’intera opera. Un particolare tipo di rosta era la cosiddetta traversagna (ma i due termini vennero molto spesso usati come sinonimi), una palizzata sempre perpendicolare al fiume completamente sommersa o al massimo a pelo d’acqua perché aveva unicamente la funzione di “sostenere” la corrente; per il fatto di non avere sbocchi doveva essere particolarmente robusta[16]. Le longagne (anch’esse molto spesso chiamate genericamente roste), che il più delle volte si dipartivano da una o da entrambe le teste di una traversagna, erano invece delle palizzate erette quasi parallelamente a una delle rive che finivano per circoscrivere una sorta di vero e proprio canale all’interno dell’alveo stesso del fiume. Le fonti iconografiche sono abbondanti e a volte assai precise nell’illustrazione dei vari tipi di rosta, elemento direi tipico di questo tratto della Brenta. E’ il caso, ed esempio, di una pianta della città di Bassano realizzata negli anni sessanta del Settecento, dove sono chiaramente schematizzati tre sistemi completi di deviazione della corrente, uno a nord e due a sud del Ponte[17](fig.5).

5-PiantaDellaCittadiBassano

5. Pianta della città di Bassano, 1760-1767 (part.). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio,  Mappe, ingr. 107.775.
Il particolare evidenzia una grande rosta, la lunga teoria di pali conficcati nel letto del fiume e una diga che incanala l’acqua per lo sfruttamento della forza della corrente.

Molto chiara è anche l’illustrazione schematica di questi ultimi in una mappa di molto precedente, risalente al 1557[18]. Un’immagine quasi fotografica della realtà viene invece offerta da alcune incisioni ottocentesche, fra cui un ottimo colpo d’occhio dell’inglese William French (1851-1898) (fig.6)

6-HansLauterBach

6. Hans Lauterbach - William French, Mulini sul Brenta e Castello di Bassano, seconda metà del XIX secolo, acquaforte. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Inc. Bass. 3577.
Piacevole veduta dei mulini dal fiume con un taglio spaziale interessante ed una resa atmosferica sofisticata.

sulle palificate che deviavano la corrente verso le due sponde a monte del Ponte e il preciso disegno della grande rosta, subito a valle del Ponte, di mano del toscano Francesco Corsi[19](fig.7).

7-FrancescoCorsi

7. Francesco Corsi, Il Ponte Vecchio, 1845 ca, acquaforte. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio,  Inc. Bass. 3578.
Sullo schema canonico della veduta del Ponte, Corsi aggiunge alla veduta di Chevalier del 1828, il disegno della rosta in primo piano.

Numerose sono mappe e disegni, infine, che mostrano l’importante imbocco dell’antica roggia Rosà, da sempre preceduto da un complesso sistema di palificate che finivano per frammentare il letto del fiume quasi in un rivolo di canali separati[20]. Normalmente, la palizzata della longagna lasciava posto, nei pressi del mulino, a un’opera in muratura (murazzo) capace di garantire una maggiore robustezza, anche in relazione alla necessità di fissare i perni per gli assi delle ruote idrauliche. Queste ultime formavano di solito delle batterie, con la ruota più avanzata rispetto al verso della corrente posta dal lato più prossimo alla riva[21](fig.8).

8-AnonimoGRolandi

8. Anonimo (G. Rolandi?), Veduta prospettica delle costruzioni lungo il Brenta con le roste di Ca’ Priuli e del Margnan, 1737-1767, disegno a penna e acquarellato. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Mappe, n. 15.
La mappa documenta i mulini a nord del Ponte palladiano.

Come nel caso dei mulini collocati sulle rogge, un sistema di minori barriere lignee e di paratoie mobili consentiva di regolare il flusso sotto le ruote, con la possibilità di far defluire l’acqua in eccedenza di nuovo dentro il fiume. Sia le mappe dei periti veneziani dei Provveditori sopra i beni inculti, la magistratura istituita in via definitiva nel 1556 e che rilasciava le concessioni d’uso delle acque[22], sia altre fonti iconografiche mostrano con chiarezza il funzionamento di questo sistema, come nel caso della ben nota veduta realizzata nel 1583 dai Da Ponte, dove sono ben identificabili subito a nord del ponte e nella parte più lontana, verso sud, due batterie rispettivamente di sei e di quattro ruote idrauliche di questo genere[23](fig.9).

9-FrancescoLeandroDaPonte

9. Francesco e Leandro Dal Ponte, Pianta della città di Bassano (1583-1610) (part.). Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Mappe, n. 10.
Il particolare della mappa dalpontiana evidenzia a nord del Ponte un’opera in muratura (murazzo), alla quale erano ancorati i perni per gli assi delle ruote idrauliche.

Molto spesso le traversagne, come si è osservato, erano utilizzate per imboccare l’acqua verso i canali artificiali, come è ben evidente in tutte le illustrazioni della roggia Rosà (fig.10),

10-GiovanniMiazzi
 

che si stacca dal Brenta sulla sinistra idrografica, poco sotto la città di Bassano. Anche in questi casi il deflusso verso l’esterno delle acque era regolato da seriole a regolazione manuale che consentivano di aumentare o diminuire la portata, almeno entro certi limiti. A quanto pare, le palificate avevano lungo il corso del fiume anche la funzione di preservare gli argini dall’eccessiva erosione, favorendo la formazione di zone di golena, specie dove già si era formata un’ansa, come nel caso del tratto di fiume sulla riva destra, poco dopo Marchesane, e che precedeva l’imbocco della roggia Contessa, detta anche Moceniga[24]. Rinforzi con pietre riportate (masiere) spesso irrobustivano e affiancavano le palizzate, specie nel caso non infrequente in cui queste diventavano di fatto il tratto iniziale dell’argine della roggia che correva prossima al fiume[25](fig.11).

11-GiovanniMiazzi-

11. Giovanni Miazzi, Imbocco dell’antica rosta Rosà, 1790, disegno a penna e acquarellato. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Mappe, n. 24.
Ad opera dell’architetto bassanese un’altra veduta della rosta.

Questo sito usa cookies per il proprio funzionamento (leggi qui...)