Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nel suo lungo viaggio naturalistico in Italia del 1811-1812, Giambattista Brocchi aveva portato con sé un giovane concittadino, anch’egli appassionato di scienze naturali e in particolar modo di botanica. Si trattava di Alberto Parolini (fig.13).

13FrancescoRoberti

13. Francesco Roberti, Domenico Conte, Ritratto di Alberto Parolini. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca. Botanico di rilievo nella cultura scientifica nazionale dell’Ottocento, la sua formazione avvenne più che nell’ambito accademico, per frequentazioni in patria, a Pavia e poi a Venezia.

Questi era nato a Bassano nel 1788 entro una famiglia della nobiltà bassanese, proprietaria di molti terreni, tra cui due che resteranno legati indissolubilmente all’opera dello scienziato: la proprietà su cui sorse l’orto botanico e che oggi sopravvive in parte nel giardino Parolini, e un possedimento ad Oliero, dove il naturalista esplorerà il sistema di grotte a ridosso del corso del Brenta. Il giovane era cresciuto in un ambiente agiato economicamente e stimolato dalle frequentazioni intellettuali del salotto di casa, dove deve aver avuto modo di entrare in contatto con la parte più vivace del mondo culturale cittadino. All’età di diciassette anni Parolini iniziò a frequentare lezioni di botanica nella città del Santo. Padova, tuttavia, funzionava, come per Brocchi, più come luogo di raccolta e di dibattito tra giovani intellettuali lì attratti dalle istituzioni universitarie che non per la frequentazione dei corsi universitari stessi. Sono gli incontri, più che l’accademia, le relazioni d’amicizia, più che i docenti, lo scambio gratuito di passioni, informazioni, libri, ad essere decisivi nella formazione di questa generazione di ricercatori. La lettura di un libretto del giovane Brocchi sulle piante ornamentali (1796), la presenza nel territorio bassanese di alcuni botanici come Gaspare de Sternberg, la nascita proprio in quei decenni nel territorio di collezioni naturalistiche, influirono concretamente sulla dilezione del Parolini per la storia naturale. Da Padova, forse troppo “distraente”, Parolini si trasferì in un altro contesto accademico, non meno vitale, quello dell’Ateneo di Pavia, dove il bassanese ebbe modo di stringere legami con il geologo Scipione Breislak, ma neppure questo trasferimento servirà a concentrare l’attenzione sul conferimento del titolo universitario. A Parolini, esattamente come al suo maestro, non riuscì in effetti di completare un curriculum studiorum tradizionale. Sarà il suddetto viaggio con Brocchi del ’10-’11, piuttosto, a dare al giovane bassanese una formazione teorica e sul campo di grande rilievo: un esperienza concreta e vivissima, durata poco meno di un anno nel quale i due percorsero l’intera penisola moltiplicando esponenzialmente contatti e scambi. I frutti di questo viaggio verranno fatti oggetto di un lavoro di analisi e di riordino che farà da base alla strutturazione delle sue successive collezioni. Negli anni immediatamente successivi Parolini ebbe modo di frequentare l’ambiente veneziano, dove strinse amicizia con un più giovane ma agguerrito botanico inglese di formazione oxoniense, Philip Berker Webb, che negli anni successivi diverrà la figura di riferimento dell’attività scientifica del naturalista bassanese. Parolini, anche su suggestione di questo giovane esploratore e botanico, tra il 1816 e il 1817 compì alcuni viaggi in Europa, prima in Germania e Olanda, poi in Francia e in Inghilterra, che in qualche modo completarono il percorso formativo dello studioso. Di ritorno da oltremanica Parolini conferì la forma definitiva al suo orto botanico (fig.14),

14Steffaneo

14. Steffaneo, Pianta del Giardino Parolini (1834), disegno acquarellato. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Bassano del Grappa, Collezione privata. Di ritorno da un viaggio di studio in Europa, Parolini conferì nel 1818 la forma definitiva al suo orto botanico, la più importante collezione botanica dell’epoca fuori dal circuito universitario, una realtà che assunse ben presto una notorietà internazionale.

una realtà che assunse ben presto una notorietà internazionale, essendo la più importante collezione botanica all’epoca fuori dal circuito universitario, pensato come un ibrido tra un classico orto finalizzato all’esposizione ordinata delle specie e il giardino inglese. Nel 1819 Parolini partì insieme al Webb per un lungo viaggio attraverso il Mediterraneo che lo condurrà in Grecia, nell’Asia Minore, a Malta, in Sicilia; le esplorazioni dei due naturalisti saranno in molti casi le prime indagini botaniche moderne su quei territori. Si trattò di un lavoro di raccolta e di osservazione immenso, che avrebbe avuto bisogno in seguito, una volta fatto ritorno in patria, di una lunga fase di sistemazione, catalogazione e studio. Qualcosa che Parolini fece solo in parte, attratto piuttosto dalle continue escursioni naturalistiche per l’Italia, interessato più alla collezione che all’analisi. Questo approccio, frutto di una concezione della scienza non accademica, è la causa della tutto sommato contenuta fama di questo importante naturalista bassanese nell’ambito degli studi di botanica, un approccio che gli precluse in diverse occasioni di legare il proprio nome alle scoperte che effettivamente fece, ma che avevano bisogno di essere certificate tramite studi comparativi. La sua dimensione di studioso appartato, la sua collocazione politica di nobile ultralealista nei confronti dell’Austria - a differenza del suo maestro Brocchi - accentuarono negli anni maturi della sua esistenza una certa diffidenza verso il mondo intellettuale che fermentava a contatto con le idee rivoluzionarie e patriottiche, alienandosi il favore della città già in vita (e che si concretizzerà, alla sua morte, nel sostanziale oblio del suo nome e del suo lavoro), nonostante la sua attività di naturalista e collezionista godesse, di contro all’esiguità delle sue pubblicazioni scientifiche, di un vasto reticolato di rapporti epistolari con le personalità più vivaci del panorama intellettuale italiano, e di fatto fosse riuscito ad attrarre l’interesse e la stima di una personalità del calibro di Alexander von Humboldt. Morto nel 1867, poco dopo l’annessione del Veneto all’Italia, Parolini in qualche modo chiude la stagione intellettuale più vivace della cittadina veneta, una vicenda segnata da singole personalità brillanti e capaci, caratterizzate - non sembra un caso - da una formazione policentrica e non convenzionale, dalla dimensione vettoriale che ne spingeva gli itinerari scientifici e letterari dalla cittadina sul Brenta - che si scopriva crocevia, nei suoi salotti, di libri e di intellettuali - ai grandi centri italiani ed europei.

Questo sito usa cookies per il proprio funzionamento (leggi qui...)