Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Se Vittorelli è l’uomo della continuità della tradizione culturale settecentesca, e, come vedremo, Giambattista Brocchi sarà l’espressione più acuta e innovativa dell’intellettualità bassanese l’indomani del tramonto della storia veneziana, Bartolomeo Gamba (fig.6)

6FrancescoRoberti

6. Francesco Roberti, Domenico Conte, Ritratto di Bartolomeo Gamba, acquaforte, 1853. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Ritratti bassanesi, 45.5. 91 V. Gamba, autodidatta, da Direttore della Stamperia Remondini divenne nel 1811 Ispettore generale delle stampe dell’Adriatico e regio censore durante gli anni della dominazione napoleonica  e poi capocensore per il governo austriaco.

può essere letto, più ancora del Verci, come il “prodotto” culturale maggiormente coerente col mondo ruotante attorno alla Remondiniana. Nato nel 1766 da una famiglia della piccola borghesia mercantile - il padre era un pizzicagnolo dedito di quando in quando alla poesia bernesca - entrò fin da ragazzo come garzone nella ditta gestita allora da Giuseppe Remondini, facendosi rapidamente strada e conquistando la stima del suo datore di lavoro. La formazione sostanzialmente autodidatta che si diede Bartolomeo fu diretta espressione di questo suo stare in mezzo ai libri per lavoro, di questo vagheggiare il mondo descritto dai mercanti tesini, che faceva di Bassano una patria amata ma stretta. Già dai primi anni ’90 i suoi incarichi per la ditta, che lo vedevano spesso in viaggio, erano di primo piano, e il Gamba si preparava a divenire all’alba del secolo nuovo un bibliografo di grande rilevanza - una figura professionale a metà strada tra un libraio e un letterato, che emergeva come necessitata dalla particolare febbre editoriale del mercato librario europeo, per un verso esponenzialmente incrementato dal fiorire di nuovi centri editoriali e di nuove tecniche, per un altro a causa delle soppressioni conventuali napoleoniche che mettevano in circolazione nel mercato antiquario vaste e antiche biblioteche. Per anni l’attività svolta da Gamba per i Remondini fu, se la leggiamo a posteriori, un vero e proprio addestramento per quanto dovrà svolgere nei suoi incarichi successivi di censore e bibliotecario. Gamba, che si percepiva un mestierante delle lettere, non un vero e proprio letterato, continuò a lavorare per i Remondini raccogliendo una vastissima biblioteca - purtroppo ben presto venduta sul mercato inglese - e contribuendo a far giungere nella Bassano a cavallo dei due secoli un gran numero di libri di pregio. Questa situazione perdurò sostanzialmente invariata fino al 1811, quando, per i dissidi familiari che avevano colpito la ditta, ma soprattutto per le vicende politico-economiche, legate alla fase napoleonica, che avevano spostato il centro dell’editoria nord-italiana da Venezia a Milano, i Remondini, immersi in una crisi senza precedenti che, iniziata da un decennio, andava allora rapidamente aggravandosi, decisero di interrompere il contratto più che trentennale con il loro principale collaboratore. Il Gamba, rimasto privo di impiego, ma divenuto già da tempo una figura pubblica, inserita - per un suo radicato interesse per l’educazione - dentro la commissione per le scuole normali di Bassano, riuscì presto, tramite i contatti milanesi coltivati nel tardo periodo remondiniano, ad avvicinare molte figure già inserite nella nuova amministrazione del Regno d’Italia che gli consentirono di mostrare le sue qualità come bibliotecario del viceré Eugenio Beauharnais. Questo periodo proietterà il bibliografo bassanese ad un incarico di grande responsabilità, quello di Ispettore generale delle stampe dell’Adriatico e regio censore, nel 1811. Dello svolgimento di questo incarico durante i tre anni rimanenti della dominazione napoleonica si conservano sfortunatamente poche informazioni. Sembra comunque chiaro che Gamba, uomo pragmatico e per nulla propenso alla politica, non abbia assunto in questo periodo posizioni troppo nette e abbia svolto il suo incarico come un funzionario sostanzialmente corretto. Questo deve essere il motivo per cui, al cambio di regime, nonostante iniziali perplessità attorno al suo nome, nonostante il fatto che avesse ripreso l’attività di editore nella tipografia di Alvisopoli, Gamba venne riconfermato ad un incarico così importante e delicato. Negli anni del suo impegno come capocensore per il governo austriaco, iniziato a seguito dell’istituzione del Dipartimento di Censura per le province venete l’8 marzo 1815, Gamba dimostrò appieno le proprie doti di bibliografo. Non si trattava di un impiego molto remunerativo, se si tiene conto che un cancellista prendeva 700 fiorini annui, un inserviente 300 e Gamba 500. L’incarico era di sovraintendere il lavoro generale dei censori, e di dedicarsi in special modo alle opere di carattere politico e scientifico. In realtà l’opera censoria era fortemente regolamentata dal Piano generale predisposto dal governo viennese e dal controllo costante da esso esercitato. Agli incaricati come Gamba restava assai poca libertà d’azione. Per tal motivo, nel periodo in cui il bassanese sovraintendeva all’attività censoria non se ne può individuare una precisa “politica culturale”, dato che nessun censore aveva l’ardire né i mezzi per articolarne una. Però si può registrare come sotto l’egida di Gamba una serie di classici italiani potesse continuare a circolare senza problemi, dalla Commedia dantesca al Canzoniere di Petrarca, dal Decamerone di Boccaccio all’Orlando furioso dell’Ariosto e alla Gerusalemme liberata di Tasso, fino ai Promessi sposi. Diversa sorte avevano ottenuto invece gli scritti di Alfieri e Foscolo, messi all’indice. La carica censoria durò fino al 1824, quando Gamba incappò in un incidente politico con l’autorità austriaca. Egli aveva infatti autorizzato la pubblicazione il Florilegio per le nobili nozze di Francesco Concini con Camilla Adelaide Malanotti, in cui era presente una lettera dedicatoria di Giovanni Maria Contarini il quale, accusato di peculato, cercava in quella sede di riscattare la propria onorabilità usando toni piuttosto sarcastici nei confronti del governo austriaco. Questo episodio in realtà funzionava da pretesto per allontanare Gamba da quell’incarico. Infatti non era la prima volta che venivano dati alle stampe testi che non erano perfettamente coincidenti con la prospettiva del potere esistente: un certo tasso di tolleranza era comunque consentito. Ma con il restringimento delle libertà successivo ai moti del 1820-1821, l’incarico di capocensore non poteva più convincentemente essere svolto da un erudita privo di un preciso taglio “politico”, come era il Gamba. E in effetti il suo successore alla carica sarà un funzionario di polizia. L’allontanamento dal gabinetto di censura tuttavia non significò per il bassanese un totale scredito da parte del governo. Gamba infatti era comunque riconosciuto come un buon funzionario, e le sue doti, su richiesta esplicita del bassanese, vennero fatte semplicemente fruttare in un altro contesto, quello non meno prestigioso della biblioteca Marciana, in cui cominciò a lavorare come bibliotecario. Qui Gamba potrà dedicarsi pienamente ai suoi studi, in una fase della vita della biblioteca in cui le competenze bibliografica dell’erudita bassanese tornarono utili di fronte alla necessità di disporre di sistemi di catalogazione secondo la nuova Istruzione intorno alle R.R. Biblioteche delle Università e dei Licei promulgata dal governo austriaco nel 1835. Gamba, molto versato nella letteratura italiana, non aveva però una formazione classica, non conosceva il greco e assai male praticava il latino, non aveva nozioni di numismatica: tutti motivi che attiravano su di lui le perplessità di un mondo che ambiva a che alla Marciana operassero figure dal taglio culturale molto tradizionale. Tuttavia Gamba si dimostrò in questo caso uno zelante lavoratore, nell’edizione di testi, nella catalogazione di opuscoli miscellanei, di incunaboli, e in particolare della serie de’ testi di lingua, il lavoro che gli diede più fama, e che aveva intrapreso ancora in età napoleonica.

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