Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Si è scritto, nella più recente storia di Vicenza, di «impietoso smantellamento del territorio vicentino» parallelo alla crisi politica che investì quel comune nel corso del Duecento[176]. Si è insistito d’altra parte, nella stessa sede e in altre, sul Trecento come secolo decisivo per la costruzione e l’organizzazione di un contado vicentino[177]. In realtà, ad entrambi i discorsi Bassano con la sua storia sembra dare un modesto fondamento, perché andrebbe evidenziato e spiegato meglio il fatto che nel basso medioevo essa rimase sempre una costola separata da un contado mai pienamente costruito. Sulla base di questi risultati e di queste affermazioni, si può tentare di allargare il campo. L’analisi di una situazione specifica – questa Bassano nuovo centro medievale di frontiera, mai definitivamente “omologato” da Vicenza e sorprendentemente capace di tutelare le sue prerogative anche di fronte a Padova, in un sistema di sovranità cittadina e di definizione territoriale dello stato che è pure sembrato «uno dei meglio riusciti del Veneto e dell’Italia comunale» – può offrire infatti lo spunto anche per una considerazione d’ordine più generale. La ricerca sull’organizzazione dello stato comunale e signorile in Italia ha avuto ed ha giustamente presenti problemi e aspetti (creazione di una rete più o meno robusta e ordinata di podesterie, sopravvivenza o meno di giurisdizioni signorili, superamento delle linee di frattura interne ecclesiastiche e civili, sviluppo più o meno uniforme di un inquadramento fiscale, etc.) senza dubbio importanti d’una complessa evoluzione generale[178]. Ma forse essa dovrebbe prevedere maggior spazio anche per un tipo d’analisi che per il Veneto e per l’epoca anteriore alla conquista veneziana della terraferma è in gran parte da fare e sta rivelandosi feconda di risultati anche per altre regioni: cioè quella della consistenza, della forza e dell’effettivo tasso di autono­mia dei corpi territoriali comunitari, specie se espressione di forze sociali significative e di lunghi e vivaci processi di autodefinizione. In effetti, a uno sguardo complessivo esteso a tutta la Marca Trevigiana, non si vede infatti quale altro centro semiurbano non coincidente con una sede vescovile, quale altra “quasi-città” - per riprendere la fortunata espressione coniata recentemente da Giorgio Chittolini - abbia costituito in età comunale un analogo elemento di disturbo nel farsi di quella cifra provinciale dell’esistere calibrata sui maggiori comuni urbani che connota sul lungo periodo gran parte della storia veneta e, più in generale, padana. Escludendo l’ambito veronese, dove il comune dominante poteva vantare una insolitamente salda tradizione di supremazia territoriale sia nella sfera civile sia in quella religiosa, non sembra certo questo il caso di quel pugno di terre grosse o murade o di «castelli boni, nobili et honoradi» o di quegli «oppida opulentissima» della rimanente Terraferma veneta di cui nella prima età moderna si magnificavano ampiezza di circuito, abbondanza e varietà di dimore, densità di popolazione, prosperità economica (penso a Lonigo, Monta­gnana, Marostica, Castelfranco, Noale, Oderzo, ma anche a Monselice, che pure in una isolata attestazione del 1050 appare gratificata di quella qualifica di civitas che per gran parte del medioevo fu - com’è noto - parsimoniosamente riservata alle sole sedi episcopali). Penso anche ad antichi centri decaduti e in qualche modo risorti, quali Este o Asolo, che ancora nei Sei e Settecento sollecitarono, più per coscienza antiquaria e risorgenti vanità municipalistiche che per reale vigore, riconoscimenti di “cattedralità” o titolazioni di “città” presso le autorità veneziane. In tutti questi casi, a ben vedere, già nel corso dell’età comunale si vennero stabilendo troppo forti e troppo durevoli vincoli di soggezione o da Vicenza o da Padova o da Treviso e, col precoce disciplinamento entro compagini territoriali più vaste, si ebbe anche una rapida evoluzione dei rispettivi comuni verso forme di autonomia essenzial­mente amministrativa e non politica. Bassano ha qualcosa “in più”, e le premesse vere di questo qualcosa stanno nella sua storia di XII e XIII secolo. 

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