La guerra di Cambrai (1508-1518) arrecò notevoli guasti a Bassano. Alcuni poli - il palazzo Pretorio, la loggia sulla piazza, i locali del Fontico dei Grani e del Monte di Pietà - furono danneggiati e andò bruciato il ponte sul Brenta. Ma la ripresa fu abbastanza rapida e lungo l’epoca moderna il vigoroso incremento delle manifatture e dei commerci bassanesi e il tendenziale aumento della popolazione - nonostante il ricorrere delle pestilenze e di quella del 1631 in particolare - supportarono una crescita urbana e di insediamento nel territorio di notevole consistenza[46]. Di tale slancio si annotano qui soltanto alcuni caratteri, rinviando in questa Storia ai contributi specialistici per quanto attiene alla vicenda architettonica e artistica delle singole strutture. Non scartando dalla traccia già precedentemente segnata, il processo di urbanizzazione si accelerò nell’ultimo quarto del XV e, in maniera vistosa, nel corso del XVI secolo. In questo arco temporale e a più largo orizzonte si diffusero anche intorno a Bassano le ville di residenza extraurbana che, sotto il profilo territoriale, punteggiarono la campagna e la fascia periurbana di rinnovati centri di attrazione, di rilievo anche economico. Dicendone una soltanto, si distingue nella vicina zona di Angarano la villa, adesso Bianchi Michiel, che verso il 1548 Andrea Palladio progettò per il nobile vicentino Giacomo Angarano, assai legato a Bassano (fig.14).
Lungo gli assi stradali della città si infittirono gli edifici molti dei quali, di proprietà mercantile, insieme fondaco e abitazione, risultano dalla ricomposizione di minori nuclei prima autonomi, come si verifica nel palazzo già Sartori - Moritsch sulla via Zaccaria Bricito (nn. 20-24). Si osserva, inoltre, che gli eventuali giardini o frutteti dalla parte dei cortili interni furono ricavati più facilmente nei lotti di maggiore ampiezza che si trovavano fra la prima e la seconda cerchia delle mura come, per esempio, dietro il palazzo Roberti e la casa oggi Brunetti, in via Da Ponte già di Rigorba[47]. La pace, dopo la guerra di Cambrai, durò a Bassano (di fatto) fino al 1796. In condizioni di maggiore sicurezza si espansero sulla sponda del fiume i laboratori delle manifatture di ogni genere a più intenso consumo d’acqua, spesso attivati dall’energia dei molini. Era questa zona una delle radici più robuste della fortuna produttiva della città e fu perciò precocemente regolata lungo le cerniere di discesa dal borgo del Margnano alla riva e dal cuore urbano al porto di Brenta per la via dei Portici Lunghi. Il fiume costituiva l’arteria del traffico pesante, di livello transregionale, e da esso, in riva sinistra, intorno al 1370 era stata derivata la roggia Rosà che attraverso i suoi rami consentiva l’irrigazione della campagna e, quel che non meno conta, la penetrazione nell’entroterra bassanese di merci fluitate, più o meno legalmente. L’ambizione di aprire nuove comunicazioni sulla lunga distanza suggerì nel 1451-1452, con qualche eco fino al 1457, l’idea di rendere navigabile la roggia Rosà che, prolungata e ampliata e confluendo non sai dove, avrebbe più rapidamente collegato Bassano con Venezia. Il progetto, pur originale, rimase allo stadio di mera ipotesi per mancanza del denaro che sarebbe servito[48]. La distribuzione degli insediamenti di ogni genere all’interno del centro storico - mancando ufficialmente una nobiltà bassanese fino al 1760 - non separò mai di troppo le parti dell’abitato.