L’aspetto di Bassano è ancor oggi segnato dalle trasformazioni indotte nel Settecento e nei primi dell’Ottocento che – per aggiunta o sottrazione di architetture, di luoghi e di funzioni – improntarono Bassano in modo strutturale. La fase settecentesca, fino al 1796 e alla caduta di Venezia l’anno dopo, fu rigogliosa. Già nella prima metà del secolo vennero istituite le chiese della Vergine del Caravaggio a sud ovest del palazzo Brocchi, della Madonna del Patrocinio sull’entrata del Palazzo Pretorio, del Redentore in contrada Campomarzo: nel 1710, 1722 e 1726, rispettivamente. La sede del Consiglio Comunale si trasferì nel 1726 dal Palazzo Pretorio all’attuale Municipio (fig.19)
costruito nei circa tre decenni avanti – che, saldandosi con la loggia sulla piazza, formava il più vasto comparto della gestione amministrativa della città (non politica, riservata al podestà). Il rinnovo edilizio fu favorito dall’ancor buona tenuta dell’economia locale – e, di riflesso, dalla sua finanza comunale – e dalla capacità della classe dirigente che attraverso la partecipazione al Consiglio Comunale, ristretta nel 1589 e più nettamente nel 1726, arrivò a nobilitarsi per riconoscimento di Venezia nel 1760. Lo sviluppo si giovò altresì della presenza di Bartolomeo Ferracina, che rifabbricò il ponte sul Brenta nel 1750-1751 (fig.20),
di Giovanni Miazzi e Antonio Gaidon che compongono la triade dei più valenti progettisti bassanesi d’epoca. I due ultimi – entrambi anche agrimensori e quindi periti pubblici al servizio della città, subentrando il Gaidon all’ormai anziano collega nel 1776 – partecipavano di una rinnovata cultura architettonica che da Castelfranco e Treviso trovava adempimento pure a Bassano, attraverso il loro operato. Insieme con gli specifici progetti, di cui più avanti si dice, essi caratterizzarono la città con una serie di realizzazioni. Miazzi, con le sue chiese (di San Giovanni, di Santa Chiara, della Misericordia, dell’odierno Istituto Pirani), rinnovò il circuito del culto. Gaidon marcò il centro storico e le sue adiacenze di uno stile di misura e di adeguamento alla funzione, applicato alla residenza, agli opifici, agli stabili comunali[53]. Sono essenzialmente tre gli interventi urbanistici di rilievo deliberati e attuati dall’autorità comunale nella seconda metà del Settecento. Non all’origine previsti nella loro globalità arrivarono ad essere ciascuno di innesco per gli altri, com’è stato osservato. Dovendosi aggiungere a ciò che altrettanto degna di nota è l’attitudine dell’amministrazione a risolvere le occasionali esigenze in una più organica progettazione. Alla rimodulazione della piazza di San Giovanni attesero, in maniera autonoma ma di fatto collaborativa, Giovanni Miazzi e Antonio Gaidon (fig.21).
Il primo con la costruzione della chiesa – trascinata dal 1747 al compimento del soffitto (di quello soltanto) nel 1788 – mise a confronto la dilatata fronte religiosa della piazza con quella, dirimpettaia, rappresentata al centro del lato nord dal tempio laico della stamperia dei famosi Remondini. Il secondo fissò il perimetro dello slargo chiudendone l’angolo di sud est con un palazzetto comunale affittabile – impropriamente detto Bonfadini, già caffè Ausonia, poi magazzino Coin e ora OVS (fig.22)
22. Palazzetto ex Coin ora OVS, Bassano del Grappa, piazza Libertà.
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che sostituiva più modeste botteghe, il cui periodico restauro riprese impulso nel 1766 e quindi nel 1769. Avviata nel 1766 la lastricatura della piazza, conclusa nel 1774-1778, andò di conserva con la regolazione, anche con marciapiedi, di quasi ogni strada urbana e dell’immediata periferia, secondo un programma e procedendo per zone. All’impresa del ricupero di una maggiore dignità ambientale concorsero i privati, accomodando le facciate che guardavano la piazza e almeno uno di questi lavori – sulla casa già Cataruzzi–Danieli, nel setto che divide le due piazze – spetta con buone probabilità al nostro Gaidon. La liberazione dell’ambito da maleodoranti banchi di vendita e l’applicazione all’orologio della loggia di un meccanismo del Ferracina siglavano già nel 1747 la qualità “civile” della piazza, in coincidenza con l’avvio dei lavori a San Giovanni[54]. Meno vistosa ma più urbanisticamente significativa è la sistemazione, e quasi la creazione, della piazza di San Francesco ora Garibaldi, fra il 1766 e il 1781. Si deve a questo intervento se Bassano dispone da allora di due grandi spazi centrali, appena separati ma confluenti e intercambiabili, a tutto vantaggio dell’elasticità del sistema urbano, allineati sull’asta mediana da ovest a est che, peraltro, diventò di vero attraversamento solo quando fu aperto il portello pedonale dei Riformati. Il vasto deposito d’acqua, contro gli incendi in particolare, che era stato ricavato nell’avanzare del Trecento (dopo il 1312) in un segmento del fossato della prima cinta urbana, occupando circa la metà della piazza odierna, fu qui interrato nel 1766. L’agibilità dello slargo fu ancor più aumentata e integralmente ricomposta nel modulo quasi rettagolare e con le strade che vediamo nel 1781, progettista il Gaidon, col ricupero di un settore già di sagrato e cimitero che si addossava al muro settentrionale della chiesa di San Francesco. Con deliberazioni del Senato e del Maggior Consiglio del 1767-1768 la chiesa e l’annesso convento, come avveniva nella stessa occasione per il monastero di Santa Caterina, officiato però dagli Eremitani, furono soppressi e incamerati da Venezia. Questo insediamento dei Francescani, trasferitosi da Angarano e messo in opera a Bassano (nel suo insieme) tra la seconda metà del Duecento e i primi decenni del Trecento, godeva del favore comunale e come il monastero di San Giovanni, per ciò che interessa, preservò dall’edificazione una vasta area di sua pertinenza a sud. Acquistato dal comune nel 1771, al prezzo di 300 zecchini, fu destinato a ospedale nel 1776[55](fig.23).
Ancora ad Antonio Gaidon si deve la conversione a pubblico passaggio del fossato di perimetro alle mura trecentesche in quel settore che, passati i secoli, conserva il nome di Viale delle Fosse. A partire dal 1790, e soprattutto fra il 1791 e il 1793, il vallo venne colmato e definito con una doppia piantata d’alberi su ciascun lato dell’ampia strada centrale. Per un colpo d’ingegno progettuale che forse aveva di esempio, com’è stato proposto, il boulevard realizzato a Parma nel 1759 dall’architetto francese Petitot, Bassano riuscì a dotarsi precocemente di un percorso attrezzato a verde che si prolungava a nord sullo spettacolo del panorama presso la loggia delle Grazie. E non va trascurato che questa fascia a viale comunicava già nel Settecento con un’altra, della stessa e lontana origine militare, con la riva cioè sotto l’attuale Viale dei Martiri che era stata ereditata dal comune e che costituiva una riserva di spazio aperto destinabile, come avverrà nell’Ottocento, al piacere di un passeggio fuori le mura di settentrione[56]. Dal 1796 al 1813 Bassano passò di mano le diverse volte, più o meno durevolmente ascritta alla dominazione francese o a quella asburgica. Molti edifici pubblici - a cominciare dal Palazzo Pretorio, dopo l’allontanamento dell’ultimo podestà veneto - cambiarono di destinazione e furono spesso adattati a caserma o a deposito militare. Come in ogni altro luogo del Veneto, la crisi più grave si verificò nell’arco 1806-1810. Nel 1806, com’è noto, vennero avocati al demanio del napoleonico Regno d’Italia i beni delle Confraternite, il 25 aprile, e di quei monasteri e conventi che figuravano tra quelli da ridurre, il 28 luglio. Di conseguenza vennero incamerati dallo stato i monasteri femminili di San Giovanni e di Santa Chiara e quello maschile di San Bonaventura (dov’era il vecchio ospedale) (fig.24).
Nel 1810, il 25 luglio, furono soppressi i restanti. L’indisponibilità di tante strutture civili o di culto - di proprietà comunale o, in maniera ben più consistente, andate allo stato, reimpiegate o vendute - intaccò l’impianto urbano di antico regime. Si perse irrimediabilmente il variegato campo dei significati e delle consuetudini che ai quei poli era associato. Si spezzò la maglia dei monasteri e dei conventi di cintura e ciò che da essa era collegato intorno a Bassano. Non furono più quelli gli intersecati percorsi della tradizione politica, amministrativa, religiosa e di convenienza sociale. I vuoti aperti nel tessuto urbano solo parzialmente vennero risarciti con l’adattamento di quegli spazi a nuove funzioni. Certo, in quei pochi anni del Regno d’Italia non fu solo perdita e molto di originale e significativo cominciò a valere. Anche per il nostro territorio furono disegnate le tavole del catasto particellare (fig.25).
Una moderna legislazione impose precise regole all’attività edilizia, con qualche norma di natura urbanistica. Bassano aumentò di rango come capoluogo di un distretto assai esteso e assunse compiti di coordinamento territoriale. Nei maggiori comuni, come il nostro, una Deputazione all’Ornato assisteva l’amministrazione per ciò che riguardava il decoroso apparire delle facciate. Venne costruito un cimitero fuori città, in Angarano. Nel 1810-1812 si pensava alla costruzione di nuove e più efficienti strade di lungo percorso, sopra e sotto la linea delle colline, da Bassano al Molinetto di Cavaso e, rispettivamente, ad Asolo. Un mondo plurisecolare di monumenti, di forme urbane e territoriali stava sparendo e un altro iniziava a manifestarsi[57].