Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Riesce impossibile dire quanta parte del borgo, nel 1175, derivasse dall’accostamento alla fortezza per trovare riparo e quanta invece dalla fuoruscita da essa. L’aggregato doveva già avere nel 1147, alla data della pace di Fontaniva, una consistenza che lo rendeva appetibile e non si può escludere che nel 1175 disponesse di una qualche difesa che lo distingueva rispetto ai borghetti. Come che sia, la cinta urbana (la prima) arrivò a compiersi nei circa 8 decenni che i da Romano fino al 1259, ebbero qui egemonia o signoria. L’opera, nella quale l’iniziativa signorile si incontrava con l’interesse di lungo periodo degli abitanti, era a buon punto o già realizzata nel 1222 perché a questa data Bassano è già descritta come una «terra», un luogo cioè chiuso e difeso da mura o da altre barriere. Nel 1222-1231 sono menzionate tre porte: «dei Leoni», recante lo stemma “felino” di Bassano, «dei preti», «del ponte di Brenta». Il celebre cronista Rolandino, che ben conosceva il nostro borgo, fra il 1228 e il 1258 accenna le munitiones di Bassano, ovvero le mura, il fossato di cintura e le porte. Sigillo del perimetro era il «girone» - una ridotta di ulteriore difesa, all’interno di una più vasta area fortificata - che si imponeva sulla porta del Leone nell’intorno dello sbocco sulla piazza di via Matteotti e prospettava, oltre il fossato, l’imbocco della via Marinali[33]. La cerchia urbana, in senso orario, si indirizzava dal castello alla porta del Margnano e quindi all’altra, Aureola (nell’intorno dell’attuale piazzetta Zaine), che era sorvegliata da un altro «girone», di proprietà ezzeliniana, che guardava una piazza. Da qui il circuito, scendendo grosso modo tra le vie Vittorelli e Vendramini, incrociava - su un angolo forse già all’epoca parzialmente fortificato - la cortina che andava a occidente sul margine settentrionale delle piazze Garibaldi e Libertà, dove si apriva la porta dei Leoni, e tra le vie Portici Lunghi e Schiavonetti (con una “pusterla”, una porta minore) fino al palazzo Sturm; volgendosi a nord, in parallelo col fiume, toccava la porta del Ponte e una contigua pusterla all’attacco dell’omonima via, raccordandosi da sud ovest con il castello (quello di allora) (fig.3).

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3. Delimitazione del borgo fortificato in epoca ezzeliniana (metà del XIII secolo). L'andamento a sud e a est della cinta urbana, (ora scomparsa) è qui indicato in modo puramente orientativo, sulla base di qualche indizio ma col possibile scarto anche di molti metri rispetto al tracciato originario, ancora da precisare.

Sul percorso restano alcuni dubbi - specialmente nel settore est, nel tratto da nord a sud - ma chiaramente appare che il recinto sfruttò finché poteva, a nord e a ovest, gli sbalzi del sopra nominato terrazzo alluvionale mentre nella parte non difesa naturalmente e di lieve versante si circondò di un largo fossato a secco, individuabile nelle piazze centrali e lungo la via Portici Lunghi e ancora riconoscibile alla fine del Seicento in un avvallamento a est della via Vendramini. La direzione “forte” di composizione del borgo, su tracciati anche rettilinei, fu all’origine quella da nord a sud, coerente col percorso di lunga distanza che si allineava con la riva, senza l’ostacolo del fiume. La comunicazione da est a ovest, ora spezzata in segmenti privi di continuità e di ridotta dimensione (dei vicoli, alcuni), serviva per attraversare e raccordare i comparti; qualche tracciato potrebbe segnalare l’antico limite di impianti oggi scomparsi o amalgamati[34]. Non certamente previsto all’origine ma ingegneristicamente coerente con la definizione del borgo, attestato nel 1209 e probabilmente costruito sulla strettoia dell’alveo nell’ultimo quarto del XII secolo, forse voluto e sicuramente curato dagli Ezzelini in via d’espansione nel Pedemonte, «castello sull’acqua» armato ai due capi di torri e di un fossato sulla testata occidentale in Angarano, anch’essa di proprietà bassanese, servito appena al di qua della porta e dalla parte del borgo di una piazzetta oggi quasi irriconoscibile ma di confluenza da più direzioni, il Ponte (Vecchio) calamitò ai suoi imbocchi botteghe artigianali e di commercio, in funzione di un transito reso permanente e diverso da quello di guado o su barca. Avanzando nel Brenta, assicurò un più efficace controllo sulle risorse dell’acqua, di ogni tipo, e sugli impianti di energia (i mulini) e i flussi di traffico che gravitavano sul fiume, come le tante zattere che scendevano a Padova e a Venezia. In maniera ancor più incisiva, la struttura propiziò l’avvenire economico e tattico di Bassano che divenne perciò, interamente tutta, una «testa di ponte» proiettata all’offesa o di baluardo, su entrambe le rive (fig.4). 

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4. Pianta ideale e schematica di Bassano (part.), penna e inchiostro su carta, 1690-1691. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Archivio Comunale e Mappe, n. 12. La pianta dovrebbe essere una copia di una mappa di metà Quattrocento - avvio del Cinquecento, oggi perduta. Il Ponte Vecchio appare nell'aspetto che aveva, difeso alle testate e lungo il fiume fino al porto di Brenta da torri e porte.

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