Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

La saldatura fra la parte antica del borgo e quella aggiunta con l’estensione del giro delle mura si concentrò nella piazza detta oggi della Libertà. Riferita come “piazza grande del comune” ovvero “di San Giovanni” doveva già essere delimitata verso la metà del Trecento, dopo lo spianamento del vallo di cintura di cui prese il posto. Il suo margine settentrionale andò in parallelo, non si sa bene come, col filo delle precedenti mura urbane, progressivamente rimosse dopo il 1312 o incluse negli stabili addossati, mentre quello meridionale si allineò con la chiesa di San Giovanni (di assai minore dimensione, al tempo) e con gli imbocchi della via nova e del borghetto che si allungava a sud dall’attacco della via Marinali. Sul fianco occidentale, che rimase il più incerto, una parte del fossato della vecchia cerchia non fu occluso e divenne una strada - paragonabile alla via Gamba che insisteva, però, sul fossato del castello - di accesso al fiume e al porto (l’odierna via di Portici Lunghi). Verso est servì da confine il caseggiato (di proprietà comunale, all’esordio del Quattrocento) che separa la nostra dalla piazza Garibaldi, contenendo le misure di entrambe. Quale ne sia l’origine, esisteva già nel 1394 (e prima ancora, verso la metà del Trecento almeno) e doveva avere una qualche rilevanza pubblica - coordinato entro un angolo di grande energia urbana e simbolica con la quasi aderente loggia comunale - perché in uno degli strati di affresco esterno dell’immobile a nord, verso la piazza libertà (nn.5-7), figura uno stemma di alleanza fra la dinastia di Francia e Gian Galeazzo Visconti di cui nell’agosto-settembre di quell’anno fu ordinata la riproduzione, come nella bassanese porta Dieda. Esito dell’intervento fu l’invaso che ancora ammiriamo, tendenzialmente rettangolare e servito di accessi mediani e sugli angoli, nuovamente aperti o adattati alle preesistenze. Al trapasso del Trecento, il suo bordo era ormai consolidato da case e botteghe comunali e private, almeno alcune porticate, e dalle “beccherie” di fornitura delle carni. Il luogo si impose sul sistema, nondimeno, nella prima metà del Quattrocento, in ragione dello spostamento delle sedi del governo e della fortuna della loggia appena detta e del prospiciente settore di San Giovanni. Il successo della loggia, già nei primi decenni del suo esercizio, dipese dalla sua polivalente capacità e non c’è quasi funzione di interesse cittadino - di giustizia civile, di amministrazione, di registrazione degli atti... - che non abbia qui trovato svolgimento. Perciò nel 1430, più sicuramente, fu decorata di un orologio meccanico e nel 1441 venne costosamente rifatta e poi sempre perfezionata. Essa costituì da subito quel palco di poco alzato e collegato a terra da una scala (attestata nel 1489, a ventaglio nel Cinquecento) che dalla sede un po’ rientrata del Palazzo Pretorio propagava sul più vasto ambiente aperto della città la volontà (anche politica) del podestà e quella amministrativa dell’ente comunale. Urbanisticamente, rappresentò l’occhio del controllo radente del baricentro urbano, proiettato sulla discesa dei Portici Lunghi e dunque sulla ricchezza che andava o risaliva dal fiume e incernierato sull’asse di forza che attraversava l’intera città dal Castello Superiore a quello Inferiore.

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11. La Loggia comunale. Bassano del Grappa, piazza Libertà (già San Giovanni). Forse già attestata nel 1389 e certamente nel 1400 la loggia, di continuo rifatta e abbellita, suggellò il primato urbanistico dello slargo centrale della città, dopo il 1312.

Alla distinzione della piazza contribuì non poco il fatto che la chiesa di San Giovanni, lì affacciata, era diventata la sede della parrocchia. Come si è visto, l’uso del Castello Superiore fu riservato per molti decenni solo ai militari e in quel periodo la pieve di Santa Maria, in esso compresa, rimase chiusa: riconsacrata nel 1432 ma ancora priva del fonte battesimale nel 1463. Nel polo di San Giovanni, di conseguenza, si riorganizzò l’esercizio ufficiale del culto e l’edificio fu ingrandito a partire dal 1443. La capacità di attrazione della chiesa era inoltre sostenuta dalla presenza, lì accanto, di un omonimo monastero femminile, di un ospedale e di una cappella di cui l’importante Confraternita del Corpo di Cristo procurava la costruzione allo scadere del Trecento. Ben si capisce che la piazza - posto di mercato e sempre di più delle manifestazioni di convegno civile, di culto e di spettacolo - venisse lastricata di mattoni nel 1442 e che ospitasse i simboli di Venezia: l’antenna col vessillo e, forse già nel Quattrocento, il leone marciano[43]. Nell’antica piazza “ezzeliniana” e comunale con la quale questa di San Giovanni fu messa in comunicazione - in un rapporto di osmosi degli spazi, ricomposti in diagonale - si rinnovarono i segni della presenza pubblica, non più politica e amministrativa ma economica. Nel già palazzo del comune trovarono posto il rifondato Fontico dei Grani - l’ammasso comunale delle granaglie, per calmierare i prezzi - e il Monte di Pietà, rispettivamente ordinati nel 1454 e 1494. Incrociando i dati, il nostro Monte Vecchio (di Pietà) - che ancora reca sulla facciata l’antico stemma di Bassano, associato con quello di Giovanni Lambertenghi che fu qui podestà per conto dei Visconti nell’ultimo decennio del Trecento - va riconosciuto come un nucleo, le più volte modificato, di quel prestigioso palazzo (fig.12).

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12. Palazzo del Monte Vecchio (o di Pietà) (sec. XIV, con modifiche). L’eminente complesso, dove trovò posto nel XV secolo anche il Fontico dei Grani, reca sulla facciata l’antico stemma di Bassano, associato con quello di Giovanni Lambertenghi che fu qui podestà per conto dei Visconti nell’ultimo decennio del Trecento.

Alcune funzioni comunali, peraltro, tra la fine del XIV e l’attacco del XV secolo si espletavano non qui soltanto ma anche un po’ all’intorno. A nord di una stradetta della vicina contrada della Porta di Brenta si appostavano nel 1410 una «casa del comune», la «casa del Fontico», la «casa delle carceri». Escludendo altre questioni, stupisce che nel 1447, in capo alla contrada di Cornorotto (l’odierna via Schiavonetti), esistesse nientemeno una «casa del palazzo del comune» che il cronista bassanese Zerbino Lugo, osservandone qualche resto (se vale la coincidenza), individuava fra l’angolo di sud ovest del piazzotto di Monte Vecchio e l’imbocco di via Schiavonetti, in uno schizzo planimetrico del 1707-1735[44]

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