[150] Sulle vicende di costruzione della chiesa si rimanda alla più recente analisi: G. ERICANI, in Mantegna e Padova 1445-1460, catalogo della mostra a cura di D. Banzato, A. De Nicolò Salmazo, A. M. Spiazzi, Milano, Skira, 2006, pp. 260-261. La costruzione fu decisa dal Consiglio della città il 5 agosto del 1450, dopo la canonizzazione di san Bernardino da parte di papa Niccolò V il 24 maggio di quell’anno, previo accordo con i minori di San Francesco. L’amministrazione era affidata alla confraternita dell’ospedale di San Paolo con la nuova denominazione di Santa Maria della Misericordia e San Bernardino. Mantese ipotizza che la confraternita fosse anteriore alla costruzione della chiesa e la sua intitolazione alla Madonna ed al «b.Bernardin de Battutis» farebbe pensare ad una scuola dei Disciplinati di fondazione medievale rinnovata in occasione della costruzione del nuovo edificio chiesastico. In verità i documenti relativi alla nuova chiesa si confondono con quelli relativi alla cappella di San Bernardino, costruita da Giacomo fu Federico da Marostica all’interno della chiesa di san Francesco, officiata dai minori conventuali , dove egli dispone di essere sepolto nel 1464 e sua moglie Maddalena nel 1467.  

[151] Riferita alla produzione di Jacopo Bellini da Fogolari (G. FOGOLARI, Dipinti ignoti di Jacopo Bellini a Bassano, in «Bollettino del Museo Civico di Bassano», I (1904), pp. 69-75) e da Ricci (C. RICCI, Una Madonna di Jacopo Bellini sconosciuta, in «Bollettino d’Arte», VI (1912), pp. 289-290; C. RICCI, Iacopo Bellini e i suoi libri di disegni, I, Firenze, F.lli Alinari, 1908) , è considerata opera tarda di Giambono da Fiocco (G. FIOCCO, Michele Giambono, in Venezia. Studi di arte e storia, I, Milano-Roma, Alfieri e Lacroix, 1920, pp. 206-236); l’ipotesi è accettata dalla Pesaro (C. PESARO, Michele Giambono, in «Saggi e Memorie di Storia dell’Arte» 18 (1992, ma 1993), pp. 13-69; dalla Avagnina (M. E. AVAGNINA, in Pisanello. I luoghi cit., p. 64). Solo recentemente Tiziana Franco (T. FRANCO, Intorno al 1430: Michele Giambono e Jacopo Bellini, in «Arte Veneta», 48 (1996), pp. 7-18; T. FRANCO, Michele Giambono e il monumento a Cortesia da Serego in Santa Anastasia a Verona, Padova, Il Poligrafo, 1998, pp. 104, 115) ha dedicato particolare attenzione alla tavola bassanese anche in relazione alla produzione di Jacopo Bellini di questo stesso momento. Se ne veda la lettura più aggiornata in ERICANI, Sulla via delle Alpi cit., pp. 14-15.  

[152] ACB, 4. Atti del Consiglio, vol. 2 (alla data 21 dicembre 1437).

[153] F. SIGNORI, La religiosità, pp. 54-67.  

[154]  Lamina d’argento dorato inciso e cesellato su anima in legno; argento fuso; cm. 44.5x32.3: G. GEROLA, Una croce processionale del Filarete a Bassano, in «L’Arte», IX (1906), pp. 294-296; M. LAZZARONI, A. MUNOZ, Filarete scultore e architetto del secolo XV, Roma, W. Modes, 1908, pp. 158-162, figg. 95-96; A. VENTURI, in Storia dell’arte italiana, VI, La scultura del Quattrocento, Milano, Hoepli, 1908, p. 542; A.VENTURI, recensione a M. LAZZARONI, A. MUNOZ, Filarete scultore e architetto del secolo XV, in «L’Arte», 11 (1908), pp. 393-400; G. GEROLA, Bassano, Bergamo, Istituto italiano d’arti grafiche, 1910, p. 26; P. SCHRUBING, Antonio Filarete, in THIEME, BECKER, Allgemeine Kunstler cit., XI, 1915, p. 554; J. POPE HENNESSY, Italian Renaissance Sculpture, London, Phaidon Press, 1958, p. 332; J. R. SPENCER, Two bronzes By Filarete, in «The Burlington Magazine», 100 (1958), pp. 392-395; A. M. ROMANINI, Averlino Antonio, in DBI, 4, 1962, p. 663; L. ALBERTON, G. PETOELLO, Guida di Bassano, Genova, Saiga, 1970, p. 24; L. PUPPI, Filarete in gondola, in «Arte Lombarda», 38-39 (1973), p. 76; M. SALMI, Prolusione , in «Arte Lombarda», 38-39 (1973), p. XI; Oggetti sacri del secolo XVI nella Diocesi di Vicenza, catalogo della mostra a cura di T. Motterle, Milano, Electa, 1980; L. ALBERTON, in Guida di Bassano del Grappa, Bassano del Grappa, Scrimin, 1981, pp. 27, 277; G. BRUNETTI, Oreficeria toscana del Quattrocento, in «Antichità viva», XXVI (1987), 4, pp. 22-23, figg. 13-14; E. PARLATO, in Da Pisanello alla nascita dei Musei Capitolini. L’Antico a Roma alla vigilia del Rinascimento, catalogo della mostra, Milano, Mondatori; Roma, De Luca, 1988, pp. 121, 130-131; A. TARTUFERI, in Arte in Lombardia tra Gotico e Rinascimento, catalogo della mostra, Milano, Fabbri, 1988, pp. 220-221; M. E. AVAGNINA, in Restituzioni ‘90. Dodici opere restaurate, catalogo della mostra di Vicenza, s. l., Banco Ambrosiano Veneto, 1990, p. 22; L. ALBERTON VINCO DA SESSO, Il Tesoro del Duomo, in Il Duomo cit., pp. 128-129.  
[155]  “OPUS ANTONII/ QUI ROME B/ASILICE SANCTI/PETRI PORTAS/ EREAS FECIT/ EUGENIO III/ PONTIFICI/HCO FACTUM/ SUB ANNO/ DOMINI/ M.CCCC.XLVIIII; (alla base del fusto) RESTAURATA/ ANNO D (OMI) N/ MDCXXII.  

[156]  Descrive la situazione seicentesca TARTUFERI, in Arte in Lombardia cit., pp. 220-221; documenta il ripristino della croce originale AVAGNINA, in Restituzioni ‘90 cit., p. 22; sintetizza gli interventi di restauro Livia Alberton (ALBERTON VINCO DA SESSO, Il Tesoro cit., pp. 128-129). G. Ericani, in Bagliori dorati. Il Gotico Internazionale a Firenze 1375-1440, catalogo della mostra a cura di A. NATALI, E. NERI, A. TURTUFERI, Giunti, Firenze Musei 2012, pp.318-319  

[157]  S. SPADA PINTARELLI, Il Crocifisso di Pove; una proposta per la provenienza, in Il Crocifisso ligneo di Pove del Grappa, Bassano del Grappa, Minchio, 1990, pp. 19-21.  

[158] AVAGNINA, in Restituzioni ‘90 cit., p. 22.  

[159] LAZZARONI, MUNOZ, Filarete scultore cit., pp. 158-162.  

[160] VERCI, Notizie intorno cit., p. 22.  

[161]  L. A. LANZI, Storia pittorica della Italia, Bassano, Remondini, 1795-1796, p. 41. L’importante presenza di Mantegna a Bassano è stata rilevata da V. ROMANI, Palazzo Pretorio, in Interni bassanesi cit., p. 150, anche se la studiosa pensa che tale notizia sia pervenuta al Lanzi esclusivamente dal Verci. La Crosato Larcher (L. CROSATO LARCHER, L’età rinascimentale, in Interni bassanesi cit., p. 75) dubita che si possa trattare di affreschi di Mantegna.  

[162] Per i soggiorni bassanesi di Luigi Lanzi, durante la stampa della Storia presso la Stamperia Remondini, a lungo ospite di Gamba, cfr. G. ERICANI, Gamba e Lanzi. Appunti dalla corrispondenza, in Una vita tra i libri. Bartolomeo Gamba, a cura di G. Berti, G. Ericani, M. Infelise, Milano, F. Angeli, 2008, pp. 92-107.  

[163] Cfr. ERICANI, in Mantegna e Padova cit., pp. 260-261, con bibliografia anteriore. La firma «Darius Pinxit» è riportata sui riquadri del pavimento in un’incisione probabilmente eseguita tra Sette e Ottocento (MBAB, Inc. Bass. 1423). La scritta ridotta nella seconda parola alla sola iniziale puntata, «Darius P.», in un bel corsivo gotico, compariva sul dipinto nella documentazione fotografica anteriore al 1952 ed è registrata in tutta la bibliografia dell’opera fino al secondo dopoguerra quando la si diceva consistentemente integrata dal pittore Műller nel 1870 e recuperata nei pochi tratti originali nel restauro Pedrocco del 1952. Molto probabilmente risultava ben poco visibile nella seconda metà del Settecento quando il Verci la trascrive «Darius pinxit» condizionando la lettura e la trascrizione dell’anonimo incisore bassanese. La sua quasi completa sparizione dopo il restauro Piovan del 1978 potrebbe confermare l’ipotesi di Magagnato che la rimozione della firma originale sia da imputarsi allo stesso Műller, particolarmente distruttivo nei suoi interventi sulle opere del museo e che quanto appariva fino al 1952 fosse solo una ridipintura.  

[164] acb, Confraternita di S. Maria della Misericordia, Catastici, II, vol. A (1491-1753, ms 106F, busta 4).

[165]  Per i pentimenti rivelati dal disegno soggiacente, che riguardano la scelta iconografica e i differenti personaggi, i due santi invertiti e la Madonna in trono invece che Madonna della Misericordia cfr. ERICANI, in Mantegna e Padova cit., p. 260.  

[166] Per l’iconografia cfr. C. CIERI VIA, La Madonna della Misericordia: tradizione, iconografia e tradizione cultuale, in Ordini religiosi e produzione artistica, atti a cura di M.T. Mazzilli Salvini, Pavia, PI-ME, 1998, pp. 77-93 (p. 77). L’iconografia della Mater Misericordiae ebbe a Venezia e nell’area Adriatica un’ampia diffusione legata anche all’origine bizantina del tema derivata dall’iconografia della Panagia Platytera con la Madonna stante a figura intera, il velo sulla fronte, le braccia aperte che allargano l’ampio manto e l’immagine del Bambino Gesù in mandorla sul petto. La presenza del Bambino nella mandorla indica il ruolo di Maria, Mater Theou, cioè Madre della sapienza incarnata, dal concilio di Efeso del 431. L’estensione del significato puntava ad accentuare il ruolo della Madonna in relazione all’Incarnazione di Cristo. Anche il grande mantello era associato al drappo di porpora del tabernacolo (Esodo, XXV). L’evidenziazione, anche per scelta dimensionale, del Bambino in mandorla costituisce peraltro una caratteristica bizantina utilizzata a Venezia dal XIII secolo e diffusa particolarmente agli inizi del XV secolo (Madonna della Misericordia di Bartolomeo Bon, Venezia, Musei Civici; Madonna della Misericordia di san Tomà) anche in relazione non specifica con le Confraternite della Misericordia (ambito di Michele Giambono, Incoronazione della Vergine seduta sull’ambito di Jesse, ante 1423). L’altra novità è costituita dall’assenza del simbolo cristologico solitamente legato a san Bernardino, la cui associazione con la figura di san Giovanni Battista, precursore di Cristo, non legato a particolari esigenze devozionali, accentua la lettura cristologica del tema e lo lega strettamente ai francescani, ai quali spettava il principale compito della gestione del Sacro Sepolcro e alle confraternite, alle quali la società affidava il compito di seppellire i morti.  

[167]  R. PALLUCCHINI, I capolavori dei Musei Veneti, catalogo illustrato della mostra, Venezia, Casa Editrice Arte Veneta, 1946, p. XX; L. COLETTI, Pittura veneta del Quattrocento, Novara, Agostani, 1953, p. XLIV.  

[168] La problematica è sviluppata in ERICANI, in Mantegna e Padova cit., p. 260.  

[169]  Nato nella Marca Trevigiana – dalla quale l’antico toponimo “da Treviso”, conservato qui rispetto alle diverse accezioni del nome introdotte nelle biografie, da Pordenone, da Asolo -, probabilmente a Pordenone tra il 1420 e il 1421, allievo, a diciannove anni, a Padova dello Squarcione tra il 1440 e il 1446, per due anni collaboratore ancora nella città del Santo del pittore lombardo Pietro de’ Maggi, che abbandonò perché richiamato a onorare debiti consistenti, per riprendere la strada della Marca. Nel 1455 lo ritroviamo sposato con Ginevra, figlia e nipote di pittori, a Treviso, città nella quale è attestato nel 1469 e nel 1471. Sono gli anni in cui la sua produzione accoglie riconoscimenti importanti, conteso com’è tra una cappella a Quinto di Treviso forse su commissione del nobile Orsato Giustinian e un lavoro in Palazzo Ducale a Venezia. Tra il 1459 e il 1466 lavora frequentemente ad Asolo dove firma il 21 aprile 1459 un affresco con la Madonna con il Bambino, ora in Museo Civico e si dichiara in un documento, il 6 marzo 1461 «habitattore Asilli». Da Asolo nel 1462 manda a riscuotere dal Comune di Bassano 34 lire per lavori eseguiti nella nuova sala del Consiglio. dopo essere sfuggito, nel 1466, alle richieste del vecchio maestro Squarcione per un debito residuo di 22 lire è attestato al lavoro a Conegliano come autore degli affreschi di facciata del palazzo comunale di quella città. Ancora ad Asolo, intorno al 1468, avrebbe eseguito un ritratto di Caterina Cornaro, sposata per procura nel luglio di quell’anno con il re di Cipro Giacomo di Lusignano, ritratto magnificato dalle fonti cinquecentesche (D. M. FEDERICI, Memorie trevigiane sulle opere di disegno dal mille e cento al mille ottocento: per servire alla storia delle belle arti d’Italia, Venezia, Andreola, 1803) per il suo potere mimetico esaltato peraltro dalla giovinezza e bellezza dell’effigiata e dal consolidarsi nelle cronache locali del suo mito velato di esotismo. Dopo un breve soggiorno a Treviso, nel 1471, dove è documentata la pala della cappella dei Bicignoli dedicata a San Giovanni Evangelista nella distrutta chiesa di Santa Margherita, egli conclude la sua lunga esistenza di «pictor vagabundus» a Conegliano dove decora nel 1474 la casa Carpanè e forse ancora ad Asolo, se è sua la Madonna con il Bambino della loggia del Duomo datata 1492. I documenti lo dicono già morto nel 1498.  

[170] PETOELLO, Palazzo Pretorio cit., p. 136; ROMANI, Palazzo Pretorio cit., p. 149.  

[171] F. SBORDONE, L.CROSATO LARCHER, Casa Lunardon, in Interni bassanesi cit., pp. 249-250.  

[172] Cfr. ERICANI, La chiesa di San Francesco cit., pp. 9-10  

[173]  Cfr. GEROLA, La pittura a Bassano cit, p. 22, nota 3; ALBERTON VINCO DA SESSO, Le arti figurative, in Storia di Bassano cit., p. 483, fig. 62; ALBERTON VINCO DA SESSO, Note per una storia cit., p. 13; Bassano, atlante storico cit., p. 33; GANASSIN-LATOUR HEINSEN, Vederne cit., pp. 23-24; G. GALASSO, in Pittura murale cit., p. 79, fig. 58; CROSATO LARCHER, L’età rinascimentale cit., p. 74. 

[174]  Per Giovanni II Badile cfr. ora F. Rossi Frammenti di una generazione perduta, nei dintorni di Francesco Benaglio, in Mantegna e le arti a Verona 1450-1500, a cura di S. Marinelli e P. Marini, Venezia, Marsilio, 2006, pp. 104-117, 259-265 con bibliografia anteriore.  

[175] ACB, 4. Atti del Consiglio, vol. 4, alla data.  

[176] ACB, 4. Atti del Consiglio, vol. 3, alla data.  

[177]  La forma della chiesa di San Giovanni Battista è attestata nella Pianta schematica di Bassano, 1690-1691, in ACB, Mappe, n. 12. Per le vicende quattrocentesche della chiesa di Campese cfr. SIGNORI, Campese e il monastero cit., 61-84; per San Fortunato cfr. SIGNORI, Origini e vicende cit., pp. 34-51.  

[178] ACB, 4. Atti del Consiglio, vol. 5, fasc. 22, cc. 24 r e v.  

[179]  «a m (astro) Christofaro muraro per le figure messe a lo altar de San Zuane de ordine de li officiali e comandamento de messer lo podestà» (ACB, 7. Quaderno, vol. 15, c. 122 [r]).  

[180]  Terracotta con tracce di colore; cm 138 x 44x23.5. Il nome di Giovanni da Crema compare in una parte del 14 luglio 1476, posta dal giudice Giorgio De Angelini relativa ad una veste che maestro Giovanni da Crema «quae fecit palam altaris magni ecclesie Joannis Baptiste», aveva avuto da Matteo de Caffetis a sua volta ottenuta a titolo di interesse da Isacco Ebreo, Isacco Calimano, titolare del banco ad usura a Bassano, figlio di Caliman di gaerson «de Alemannia». La richiesta del giudice è che il Comune rimborsi Matteo de Caffetis , massaro della Confraternita del del Sacro Corpo di Cristo, della somma da lui pagata per la veste data al maestro comasco. La singolare vicenda della veste si conclude tre mesi più tardi, esattamente il 14 ottobre, quando il Comune di Bassano, sindaco Paolo Novello, di famiglia originariamente padovana, ripaga con tre ducati d’oro Matteo de Caffetis sulla cifra dovuta a Giovanni da Crema «per utilitate et onore dicti comunis», cioè per l’esecuzione dell’altare maggiore di San Giovanni Battista: cfr. G. ERICANI, in La scultura al tempo di Andrea Mantegna, catalogo della mostra (Mantova, Castello di san Giorgio), a cura di V. Sgarbi, Milano, Electa, 2006, pp. 92-95.  

[181] BARBIERI, Scultori a Vicenza cit., p. 22-25 Vicenza, N. Pozza, 1984,.    

[182]  C. VON FABRICZY, Giovanni Minello. Ein Paduaner Bilbner vom Ausgang des Quattrocento, in «Jahrbuch der Königlich-Preuszischen Kunstsammlungen», II (1907), pp. 52-89; L. PLANISHIG, Venetianische Bildhauer der Renaissance, Wien 1921; P. CARPI, Nuove notizie e documenti intorno a Giovanni Minelli e all’arte del suo tempo, in «Bollettino del Museo Civico di Padova», XXIII (1930), pp. 40-85; Giovanni Minello e la sua opera nella cappella del Santo, in «Padova», V (1931), pp. 3-23; A. VENTURI, Storia dell’arte Italiana, X, La scultura del Cinquecento, Milano, Hoepli, 1935, pp. 409-419; M. PIZZO, Su alcuni interventi scultorei nel Santuario di Monteortone, in «Padova e il suo territorio», I (1989), pp. 20-22; G. GENTILINI, 9. Giovanni Minelli de’ Bardi, San Giovanni Battista, in Dal Trecento al Seicento. Le arti a paragone, catalogo a cura di G. Romano, Torino, Antichi Maestri pittori di Giancarlo Gallino, Ezio Benappi e C, 1991, pp. 60-77; G. GENTILINI, Un busto all’antico del Riccio e alcuni appunti sulla scultura in terracotta a Padova tra Quattro e Cinquecento, in «Nuovi Studi», I (1996), pp. 29-46; M. PIZZO, Su alcuni interventi scultorei nel Santuario di Monteortone, in «Padova e il suo territorio», I (1989), pp. 20-22; Per la figura di Giovanni de’ Fondulis e la sua presenza padovana cfr. A. MOSCHETTI, Giovanni Fondulo scultore, in «Bollettino del Museo Civico di Padova», XX (1927), 1-2, pp. 76-79; SARTORI, Documenti cit., pp. 99-100; BARBIERI, Scultori a Vicenza cit., p. 22-25 Vicenza, N. Pozza, 1984 ; M. VERGA BANDIRALI, s.v. Fondulo Giovanni, in DBI, 48, 1997, pp. 585-586. Per una prima ipotesi sull’identificazione della sua personalità in relazione a quella del figlio Agostino cfr. M. VERGA BANDIRALI, Scheda per Agostino Fondulo scultore, in «Arte Lombarda», III (1958), pp. 29-44; G. ERICANI, Il secondo Quattrocento tra Padova e Lombardia, in Scultura a Vicenza, a cura di C.Rigoni, Verona, Cariverona, 1999, pp. 45-79 (p. 67). L’ipotesi era stata prontamente fatta propria da Marco Pizzo (M. PIZZO, in Dal Medioevo a Canova cit., pp. 118-122, con bibliografia anteriore), a conferma che gli studi erano evidentemente indirizzati a confermare l’ipotesi velatamente avanzata già dalla Bandirali nel 1958. La segnalazione dei documenti e la ricostruzione dell’attività di Giovanni de’ Fondulis alla luce dei documenti rinvenuti è in ERICANI, in La scultura cit., pp. 92-95. La ricostruzione del catalogo di De Fondulis lì avanzata è stata sostanzialmente accettata da G. GENTILINI, La terracotta a Padova e Andrea Riccio “celebre plasticatore”, in Andrea Riccio e da A. GALLI e da M. CERIANA, Bellini e le arti plastiche, in Giovanni Bellini, catalogo della mostra (Roma, Scuderia del Quirinale 30 settembre 2008-11 gennaio 2009), a cura di M. Lucco e G.. C.F. Villa, Cinisello Balsamo, Silvana, 2008, pp. 91-103.  

[183] Il documento è riportato da MAGAGNATO in MAGAGNATO, PASSAMANI, Il museo civico cit., p. 96.  

[184] Per il dipinto braidense M. LUCCO, in Pinacoteca di Brera. Scuola veneta, Milano, Electa, 1990, pp. 298-299.  

[185] A. DE NICOLO’ SALMAZO, Mantegna, Milano, Banco Ambrosiano Veneto, 1996, pp. 70-71.  

[186]  I caratteri mantegneschi sono stati individuati già nella bibliografia bassanesca (G. B. BASEGGIO, Della Pittura e dell’intaglio in rame, in Di Bassano e dei bassanesi illustri, Bassano, S. Pozzato, 1847, p. 144 – come Nasocchi-; BRENTARI, Il Museo di Bassano cit., p. 179; T. ROBERTI, Il Mantegna a Bassano, in T. ROBERTI, Il Mantegna a Bassano, in «Arte e Storia», XIX (1900), pp. 69-70). Si vedano anche P. KRISTELLER, Andrea Mantegna, London, Longmans Green and Co., 1901, p. 456; GEROLA, La pittura a Bassano cit., pp. 12-13; VENTURI, Storia dell’arte cit., p. 458; G. AGOSTI, Su Mantegna, 3 (Ancora all’ingresso della “maniera moderna”), in «Prospettiva», 73-74 (1994), pp. 131-143 (p. 140, nota 17); PETOELLO, Palazzo Pretorio cit., p. 137; ROMANI, Palazzo Pretorio cit., p. 150.  

[187] Cfr. Rossi, in Mantegna e le arti, pp. 248-249.  

[188]  Per una nuova lettura dell’attività di Francesco Benaglio cfr. ancora F. Rossi, Frammenti cit., pp. 105-115, con bibliografia anteriore. 

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