[12] Per una panoramica generale sull’età del Rame del Vicentino si rimanda a B. BAGOLINI, Il Neolitico, in Storia di Vicenza, Il territorio-La preistoria-L’età romana, Vicenza, 1987, pp. 81-83.  

[13]  L’area funeraria e cultuale dell’età del Rame di Sovizzo nel contesto archeologico dell’Italia settentrionale, a cura di E. Bianchin Citton, Vicenza, Museo Naturalistico Archeologico, 2004.  

[14]  Le testimonianze archeologiche sono costituite dall’industria in selce e principalmente da armi a ritocco foliato coprente: BIANCHIN CITTON, Dal Neolitico cit., fig.1, nn. 12-13; fig.3, nn. 5-7; fig. 6, n. 3.  

[15] E. BIANCHIN CITTON, Asce in rame dalla caverna di Bocca Lorenza (Vicenza), «Rassegna di Archeologia», 7(1988), pp. 618-619.  

[16]  Età così denominata per la diffusione in Europa, tra fine III e primi secoli del II millennio a.C., della metallurgia del bronzo, lega di rame e stagno impiegata per foggiare armi e utensili.  

[17]  Le risorgive di questo corso d’acqua sono poste poco lontano dal sito, in una zona denominata “Acque di S. Giorgio” dove convergono le acque di drenaggio dei versanti collinari.  

[18] Gli accertamenti archeologici furono effettuati nel 2005, sotto la direzione della scrivente, in un’area pedecollinare posta a nord dell’attuale via Pilati, nota anche come “ Osteria ai due Mori”, in quanto oggetto di un piano di recupero di edilizia privata. Gli scavi consentirono di riportare alla luce piccoli settori dell’insediamento antico risparmiato dapprima da attività di cava di estrazione del calcare e successivamente da alcuni capannoni per uso zootecnico.  

[19]  I materiali archeologici, in parte esposti nel Museo Civico di Bassano del Grappa, furono recuperati a seguito dei lavori agricoli, ma anche durante la costruzione di un nuovo edificio (Casa Betania) addossato all’ex palazzo Roberti.  

[20] Materiali archeologici raccolti dal signor Attilio Zanon ed esposti nella Sezione archeologica del Museo Civico di Bassano del Grappa.  

[21]  L’intervento di assistenza archeologica è stato effettuato negli anni 2007-2008 e ha interessato lo scavo di una porzione del cortile dell’immobile noto come Casa Fraccaro compreso tra via Bonamigo e via Vittorelli; la documentazione archeologica è costituita da scarti di lavorazione della selce e da alcune pareti di contenitori fittili, la cui cronologia è stata determinata sulla base degli impasti (documentazione conservata presso gli archivi della Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto).  

[22] G. GAMBACURTA, I materiali pre-protostorici, in Il castello da Romano sul Colle Bastia «…intra Rialto e le fontane di Brenta e di Piava…» a cura di G. Rosada, Treviso, Canova, 2000, pp. 59-61.  

[23]  Il sito, posto in posizione panoramica a m 443 di altitudine sulla sinistra idrografica del fiume Brenta, nel comune di Pove del Grappa, sembrerebbe interessare tutta l’area posta tra il colle La Bastia e il Monte Cornon.  

[24] Il Monte Castellaro, nel Pian dei Noselari, è ubicato a m 860 circa di altitudine, in posizione panoramica sulla sinistra idrografica del Brenta, nel comune di Romano d’ Ezzelino.  

[25] La scoperta è stata effettuata nell’estate del 2009 dal dodicenne Riccardo Lenner di Bassano del Grappa, mentre con alcuni suoi coetanei giocava nel greto del fiume Brenta tra Bassano e Nove.  

[26] La spada fu rinvenuta alcuni anni fa nel corso di lavori di scavo lungo la strada statale “gasparona”.  

[27]  Ricordiamo in questa sede i siti principali: Mussolente-Colle Castellaro; Borso del Grappa-località Cassanego e Sant’Andrea, Semonzo-località La Rocca, San Zenone degli Ezzelini, colle di San Lorenzo di Liedolo e “Case Beltramini”. Per questi siti le testimonianze archeologiche in nostro possesso sono costituite quasi esclusivamente da manufatti ceramici d’uso domestico alquanto frammentari, le cui aree di dispersione consentono di determinare, al pari degli elementi strutturali (buche di palo, rifiutaie, ecc.) gli spazi occupati dall’abitato. Con riferimento alla scarsa qualità dell’informazione archeologica va ricordato che il degrado dei versanti per fenomeni naturali (frane o colluvi) e lo sfruttamento antropico, particolarmente intenso tra la fine dell’Ottocento e la prima decenni del Novecento, hanno causato, assai di frequente, lo sconvolgimento dei depositi antropici e degli assetti strutturali di questi siti caratterizzati principalmente da opere di terrazzamento; inoltre i siti sorti in posizione sommitale, di controllo di vie di comunicazione tra la pianura e l’area pedemontana, risultano spesso compromessi da strutture difensive di età medioevale.  

[28] G. ROSADA, Dal territorio “regolato” romano al territorio incastellato medioevale, in Carta archeologica cit, pp. 29-35.   [29]  Per un contributo di sintesi si rimanda a E. BIANCHIN CITTON, I villaggi arginati della tarda età del bronzo-primissima età del ferro della pianura padana orientale, in Le terramare. La più antica civiltà padana, catalogo della Mostra di Modena, a cura di M. Bernabò Brea, A. Cardarelli, M. Cremaschi, Milano, Electa, 1997, pp. 250-256.  

[30] Cfr. nota n.18.  

[31] Cfr. supra, p.39.  

[32] BIANCHIN CITTON, Necropoli di San Giorgio, cit., fig. 7.  

[33] A. DE GUIO, Dal Bronzo medio all’inizio dell’età del Ferro, in Storia dell’Altipiano cit., pp. 157- 177.  

[34]  Le indagini archeologiche hanno evidenziato che nel corso dell’età del Ferro i versanti collinari si erano progressivamente ammantati di potenti spessori di sedimenti colluviali prodotti dai fenomeni di degrado innescati dall’abbandono del sito; si tratta degli stessi depositi naturali che verranno messi a coltura in età romana e medioevale - rinascimentale.  

[35] BIANCHIN CITTON, Necropoli di San Giorgio cit., p. 193, nn. 140-144.  

[36]  Le testimonianze archeologiche di Borso del Grappa, a cura di E. Bianchin Citton, S. Zenone degli Ezzelini, Tipolitografia Battagin, 1991, pp.17-25; A. RUTA SERAFINI, Veneto-Età del Ferro, in Ori delle Alpi, catalogo della Mostra, Trento, 20 giugno-9 novembre 1997, a cura di L. Endrizzi e F. Marzatico, Trento, Temi, 1997, pp. 543-545.  

[37] Materiali inediti conservati nei depositi della Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto.  

[38] G. LEONARDI, A. RUTA SERAFINI, Dall’VIII secolo alla romanizzazione, in Storia dell’Altipiano cit., pp.179-184.  

[39] G. ROSADA, Dal territorio “regolato” romano al territorio incastellato medievale, in Carta archeologica cit., pp. 29-35.  

[40]  E. PETTENÒ, Il disco votivo di San Pietro di Rosà, in Nelle campagne della Rosa. Dieci anni di ricerche archeologiche a Rosà, a cura di E. Pettenò, Bassano del Grappa, Editrice Artistica Bassano, 2004, pp. 65-77; E. PETTENÒ, Nel segno di Marte. Una proposta di lettura per il disco di Marostica (Vicenza), in …ut…rosae…ponerentur. Scritti di archeologia in ricordo di Giovanna Luisa Ravagnan, a cura di E. Bianchin Citton e M. Tirelli, Venezia, Regione del Veneto, Roma, Quasar-Canova, 2006, pp. 67-75. 

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