[1] Sulla fondazione ha dato ampie informazioni A. CHEMIN, Campese, storia del territorio, Verona, Grafiche SIZ, 1995, pp. 6-53. Si veda la bibliografia nel primo volume di questa storia, alle pp. 301-302  

[2] E’ in atto una revisione della biografia ufficiale dell’ abate Ponce ad opera dello studioso Marcellin Babey, dell’ Università di Losanna, che lo definisce «il più grande abate di Cluny. La sua tragica fine aggiunge ancora meriti a questa grandezza».  

[3] Questa idea del monastero è condivisa pressoché all’unanimità. Valga per tutti citare F. SIGNORI, Campese e il Monastero di Santa Croce, Bassano del Grappa, Comunità parrocchiale di Campese, 1984, pp. 102- 104.  

[4]  Così secondo i più recenti studi di M. ZAGGIA, Tra Mantova e la Sicilia nel Cinquecento, Firenze, Olschki, 2003, pp. 880-881. Egli posticipa di un anno l’arrivo a Campese del poeta, rispetto alla tradizione. Il Folengo partì dalla Sicilia dopo il 9 giugno 1543.  

[5] Attributi stilati da Francesco de Sanctis in Storia della Letteratura Italiana, Milano, Feltrinelli, 1967, p. 639.  

[6]  Venne pubblicato in G. B. MARINO, La Galeria del cavalier Marino. Distinta in pitture e sculture, Venezia, Ciotti, 1635, p. 244. L’autore ammonisce a non abbandonarsi ad una piacevole lettura di superficie della poesia folenghiana, ma di fare attenzione ai contenuti: «La gran Maccheronea da me composta, / è fatta apunto come i maccheroni, / che sopra di formaggio hanno la crosta, / e dentro son fodrati di capponi; / perché tanta dottrina v’è nascosta, / che non è da inghiottirla in duo bocconi; / e se ben a coverta è saporita, / chi tocca ‘l fondo se lecca le dita». L’ottava venne trascritta nella cappellina folenghiana probabilmente in occasione del restauro finanziato da mons. F. Sartori nel 1870. Oggi non è più leggibile. (cfr. O. FABRIS, Michele Caffi e le fortune del macaronico nel ‘700 veneto, in M. CAFFI, Compositiones variae macaronicae, Bassano del Grappa, Amici di Merlin Cocai, 2012, p. 24).  

[7] «Loin de tout» lo definisce anche Mario Chiesa, nell’ Introduction dell’edizione francese di T. FOLENGO, Baldus, 3 voll., con traduzione di G. Génot e P. Larivaille, Parigi, Les Belles Lettres, 2004.  

[8] Su Antonio Grande v. O. FABRIS, Artisti e artigiani della pelle nel Veneto antico, Milano, Editma, 2005, pp. 92, 93. La visita viene ricordata da un affresco nella cella eremitica conservata tra le strutture della chiesetta di San Vito.  

[9] T. FOLENGO, La Palermitana, a cura di P. S. De Corso, Firenze, Olschki, 2006, p. 19.  

[10]  L’opera, anonima, edita a Sevilla da Dominico de Robertis, è stata proposta in edizione moderna: Baldo, a cura di F. Gernert, Alcalà de Henares, Centro de estudios Cervantinos, 2002.  

[11]  Ne ha scritto, in particolare, J. FLEURY, Voyage a l’oracle de la dive bouteille: Folengo et l’Orlandino, Cingar et ses moutons, Paris, Didier et C.ie, 1877 e C. F. GOFFIS, Roma, Lutero e la poliglossia folenghiana, Bologna, Pàtron, 1995, pp. 29-33. Assai più vasto è lo studio di R. SCALAMANDRÈ, Rabelais e Folengo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1998.  

[12] In realtà, stando ai documenti pubblicati e commentati da ZAGGIA, Tra Mantova cit., p.880, la sua partenza era stata programmata nel capitolo generale della primavera del 1443 e il 9 giugno venne stanziata dal monastero la somma necessaria al suo trasferimento.  

[13] T. FOLENGO, Atto della Pinta, a cura di M. Di Venuta, Lucca, M. Pacini Fazzi, 1994.  

[14]  Edizione moderna: T. FOLENGO, La umanità del Figliuolo di Dio, a cura di S. Gatti Ravedati, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2000.  

[15]  Una critica maggiormente attenta alle valenze artistiche della poesia folenghiana e ai suoi contenuti è stata attivata da una fervida attività convegnistica inaugurata dal convegno di Mantova del 1977 (Cultura letteraria e tradizione popolare in Teofilo Folengo, Milano, Feltrinelli 1979), cui seguirono le Manifestazioni Folenghiane di Brescia fra il 1979 e il 1980 (Folengo e dintorni, Brescia, Grafo, 1981) e il grande convegno di Mantova-Brescia-Padova del 1991 Teofilo Folengo nel quinto centenario della nascita (1491-1991), con Atti pubblicati a Firenze, Olschki, 1993; infine, il Convegno di Studi Folenghiani nel 450° anniversario della morte, di Bassano del Grappa-Campese (1994) i cui atti sono stati pubblicati in Quaderni folenghiani, 1 (1995-1996). Chiude la stagione dei grandi convegni Folengo in Sicilia. T. Folengo e la cultura siciliana della Rinascenza, Partinico, Palermo, S. Martino delle Scale, 1997. Gli atti vennero pubblicati in Quaderni folenghiani, 2 (1997-1998).  

[16] Per comprendere certi sconcertanti atteggiamenti del Folengo è utilissima la lettura dell’introduzione a T. FOLENGO, Orlandino, a cura di M. Chiesa, Padova, Antenore, 1991.  

[17] T. FOLENGO, Chaos del Triperuno, Venezia, N. Garanta, 1527. Quest’opera è stata riedita in copia anastatica dagli Amici di Merlin Cocai a cura di O. Fabris e R. Stringa (2010).  

[18] Anche in Germania il macaronico diventa linguaggio adottato dagli spiriti più liberi, fiancheggiatori di Erasmo da Rotterdam nella critica verso le deviazioni della Chiesa contemporanea e delle università di Lovanio e della Sorbona, dominate dai teologi conservatori e reazionari. L’opera più significativa e impegnata e con molte connessioni alla successiva opera folenghiana è Epistolae Obscurorum Virorum, attribuita a U. VON HUTTEN e pubblicata da editore ignoto, forse a Colonia, nel 1515. Dello stesso autore sono il Dialogus novus mire festivus...(1519). Quest’opera è stata pubblicata a Parigi, presso Les belles Lettres (2001), assieme ad un Dialogus saneque festivus... di C. NESTÄTTEN (Parigi, C. Resch, 1519), con il titolo Les funerailles de la Muse, suivi de La Conference macaronique, a c. di J.C. SALADIN.  
[19] Anche di questa rarissima edizione, di cui era nota neppure una decina d’ esemplari, è stata realizzata una ristampa anastatica nel 2011, a cura di O. Fabris e R. Stringa, con una nota di G. Bernardi Perini.  

[20]  Federico aveva vivacemente sollecitato il Folengo per la pubblicazione della seconda edizione della sue Macaronee (1521), sontuosamente illustrata da 53 magnifiche xilografie. Il Folengo gli dedicherà, in modo assai confidenziale, L'Orlandino (1526).  

[21]  Vedi Il Folengo poeta latino dall’Hagiomachia con traduzioni e note di E. Bolisani, Padova, Tipografia Antoniana, 1961. E’ questa, sinora, l’unica edizione a stampa dell’opera.  

[22]  Regula Sancti Benedicti, Cap. L, De fratribus qui longe ab oratorio laborant aut in via sunt, e Cap. LI, De fratribus qui non longe satis proficiscuntur, in La Regola di San Benedetto e le Regole dei Padri, a cura di S. Pricocolo, Milano, Fondazione Valla, A. Mondadori, 1998, pp. 228-231.  

[23] A. PROSPERI, L’eresia del Libro Grande, Milano, Feltrinelli, 2001. L’autore, a p. 42 e sgg., annota che anche il Contarini venne creato cardinale da Paolo III proprio in funzione di un rafforzamento di questo progetto.  

[24] La Regola cit., pp. 165-185, capp. VIII-XX.  

[25]  Di queste edizioni, un paio delle quali erano introvabili, l’Associazione Amici di Merlin Cocai ha realizzato la ristampa anastatica, dando agli studiosi una maggiore possibilità di consultazione e di confronto. La prima è anche nota come “Paganini” (edita però a Brescia a cura di P. Gibellini e M. Zaggia, per le ASM), la seconda come “Toscolanense” con postfazione di G. Bernardi Perini e nota di R. Signorini e la terza come “Cipadense”a cura di A. Nuovo, G. Bernardi Perini, R. Signorini. L’ultima è detta “Vigaso Cocaio”.  

[26] ZAGGIA, Tra Mantova cit., p. 527.  

[27] Il libro definito «Liber damnatus», finì all’Indice nel 1580.  

[28] G. FRAIGNITO, Degli Ottoni Luciano, in DBI, 36, 1988, pp. 169-173.  

[29] ZAGGIA, Tra Mantova cit., p. 842 e ed. cit., pp. 139-140.  

[30]  CHEMIN, Campese cit., pp. 65-67. L’iscrizione così dice: «Qui vengono conservate le ceneri del monaco Teofilo, finché non rivivrà: si addormentò nel modo migliore nel Signore il giorno 9 dic.1544»  

[31] ZAGGIA, Tra Mantova cit., p. 672.  

[32]  Così definiti nella dedica di Humanità del Figliuolo di Dio in ottava rima, per Theophilo Folengo Mantoano, Venezia, A. Pincio, 1533.  

[33] SIGNORI, Campese e il Monastero cit., p. 103.  

[34] ZAGGIA, Tra Mantova cit., pp. 453-461.  

[35]
  F. SIGNORI dedica il suo Campese e il Monastero cit., a questa lunga e significativa sequenza di monaci: T. Folengo, L. degli Ottoni, B. Fontanini, D. Faucher, A. da Bozzolo.  

[36] PROSPERI, L’eresia cit., p. 81.  

[37]  Egli si prese cura di un restauro del sepolcro e delle iscrizioni a cui ne aggiunse di nuove, nel 1609. Grillo fu uno fra i più illustri esponenti della Congregazione Benedettina, di cui fu eletto Abate Generale per ben tre volte.  

[38] ZAGGIA, Tra Mantova cit., pp. 565, 867-868, non accoglie l’identificazione di Signori e ritiene più probabile che si tratti di Dionisio da Urbino.  

[39] G. BILLANOVICH, Tra don Teofilo Folengo e Merlin Cocaio, Napoli, Pironti, 1948, pp. 46-47.  

[40] V. BARRALI SALERNO, Chronologia sanctorum et aliorum virorum illustrium, Lugduni, P. Rigaud, 1613, pp. 373-470. 

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