[1] Cfr. F. SIGNORI, Regesto, in Il duomo di Santa Maria in Colle di Bassano del Grappa, Bassano del Grappa, Comitato per la storia di Bassano; Verona, Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona, 1991, pp. 162-163.  

[2] Acta SS. Ianuarii, II, Venezia, PP. Bollandisti, 1734, pp. 221–226 (con la vita redatta nel sec. IX); BHL, I, p. 156, n. 1040; BCB, Ms. 33.C.18 (sec. XVIII), ff. 30–32.  

[3] G. CORTI, Lo sfondo dottrinale ambrosiano del concilio di Aquileia, in Atti del Colloquio internazionale sul Concilio di Aquileia del 381, Udine, Arti grafiche friulane, 1981, pp. 43–67.  

[4] E. PERETTO, L’autorità della Scrittura nel dibattito del concilio, in Atti del Colloquio cit., pp. 99–124.  

[5]  Era certezza indiscutibile quella che Nicea aveva sancito e resa «cattolica» circa il rapporto Padre-Figlio nella Trinità; effettivamente Bassiano condivise integralmente con Ambrogio la saldezza della dottrina e l’aderenza alla più ortodossa e intransigente tradizione.

[6]  Cromazio di Aquileia, presente e partecipe del concilio del 381: S. TAVANO, Una pagina degli «Scolia» ariani, in Atti del colloquio cit., p. 164.  

[7] S. LEWIS, The Latin Iconography of the Single-Naved Cruciform Basilica Apostolorum in Milan, «Art Bulletin», LI (1969), pp. 208 ss.  

[8] Ambrogio stesso nel prologo del De fide sembra assegnare all’attività pastorale il primato sull’attività didattica, quando dichiara che «avrebbe preferito incitare alla fede, piuttosto che polemizzare su di essa», poiché «incitare alla fede significa votarsi ad essa e professarla» (I, 4). Anche per Bassiano nel concilio di Aquileia non si trattava tanto di risolvere una oziosa questione di alta speculazione teologica, quanto piuttosto di mettere al sicuro i supremi valori della fede, cioè in ultima analisi i destini del genere umano; e si trattava di professare la fede secondo gli insegnamenti evangelici. La carità come impegno assoluto contrassegna l’attività del vescovo di Lodi e dell’amico Ambrogio, defensor pauperum, che non esitò a scrivere in difesa dei poveri all’imperatore Eugenio (Epist., 61, 7; 62, 4), come anche a difendere il diritto di asilo.  

[9] Cfr. M. E. BOTTECCHIA DEHÒ, Girolamo. Scritti vari, Roma, Città Nuova, 2009, p. 23..  

[10] A Sebastiano, Emerenziana, Feliciano va aggiunto il martire Daciano, custodito nell’altare dei santi Stefano e Lucia.

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