[54] URBANI DE GHELTOF, Intorno alle fabbriche cit., pp. 24 e ss.  

[55]  Diverse volte la vedova di Baldissera, Ippolita Meneghini, dichiara il marito successore dei Moretto e colui a cui va il merito di aver risollevato la fabbrica.  

[56] URBANI DE GHELTOF, Intorno alle fabbriche cit., pp. 24 e ss.  

[57]  URBANI DE GHELTOF, Intorno alle fabbriche cit., p. 27. Gio Batta Fabris appartiene ad una famiglia di ceramisti bassanesi. Questi, dopo aver lavorato a lungo dall’Antonibon, nel 1765 viene registrato ad Este nella lettera che, suo cognato, il Varion scrisse a Marcantonio Verziera. Vedi G. ERICANI, Este, in La ceramica nel Veneto cit., pp. 391 e ss.; G. BERTOCCHI, La porcellana di Bologna. Una sconosciuta avventura dell’arte ceramica del Settecento, «Il Carrobbio» , XIII (1988), p. xx; G. LIPPI, Giuseppe e Leopoldo Finck, in Da Giuseppe a Leopoldo Finck. Maioliche bolognesi del Settecento (1796-1797), a cura di G. Asioli Martini, Bologna, Gaspari, 2000, pp. 31-38.  

[58]  Urbani ci dice che Ippolita si reca a Venezia a mostrare maioliche e porcellane di sua produzione. Tra cocome, piatti e vasi vi sono «due salatiere a forma di frutto con coperchi» (URBANI DE GHELTOF, Intorno alle fabbriche cit., p. 28).  

[59] URBANI DE GHELTOF, Intorno alle fabbriche cit., p. 28, STRINGA, La ceramica di Angarano cit., p. 61.  

[60]  Questi, nato a Parigi nel 1737, vantava di conoscere i segreti della produzione della porcellana tenera, era stato collaboratore di Antonibon nel suoi tentativi di fabbricare la porcellana e lo aveva lasciato nel 1765 o poco prima (STRINGA, La ceramica di Angarano cit., p. 62, doc.13: 20 luglio 1778). A Nove nel 1759 aveva sposato Fiorina Fabris, figlia di Carlo e sorella di Gio Batta, anch’essa ceramista. Aveva sostato a Venezia, Bologna nel 1778 (si veda la lettera pubblicata in LIPPI, Giuseppe e Leopoldo Finck cit., pp. 35-38) ed a Sassuolo (nel libretto dei “Segreti” della manifattura Dallari è citata la ricetta per la pasta «Buona Porcellana del Varione». Vedi G. RONZONI, I “segreti” dei Dallari, in F. LIVERANI, I Dallari e la ceramica di Sassuolo nel Settecento, Modena, Emilceramica, 1996, pp. 56–69, App. 6), tentando ovunque di impiantare una manifattura di porcellana «ad uso di Francia e d’Inghilterra». Scriverà anche al Papa per tentare di ottenere il diritto di privativa nelle tre Legazioni romagnole (BERTOCCHI, La porcellana di Bologna cit., p. 45). Nello stesso anno si stabilirà con la moglie ad Este, dove lavorerà prima con Brunello e poi con Contiero, per morirvi nel 1781.  

[61] E’ compilato anche un elenco dei creditori dei Marinoni-Fabris tra cui si leggono i nomi dei Brunello di Este o del Lorenzi di Trieste.  

[62]  Come testimoniano quattro operai di Antonibon, tra cui Damiano Bernardi, i Marinoni tentano continuamente di attirarli. STRINGA, La ceramica di Angarano cit., p. 59.  

[63] L'incaricato veneziano dalla Marinoni aveva visto due fornaci da “terraglie e cristalline” e nessuna per porcellane (STRINGA, La ceramica di Angarano cit., pp. 63-65).  

[64] STRINGA, La ceramica di Angarano cit., p. 66, doc. 19.  

[65]
  M. STECCO, Storia delle Nove, Bologna, Adalgiso-Ruggero, 1985, p. 188 (rist. dell’ed. Bassano. Arti Grafiche Bassanesi, 1925).  

[66]  STECCO, Storia delle Nove cit., pp. 189-190. Quel patto economico viene citato in un accordo del 1789 tra i figli Marinoni: Giovanni compra la parte del fratello Valentino (nell’inventario è ormai elencata solo ceramica ordinaria). STRINGA, La ceramica di Angarano cit., p. 68.  

[67]  K. BRUGNOLO, Museo civico della ceramica, in Museo civico della ceramica di Nove, a cura di K. Brugnolo, Venezia, Regione del Veneto, Bassano del Grappa, Comune, Nove, Comune, 2004.  

[68] STRINGA, in Museo d’arti applicate. Le ceramiche, a cura di R. Ausenda, Milano, Electa, 2001, II v., pp. 530-531, n. 493.  

[69] Casa d’aste Wannenes, 2010, asta 60, lotto 585.  

[70]  W. CHAFFERS, Marks and Monograms on Pottery and Porcelain, London, Bickers and Sons, 1870 (3. ed.), p. 329. Come abbiamo detto Fabris aveva anche lavorato ad Este ma lì non sarà né il proprietario, né il direttore della manifattura, quindi questo pezzo marcato è stato più probabilmente prodotto ad Angarano o, forse, nel breve periodo di attività autonoma a Rivarotta.  

[71] L. DE MAURI (E. SARASINO), L’amatore di maioliche e porcellane, Milano, Hoepli, 1981 (ristampa parziale della 3. ed., 1924), p. 6. 

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