Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Bassano spartì con Vicenza ed Arzignano anche il grosso delle tradizionali lavorazioni dei conciapelle. Il settore conciario, destinato sul lungo periodo ad assumere una posizione di punta nell’industria vicentina e a creare sull’asse Arzignano-Chiampo un polo specializzato di importanza nazionale, conobbe per tutto l’Ottocento un’evoluzione assai lenta, mantenendo un’incidenza minima sul tessuto industriale della provincia per numero e dimensioni delle unità produttive, per la media occupati/impresa e per il livello tecnico ancora arretrato. I sistemi di concia rimasero a lungo quelli tradizionali legati all’uso di sostanze vegetali e a cicli produttivi assai prolungati, per questa ragione l’attività occupò a lungo una posizione marginale. Il principio attivo era il tannino, sostanza tipica usata per trasformare le pelli crude in cuoio, che si estraeva dalla corteccia dell’abete bianco e dalla ghianda della vallonea, una quercia sempreverde molto comune nel bacino del Mediterraneo. A metà Ottocento, Francesco Chiminelli, che aveva avviato a Bassano una massiccia produzione di pelli scamosciate, introdusse l’uso dei sali di cromo[225]. Nessuna significativa innovazione venne a mutare, fino a Novecento inoltrato, le pratiche tradizionali dei conciatori, i quali smerciavano articoli di qualità sufficiente ai bisogni del mercato locale e cuoio da suola nel limitrofo Tirolo, tradizionale area di sbocco delle produzioni prealpine. A questi artigiani è tuttavia necessario riandare, in quanto portatori di un’abilità acquisita e di una propensione all’autofinanziamento ai quali lo sviluppo demografico ed agricolo, insieme alle più favorevoli condizioni di mercato e tecnico produttive, avrebbero offerto tra Otto e Novecento più favorevoli opportunità di sviluppo. Nella prima metà dell’Ottocento, il distretto di Bassano rappresentò il polo produttivo del settore, nelle dodici concerie vennero trattati i due terzi delle pelli della provincia[226]. Fra i più noti artigiani della concia figura Giovanni Jonoch, discendente da Bortolo che, ungherese di provenienza, nel 1733 introdusse a Bassano, in anteprima nel Veneto, l’uso della concia delle pelli “camozzine”, secondo le nuove mode d’oltralpe[227]. La “camozzina” era un particolare tipo di pelle di capra e di capriolo conciata all’olio di pesce e pomiciata dal lato fiore e “camozeri” erano chiamati gli artigiani della concia scamosciata. Sulla storia della famiglia Jonoch le notizie, ancora frammentarie, sono state ricavate da una prima indagine condotta sugli atti dei notai di Bassano e di Vicenza, da questi documenti è stato possibile rilevare che nel primo decennio dell’Ottocento avvenne l’ampliamento dell’attività. In quegli anni la famiglia risiedeva in borgo Margnan in una casa signorile, oltre a Giovanni, erano impiegati nell’arte tre dei suoi sette figli: Giuseppe, Vincenzo e Gaetano[228]. Quest’ultimo esercitava l’attività di tintore a Cittadella dove risiedeva, nel giro di pochi anni acquistò due case a Bassano, una delle quali situata in contrada del Sole, storica sede delle botteghe di conciapelle. Una conferma della sua disponibilità finanziaria viene dall’inventario dei beni redatto alla sua morte avvenuta nel 1817[229](fig.16).

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16. Albero genealogico della famiglia Jonoch Giovanni (sec.XIX)

Nel 1819 Giuseppe e Vincenzo, uniti in fraterna fino al 1824, approfittando forse delle opportunità offerte dal mercato immobiliare, provvidero ad acquistare i locali tenuti in affitto nei quali esercitarono la concia, ubicati anch’essi in borgo Margnan, in località “alle Grotte”, nei quali collocarono anche una macina per vallonia e un follo per pelli. Le transazioni notarili che li videro protagonisti riguardano il commercio di pelli, le compravendite di immobili, terreni e case, ma anche prestiti che vennero praticati al tasso d’interesse del 5 per cento. Quest’ultimo tipo di transazione induce a riflettere sull’assenza di istituti di credito che, a Bassano come altrove in questi anni, costituì il maggiore ostacolo all’espandersi dell’attività commerciale e imprenditoriale. La condizione degli operatori, oltre che da fattori economici, era spesso condizionata da fattori politici, l’instabilità di alcuni Stati costituì un ulteriore rischio per il commercio. Significativo a questo proposito risulta il caso di Pietro Velo, di Paderno, negoziante di tessuti di lana che commerciò soprattutto nella zona di Scutari. L’instabilità politica verificatasi nei paesi balcanici negli anni Trenta ebbe negative ripercussioni sulle sue attività, egli si trovò costretto a chiedere un prestito in denaro a Giuseppe Jonoch a garanzia del quale dovette ipotecare non solo le sue proprietà ma anche quelle della moglie. Negli anni Trenta e Quaranta esercitarono l’attività di conciapelle gli eredi di Giovanni, figlio di Vincenzo, che era morto a soli 17 anni nel 1834 lasciando il suo patrimonio ai numerosi figli della sorella Angela che ne divenne usufruttuaria, e Giuseppe con due dei suoi quattro figli, Giovanni e Teresa. Questi ultimi nel 1836 costituirono una Società per il commercio e la fabbricazione della pelle, ossia di “garberìa”. In quell’occasione Giovanni acquistò dalla sorella una parte dei locali adibiti alla lavorazione e, dopo la morte del padre avvenuta nel 1843, proseguì gli investimenti nel settore immobiliare acquistando beni situati in diverse località, a Fonte, a Godego, a Marostica, a Nove, spesso approfittando dello stato di insolvibilità di molti venditori. Nel 1845 il suo patrimonio dovette essere piuttosto cospicuo se gli consentì l’acquisto di un palco nel Teatro Sociale di Bassano, ente del quale successivamente fu anche presidente[230]. Come afferma Berti, i titolari dei palchi pagavano una quota annuale, per la gestione ordinaria e per assistere agli spettacoli, che era astronomica, per questa ragione non potevano che appartenere alla nobiltà e all’alta borghesia cittadina[231]. Un ulteriore incremento del suo patrimonio si verificò nel 1867 alla morte della sorella Teresa che lo nominò erede universale. Giovanni Jonoch partecipò attivamente anche alla vita politica e sociale cittadina, nel 1848 fu con Valentino Berti e Antonio Girardello, membro del governo provvisorio a Bassano e dopo l’Unità fu a lungo consigliere comunale[232]. Nel 1861, fondò, assieme a Bordignon Antonio, Freschi Giovanni, Colbacchini Pietro, ed altri esponenti della borghesia produttiva e industriale, la Società di Mutuo Soccorso degli artigiani bassanesi, di cui fu il primo presidente[233]. Il sodalizio dedicato a San Giuseppe si richiamava alla Società Generale di Mutuo Soccorso fondata nel 1858 a Vicenza da Fedele Lampertico, punto di riferimento del cosiddetto «liberalismo moderato»[234]. Il suo scopo precipuo era quello di provvedere ai bisogno sociali ed economici dei soci, in caso di malattia o di inabilità al lavoro. Gli iscritti nel 1861 erano 654, di questi 84 erano donne. Nel 1839 a Bassano erano presenti nove concerie ubicate sia nella zona di Borgo Margnan, nella parte prospiciente il Brenta, sia più a sud dopo il ponte, nella zona di Campo Marzo. Nel complesso vi trovarono impiego cento addetti e il numero di pelli lavorate raggiunse i 25.000 pezzi, il totale delle spese sostenute dai produttori fu di 131.600 lire a fronte di un ricavato di 140.000[235]. Nel 1854 nel distretto si contavano dodici concerie su diciotto presenti nella provincia vicentina nelle quali, secondo i dati forniti dalla Camera di commercio di Vicenza, vennero conciate centomila pelli all’anno, per un valore complessivo di 500 mila fiorini. Oltre al cuoio per suole e calzature, la maggior parte della produzione, che consisteva in pelli da guanti, in articoli da pelletteria e da legatoria, venne esportata all’estero[236]. Fra il 1855 ed 1856 la lavorazione ed il commercio delle pelli furono favorite sia dalla guerra d’Oriente, che ebbe come effetto l’esaurimento di tutte le pelli lavorate sulle piazze straniere e il notevole aumento del prezzo delle pelli anche nelle province venete, sia dalla concessione accordata dal Governo ai produttori per l’assunzione degli appalti per le forniture di pellami alle truppe stanziate nel Lombardo Veneto[237]. La conceria Jonoch rimase fiorente fino agli albori del XX secolo, ebbe fra i suoi clienti la Casa d’Austria alla quale fornì pelli di daino, bianche e gialle, per guanteria e selleria di lusso. Nell’inchiesta industriale svoltasi dal 1870 al 1874 risulta che nella provincia di Vicenza il centro principale dell’arte conciaria era Bassano, seguita da Gallio. Le due fabbriche più importanti risultano essere state quelle di Segafero Gaspare di Gallio, che disponeva di un motore a vapore da 10 HP, nella quale quaranta addetti lavorarono annualmente dalle otto alle diecimila pelli di vitello e vacchetta; e quella di Jonoch Giovanni di Bassano, azionata da forza idraulica, nella quale trenta addetti lavorarono annualmente ottocento pelli di bue, duemila di vacca, ottocento di vitello, settemila di pecora e montone ed infine duemila di agnellino[238]. Nel 1900 la ditta Jonoch ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione di Parigi per la produzione di pelle di daino per sellerie e guanterie. La fabbrica gettò le basi per lo sviluppo delle concerie bassanesi rinomate fino a non molti anni fa sia in campo nazionale sia europeo per la produzione di pellame scamosciato e dei delicati cuoi velours[239].  

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