Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

L’ampio spettro di specializzazioni settoriali che caratterizzò il distretto bassanese era costituito da attività che si inserivano nell’alveo della tradizione, come la lavorazione della ceramica e quella della concia, ma si mantenevano ancora nell’ambito delle produzioni artigianali, solo più tardi, a cavaliere fra Otto e Novecento, queste attività assunsero la dimensione di fabbrica. Gli sviluppi del distretto ceramico avvennero ad opera di alcune aziende pilota, cresciute sui sentieri della manifattura privilegiata innovando i prodotti e adeguandoli alle mutate condizioni del mercato. Con la caduta della Repubblica erano cessati il sistema protezionistico di divieti, privilegi, esenzioni fiscali e i divieti di importazione[218]. Nel 1818 la Camera di Commercio di Venezia promosse un’indagine statistica sulla produzione della ceramica dell’intera regione, che portò all’evidenza una generale crisi del settore nel bassanese, dovuta in parte all’importazione di materie prime, e in parte allo stato rovinoso delle strade di collegamento fra Vicenza e Bassano e fra questa e Nove e Angarano. Fra il 1802 ed il 1824 la ceramica di Nove, nel distretto di Marostica, aveva raggiunto il massimo grado di perfezione tecnica e di qualità artistica. Nella località erano attive quattro fabbriche nelle quali si producevano porcellane, maioliche e terraglie, che impiegavano nel complesso 150 lavoranti. Nel 1819 la manifattura Baroni Giovanni produsse 365.000 pezzi fra porcellane, maioliche e terraglie, mentre la manifattura Toffanin Andrea si distinse per la produzione del maggior numero di terraglie, 510.100 pezzi[219]. La manifattura Antonibon, che nel Settecento aveva primeggiato nella produzione di maioliche, riuscì a sopravvivere all’età napoleonica, ma nel periodo in cui Giovanni Battista Antonibon (1825-1886) fu alla guida dell’impresa si rese necessario sostituire la produzione della ceramica e della maiolica con quella delle “terraglie popolari”[220]. Anche nelle tre manifatture di terra rossa e cristallina di Bassano, di proprietà di Guido Antonio, Lozzera Biagio e Mattarolo Giacomo, si produssero ceramiche di prevalente uso domestico, che andarono dagli 80 ai 35 mila pezzi, questi vennero esportati in Lombardia, a Milano, e nelle province venete[221]. Nel 1834 gli stabilimenti aumentarono a sette. La lavorazione di terraglie, iniziata dalla manifattura Cecchetto di Angarano, fu assunta successivamente anche da quella di Viero Giovanni che nel 1846 impiegò 36 addetti[222]. A Bassano nel 1851 erano attive le manifatture di: Nicoli Giuseppe, Dalla Valle Francesco, Marcon Giovanni Battista e Francesco, che impiegarono dai 7 ai 14 addetti[223]. Verso la metà dell’Ottocento la scelta di basare la produzione sulla terraglia popolare, di basso prezzo, ma di notevole diffusione commerciale, si rivelò vitale per la produzione, che venne favorita anche dal divieto di importazione delle ceramiche inglesi. Questa scelta si rivelò strategica in quanto permise alla lavorazione artistica di riemergere nella seconda metà dell’Ottocento. Non fu estranea al suo recupero l’istituzione nel 1810, per iniziativa della Municipalità, di una scuola di disegno indirizzata sia ai giovani avviati alla carriera artistica sia a coloro che intendevano impiegarsi nelle arti meccaniche[224].  

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