Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Significativa importanza tematica va attribuita alla solenne canonizzazione compiuta da Gregorio XV il 12 marzo 1622 di Ignazio di Loyola (†1556), Francesco Saverio (†1552), Filippo Neri (†1595), Teresa d’Avila (†1582), consolidante l’equivalenza imitatio Christi/santità. La strada di Ignazio e Francesco Saverio incrocia Bassano (1537) verso l’eremo di Fra’ Antonio, come documentano le Fonti Ignaziane[11]; ai Cappuccini in Ognissanti sarà guardiano Lorenzo da Brindisi (1559–1619)[12], doctor apostolicus della Chiesa universale[13]. Il Seicento vede affermarsi il modello barocco di Santo, implicito assertore degli impegni fissati nei canoni di Trento; nel filone storico della spiritualità post-tridentina si inserisce Giovanna Maria Bonhomo (fig.2).

2FeliceChiereghini

2. Felice Chiereghini, La Beata Giovanna Maria Bonhomo, 1784. Bassano del Grappa, via Brocchi. La scultura della compatrona in salita Brocchi è un dono alla città dell’abate Giambattista Roberti ed è testimonianza della devozione tuttora molto sentita verso la beata.

La Beata bassanese per antonomasia, - nata ad Asiago da Giovanni, facoltoso mercante appartenente ad antico casato, e da Virginia Ceschi, nobildonna di Borgo in Valsugana, - battezzata con il nome di Maria, fattasi monaca aggiunse al proprio il nome del padre e si chiamò Giovanna Maria. Con il padre avrà sempre un legame speciale, sin da quando a dieci mesi, come del resto rievoca nell’autobiografico Nota d’alcune grazie fatte da Dio ad un’anima[14], ne frena il delirio geloso armato ad uccidere la giovane sposa. Rimasta a sei anni orfana di madre e affidata alle clarisse di Santa Chiara in Trento, a dieci anni si impegna con il voto di verginità; la decisione di farsi monaca, lì nata e maturata, si scontra con l’opposizione paterna: tolta dal monastero, dopo "preghi, digiuni et altro" otterrà di seguire la vita monastica[15]. Il 21 giugno 1621 entra tra le benedettine di S. Girolamo in Bassano, accolta come educanda non essendo ancora quindicenne.   La vestizione (8 sett. 1621) e poi la professione siglano incisivamente la sua spiritualità matura: le grazie – i doni mistici – che già ne avevano illuminato l’infanzia con intuizioni teologiche cristocentriche e trinitarie, "da allora", come lei ricorda, "crebbero"[16]: visioni si associano ad estasi con "intelligenze altissime della Santissima Trinità"; l’ascesi cresce vertiginosamente, fino alle stigmate sanguinanti e visibili. La sua fama si diffonde, mentre lei, sgomenta di vedersi oggetto di tante grazie, ammirata e cercata, sospettata e discussa, lotta contro Satana che la terrifica, contro malattie continue, contro il confessore don Alvise che la perseguita ritenendo Satana artefice dei fenomeni mistici.; ripetendo "sono peccatora […], venga sopra di me ogni male"[17], si dona in profusione di carità. Dal monastero di clausura tiene relazioni con umili e potenti, proletari e blasonati: tra visite illustri, di Enrichetta Maria Adelaide di Savoia e di Cosimo dei Medici sposo di Margherita Luigia di Borbone, gli infelici e i poveri, i frequentatori più assidui. Anche la guerra di Candia la vede chiamata in causa in qualità di consigliera: lei non si sottrae; e preannuncerà la morte dell’ammiraglio Lazzaro Mocenigo, comandante la flotta veneziana[18]. Prove dure l’attendono. Posta ripetutamente sotto inchiesta dalla Curia di Vicenza (quattro consorelle la denunciarono come ingannatrice e pazza, poi come strega), le viene precluso il badessato, nonostante la severa indagine sugli scritti ne riscontri piena aderenza all’ortodossia; è colpita da interdizione al parlatorio e alla ruota e a tenere corrispondenza scritta; con il nuovo confessore, il terribile don Domenico da Veglia (o da Veggia) detto il Beldente che ha l’impegno di disingannare l’ingannata, è respinta dal confessionale e dall’Eucarestia. Ma per lei "tutto è amore"[19], anche quando l’interdizione la colpisce nell’orazione e nel pensiero e le nega il dialogo epistolare con il padre. Un evento prodigioso - la particola eucaristica, negatale dal confessore, le viene porta da un angelo - è però illuminante per don Domenico che riconosce essere lui l’ingannato: a riparazione, farà erigere la piccola chiesa "tutelari angelo dicata". Giovanna Maria potrà essere eletta Badessa (1652) e sarà successivamente più volte priora e ancora Badessa nel 1664 (fig.3);

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3. Artista del sec. XVII, da Leandro Bassano(?), La beata Giovanna Maria Bonhomo. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. L’immagine è ottenuta da un dipinto più piccolo, inglobato e pittoricamente accompagnato all’interno di una tela di maggiori dimensioni. I caratteri stilistici suggeriscono la mano di Leandro Bassano per il ritratto originale.

solo nel 1663 le vengono totalmente annullate le interdizioni. Guida le anime, guida il monastero. Al suo primo impegno ascetico Dio, come per Mosè nel roveto ardente, era luce "che arde però non brucia"[20]; nel suo "dies natalis" (I° marzo 1670) una fiamma rilucentissima[21] sembra accendere la sera. Una delle matrici della sua complessa spiritualità è il francescanesimo, del quale si era nutrita in Santa Chiara; vi confluisce la sensibilità gesuitica che ne ha preparato il terreno negli anni di formazione monastica: con Ignazio condivide la "mistica di servizio per amore"[22]; affinamento e sintesi la spiritualità benedettina: impegno assoluto "non anteporre nulla all’amore di Cristo". Percorsi gli stadi mistici purificativo, illuminativo, unitivo, "Portata d’avanti al trono della Divina Maestà"[23] Giovanna Maria "tocca il mistero di Dio"[24] e l’infinito le si rivela alla coscienza[25]. Tutti i fenomeni che sono considerati manifestazioni dello stato mistico le appartengono: lettura delle coscienze, visione di cose e persone a distanza, levitazione e bilocazione, previsioni, virtù profetica e taumaturgia; vede il limbo, il martirio dei santi, la Madonna anche bambina… Nella sua pietà cristocentrica fulcro diverrà la Passione: oltrepassate visione ed estasi, viene segnata dalla sfraghis divina[26], come altre grandi stigmatizzate, ad es. Santa Caterina da Siena e Santa Teresa d’Avila. Una sua lettera testifica un evento unico nella storia della mistica: il Signore chiede a lei di scegliere il momento della morte del padre; toccherebbe poi agli angeli condurre l’anima in cielo, secondo quanto tradizione biblica e patristica insegnano; sarà invece lei precedendo gli angeli a scortare il padre al trono di Dio[27]. L’interrogativo si pone: tutto questo è santità? Invero, se la mistica può essere un cammino verso la santità e la santità un cammino verso la mistica, non necessariamente la meta viene raggiunta; quando nell’umiltà prende forma il puro amore, allora nasce la santità. È ciò che è accaduto per Francesco d’Assisi, per Caterina da Siena, per San Paolo, il primo ad usare il termine stigmate nel senso inteso dalla mistica; ugualmente per Giovanna Maria Bonhomo l’esperienza mistica tocca "l’Eternità, il suo mistero d’amore"[28], ridiscende però sulla terra alimentandone l’esercizio di carità. "Madre dei poveri", suo titolo araldico, ne sigla la santità. "Protettrice e avvocata" di Bassano dal 1799, dichiarata beata da papa Pio VI il 9 giugno 1783; è ora in corso la causa di canonizzazione, promossa per iniziativa di Giovanni Paolo II. 

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