Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Un ampio e fecondo filone di studi si è concentrato negli ultimi decenni su quelle sedi demiche – peraltro così numerose nel panorama italiano, e veneto in particolare – felicemente definite dagli storici «quasi-città» [1]: realtà complesse e diversificate, a metà strada fra la condizione di consistente borgo rurale e quella mai raggiunta di centro urbano dominante, che anche nella coscienza dei contemporanei apparivano talora «più simili a città imperfette … che a paesi»[2]. Si è cercato di cogliere nelle molteplici ricerche susseguitesi «tutta la rilevante ricchezza di motivi umani – militari certamente, ma anche economico-sociali, demografici, politici, perfino mentali»[3] sottesa alle molte “terre” del medioevo che hanno vissuto la condizione di “piccole città”, di città “minori”, di “cittadine”: espressioni che – come ha avuto modo di osservare Sante Bortolami – risultano cariche di una buona dose di empirismo. Non con analoga frequenza tuttavia si è dato spazio alle vicende religiose dei cosiddetti “centri minori”, quasi che in tale ambito si desse per scontato un processo di imitazione rispetto alla città neppure degno di essere indagato nello specifico e una linea di svolgimento pedissequamente appiattita su vicende già ampiamente disegnate per i centri urbani[4].Tali considerazioni, fortunatamente, non hanno riguardato la storia della Chiesa di Bassano, cui si sono dedicati nel corso del tempo studiosi di notevole spessore e di altrettanta passione. Prescindendo in questa sede dalla storiografia ecclesiastica erudita sette-ottocentesca, che tanta influenza ebbe sulla Storia di Bassano di Ottone Brentari – ove però la parte dedicata alla Storia ecclesiastica consta solamente di una trentina di pagine a fronte delle 824 complessive – si deve infatti ricordare che studiosi come Giovanni Mantese[5], Gina Fasoli[6] e Franco Signori[7], hanno fornito nella seconda metà del Novecento profili assai ben documentati e minuziose ricerche riguardanti la Bassano sacra, restituendo, secondo una linea evolutiva sistematica e coerente con gli apporti documentari, quadri esaustivi delle istituzioni ecclesiastiche bassanesi e della vita religiosa che intorno ad esse si svolgeva. Non sembri tuttavia pleonastico tornarci sopra: non è una “nuova” storia religiosa di Bassano che si intende proporre, quanto piuttosto una messa a fuoco di alcuni temi e di alcuni snodi ritenuti significativi e peculiari, in un contesto cronologico compreso grosso modo fra il XII e il XV secolo, anticipato da una “scorreria” non di poco conto fino al termine del secolo X, quando fece la sua comparsa nella documentazione la ecclesia Sancte Marie Plebe sita in Marimano[8], chiesa battesimale del luogo denominato Margnano, che fin da allora corrispondeva «se non all’intero futuro centro abitato, al suo più significativo polo di aggregazione»[9]. Le prospettive metodologico-tematiche degli ultimi decenni, che hanno coinvolto in modo decisivo lo sviluppo delle discipline storico-religiose, sollecitano ad approfondire ulteriormente – attraverso l’uso privilegiato delle fonti documentarie – le dinamiche createsi nella Bassano medievale, indagando i comportamenti di quegli uomini e di quelle donne che ispirarono la loro vita – tutta o solo in parte – agli insegnamenti della Chiesa, delle sue leggi canoniche, dei suoi rappresentanti, dei suoi scritti. Sulla base di tali insegnamenti, scritti e orali, uomini e donne, chierici e laici, singoli individui, intere famiglie o più ampie comunità, non soltanto hanno scandito le tappe della loro vita sacrale e sacramentale in modo conforme (o difforme) dalla legislazione ecclesiastica e hanno fatto testamento al termine della loro vita terrena con una specifica tensione verso l’aldilà, ma hanno creato istituti confraternali, istituito fondazioni monastiche, eremitiche e assistenziali, hanno dato vita a esperienze religiose connotate in senso pauperistico-evangelico e hanno fondato conventi mendicanti, secondo forme di partecipazione diversamente modulate che andavano dal semplice sostegno all’espressione concreta di una cultura cristiana consapevole e operante, fino al totale abbandono del “secolo” per un coinvolgimento definitivo nella vita religiosa.

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