Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Ritornando nuovamente al provvedimento assunto dal comune sulla residenza dei canonici, rimane da capire il motivo della decisione delle autorità bassanesi, dal momento che l’abitazione nei pressi della chiesa sembrerebbe essere la miglior condizione per la celebrazione regolare dei divina officia. Probabile dunque che si sia trattato di una misura volta sì al controllo dei chierici ma nello stesso a garantire loro una maggior sicurezza e a diminuire i disagi che comportava la lontananza dal palazzo pubblico, ove funzionari e magistrature svolgevano i loro servizi. Il sito di Margnano infatti, in origine “nucleo generatore” di Bassano, era andato progressivamente perdendo la sua posizione di luogo preminente a favore dello sviluppo più meridionale della cittadina e del burgus Baxani, area che acquisì nel corso del tempo supremazia abitativa e soprattutto amministrativa. Anche in assenza dei suoi canonici la chiesa tuttavia non rimaneva incustodita: gli statuti infatti documentano, quantomeno dalla metà del XIII secolo, la presenza di un eremita, denominato heremita de Sancta Maria e dimorante presso la pieve. Suo precipuo e originario incarico sembra essere quello di scavare fosas mortuorum[45], ma nel prosieguo del tempo (forse in concomitanza con la diminuzione del numero dei canonici e dei chierici addetti all’ufficiatura della pieve) le sue competenze si ampliarono notevolmente, comprendendo anche la cura degli altari, la sorveglianza della chiesa, il suono delle campane per segnalare i temporali e per ricordare l’Ave Maria, la raccolta delle elemosine, l’assistenza ai sacerdoti nel corso delle cerimonie sacre e durante il catechismo dei fanciulli[46]. Tali attività erano senz’altro apprezzate anche dai fedeli dal momento che gli eremiti risultano talvolta destinatari di piccoli lasciti anche nelle ultime volontà dei testatori e delle testatrici bassanesi[47]. L’eremita di Santa Maria in Colle si può senz’altro assimilare a quei custodes ecclesie, solitamente laici, impegnati nella sorveglianza e nella cura delle chiese e reperibili soprattutto in luoghi isolati, in piccoli santuari locali oppure in chiesette di montagna[48]. La denominazione di “eremita”, in questo e in altri casi documentati, assecondava, come è stato giustamente osservato[49], un lessico consueto per i fedeli, teso a connotare la vita isolata condotta dai custodes ecclesie; ma il loro ruolo risultava senz’altro subordinato all’autorità religiosa e in qualche modo istituzionalizzato, come attestano i non rari documenti di investitura vitalizia o temporanea redatti con l’elenco delle prestazioni richieste ma anche l’esistenza di un quaternus ad benedicendum heremitas conservato nel thesaurus della pieve e utilizzato per la cerimonia liturgica che accompagnava l’insediamento degli eremiti[50]. La pieve di Santa Maria non era del resto l’unico luogo religioso del Bassanese caratterizzato dalla presenza di “eremiti”: anche quella di Sant’Eusebio di Angarano[51], situata sulla riva destra del fiume Brenta, venne affidata nel XIV secolo alla sorveglianza e alla cura di una figura di questo genere.
Che il territorio bassanese si configurasse come un’area a forte connotazione eremitica non risulta solamente dai pochi esempi fin qui descritti. Man mano che ci si allontana dalle aree più densamente popolate e l’abitato si sfrangia facendo emergere nuclei sparsi di presenze insediative, il panorama religioso di Bassano si infittisce infatti di luoghi perlopiù isolati, benché non distanti da importanti vie di transito, che nel tardo medioevo ospitarono significative esperienze di tipo anacoretico.
Ce ne fornisce un elenco il testamento della più volte ricordata domina Miralda, moglie di un facoltoso notaio, che nel 1284 effettuò una serie di lasciti agli eremiti bassanesi, elencando in aggiunta al custode della pieve di Santa Maria anche quello di San Vito[52], della Santa Trinità[53], di Santa Felicita[54] e di San Pancrazio. Anche un’altra devota “speciale” di Bassano, Maria Bovolini (fig.5; tav.15),

croceguariento

5. Guariento di Arpo, Croce (part.), 1331 ca. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio. La committente Maria de’ Bovolini è rappresentata ai piedi della croce. Nel suo testamento è riservata attenzione, oltre che ai frati di San Francesco, agli eremiti di Bassano ed Angarano.

nota per il suo intenso legame con i frati Minori della costruenda chiesa di San Francesco, lasciò per testamento decem soldos denariorum parvorum pro quolibet heremita de Baxano et de Angarano[55]. La maggior parte di tali esperienze ebbe probabilmente breve o brevissima durata, ma certamente esse non furono di scarsa incisività sul vissuto dei fedeli, che sempre più numerosi cercavano risposte soddisfacenti alle inquietudini di un’epoca attraversata da nuove tendenze spirituali e culturali e anche da profonde lacerazioni nel tessuto sociale ed ecclesiastico. Sulle vicende religiose del Quattrocento bassanese, che vide moltiplicarsi e interagire fra loro molte di queste esperienze di vita ritirata, ci intratterremo analiticamente più avanti. Per le epoche che precedettero il XV secolo ci limitiamo a presentare seppur brevemente le vicende del locus di San Pancrazio, anch’esso situato nella località di Margnano e custodito nei secoli XIII e XIV da una serie di eremiti[56]. Non è pervenuta, allo stato attuale della ricerca, documentazione alcuna sull’origine della chiesa – assai spesso definita come “chiesetta” o “chiesetta campestre” – e la sua prima apparizione documentaria sembra essere quella contenuta negli statuti del 1259, ove si stabilisce che cento soldi di denari veneti siano devoluti ecclesie Sancti Pancracii per l’acquisto di un calice[57]. Il silenzio delle fonti non ha tuttavia impedito, in questo come in altri casi, di favoleggiare sulle origini della chiesa, forse anche per la presenza nei suoi pressi di una fonte di acqua ritenuta curativa, della cui tutela giunsero ad interessarsi anche le autorità comunali, proibendo per legge agli abitanti di Bassano di lordarla lavandovi i panni o di danneggiarla in altro modo gettandovi dentro sostanze nocive[58]. Non si trattava dunque di una chiesa officiata da un clero stabile, dal momento che essa non figura, come è stato più volte ricordato dagli studiosi, nei registri della Camera Apostolica su cui veniva documentato l’avvenuto pagamento delle decime dovute alla Santa Sede (rationes decimarum)[59]; tuttavia la sua posizione e la presenza della fonte terapeutica, elemento certamente non privo di valenze cultuali, ne fecero un luogo vivo, quantomeno nella memoria religiosa dei fedeli, degno di essere pubblicamente sovvenzionato e tutelato e destinato ad ospitare nel corso del Quattrocento, proprio per queste sue caratteristiche di isolamento, i pauperes heremite de societate presbiteri Petri de Malerbis. Ma sugli sviluppi di questa societas e sulle circostanze che condussero la chiesa di San Pancrazio ad assumere la nuova titolazione di San Sebastiano torneremo successivamente.

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