Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nel quadro della vita socio-religiosa bassanese un posto di notevole importanza è rivestito dalla presenza degli ordini e delle congregazioni religiose che, nel corso dell’800 e anche durante il ’900, tornarono ad insediarsi a Bassano dopo che, come si è già detto, la soppressione napoleonica aveva falcidiato conventi e monasteri. Sono presenze, quelle dei religiosi e delle religiose, molto importanti per la vita della comunità, perché essi si occupavano in genere di settori specifici del sociale, come l’assistenza e l’educazione, riservando la loro opera a segmenti particolari della popolazione, come i figli o le figlie delle famiglie agiate, dei ceti medi o del ceto popolare. La loro opera è un servizio in gran parte – o anche totalmente – gratuito e a tempo pieno, data la struttura e l’organizzazione degli istituti religiosi, in cui i compiti sono rigorosamente divisi, e quindi vi è chi è addetto alla portineria, chi alle cucine, chi all’insegnamento, favorendo così la specializzazione delle mansioni individuali. Anche a Bassano – e in modo particolare, dato il gran numero di religiosi e soprattutto di religiose – si sviluppò quel grande fenomeno della carità ottocentesca che vide fiorire specialmente nel Veneto, come in generale in tutta l’Italia settentrionale, decine di congregazioni e istituti religiosi con vari scopi assistenziali ed educativi. Nel Veneto, per un complesso di fattori e di processi storici secolari, le istituzioni formali deputate alla formazione culturale e professionale si sono strettamente intrecciate con altre istituzioni che hanno contribuito all’educazione religiosa e morale della popolazione. Una vasta rete di istituzioni formative, una miriade di esperienze informali e spontanee si sono diffuse capillarmente sul territorio, a partire soprattutto dal primo ’800, svolgendo un ruolo essenziale nell’integrare l’istruzione di base, notoriamente carente nella regione. Queste istituzioni, sotto il punto di vista della formazione del capitale umano, erano autentiche “officine dei valori”: oltre alla famiglia, alla comunità religiosa di base, quale è la parrocchia, e alla scuola, queste comunità rappresentavano punti di riferimento importanti nel territorio, anche per la crescita civile e non solo religiosa della popolazione[45]. Un’officina, occorre aggiungere, quella della Chiesa cattolica con le sue molteplici istituzioni diffuse capillarmente nel territorio, predominante nel Veneto più che altrove. E Bassano, con la presenza di ben dieci istituti religiosi, ne è un esempio molto significativo. È in particolare la donna religiosa ad assumere nell’Ottocento un ruolo nuovo e diverso da quello della monaca settecentesca[46]. Le donne religiose non erano più, prevalentemente, monache che stavano al di là di una grata, separate dal mondo, cui era precluso ogni contatto sociale, ma donne che andavano per le strade a raccogliere moribondi e malati, che fondavano scuole di campagna, che si adoperavano per ogni bisogno della carità, dall’assistenza infermieristica ai malati e ai vecchi, all’istruzione per i giovani. Tra le cause di questo cambiamento vi fu la politica ecclesiastica dell’Austria che, dopo le soppressioni napoleoniche delle corporazioni religiose, assegnò alla parrocchia compiti amministrativi civili, ma delegò anche alle nuove congregazioni religiose compiti di assistenza sociale, come la cura e il ricovero degli orfani abbandonati, dei figli illegittimi, dei poveri[47]. Queste decisioni politiche si calarono in un contesto che vide un intenso sviluppo del movimento associativo, espressione anche di una nuova forma di sensibilità verso il fenomeno della povertà[48]. Una sensibilità che, se si colloca nel più generale contesto europeo di attenzione verso i poveri – il bisogno di soccorrere i diseredati e di istruire i figli del popolo era sentito all’inizio dell’800 in tutte le nazioni[49] – si dimostrò molto acuta e feconda nel Veneto, stremato dalle guerre e dalle carestie dopo il passaggio cruento e devastatore delle truppe francesi e austriache. È un fenomeno che si colloca nel clima della Restaurazione, nel vagheggiato ritorno «dell’egemonia ecclesiastica nella società post-rivoluzionaria». Un ritorno che è vissuto secondo un respiro prettamente pedagogico-culturale, che esaltava, secondo il pensiero rosminiano, «la missione educativa, culturale e missionaria della Chiesa»[50], e che rispondeva alla politica dell’Austria volta ad attribuire una funzione civile al clero. Se più importanti e impegnativi divenivano ora i compiti della parrocchia, maggiore era il bisogno di forze operanti al suo interno, e spesso le suore diventavano le vere collaboratrici del parroco nella gestione dell’asilo infantile, dell’oratorio, della scuola di lavoro, della scuola di dottrina cristiana. Al di fuori della parrocchia la fioritura delle congregazioni religiose poteva trovare elementi disponibili nel gran numero di ex religiosi espulsi dai conventi dopo le soppressioni napoleoniche, i quali costituirono i quadri – insieme con le nuove leve – del movimento aggregativo che si diffuse in modo capillare sul territorio. Il fenomeno proseguì per tutto l’800 e per buona parte del ‘900. Nel 1926 l’economo spirituale – che sostituì mons Gobbi, defunto l’anno prima, nella compilazione del questionario per la seconda visita pastorale Rodolfi – elenca, oltre a 19 sacerdoti in cura d’anime presenti in città, dieci istituzioni religiose: i padri Cappuccini, ricostituitisi in città nel 1824 dopo la soppressione napoleonica; le Adoratrici perpetue del SS. mo Sacramento, le Figlie della Carità Canossiane, giunte a Bassano nel 1842, provenienti dalla casa madre di Verona, che si occupavano dell’istruzione delle figlie del popolo, ma avevano anche un educandato per le fanciulle della classe media; le Figlie del Sacro Cuore di Gesù, canonicamente erette dal 1897, che istruivano le fanciulle di famiglie agiate; le Figlie di Sant' Anna, operanti dal 1880, il cui scopo originario era quello di ricoverare le fanciulle povere e «pericolanti», successivamente mutato nello scopo di educare le fanciulle di media condizione; le suore di Carità della venerata Capitanio, che prestavano assistenza presso l’ospedale civile dal 1895; altre suore di Carità della venerata Capitanio tenevano invece un orfanotrofio maschile, aperto nel 1899; e ancora vi erano le Figlie della Divina Volontà, con la casa madre in vicolo XX settembre, aperta nel 1886, con lo scopo di assistere gli ammalati a domicilio; altre Figlie della Divina Volontà tenevano la casa di ricovero, si occupavano della cucina e del guardaroba dei poveri vecchi, e li assistevano se ammalati; e ancora altre Figlie della Divina Volontà lavoravano presso il Collegio Vescovile Graziani, importante istituzione educativa della città[51](fig.5),

5CollegioGraziani

5. Collegio Graziani. Bassano del Grappa, via Ca' Rezzonico Il Collegio Graziani assicurava l’educazione scolastica in ambito confessionale ed in esso prestavano la loro opera le Figlie della Divina Volontà.

e si occupavano della cucina, del guardaroba, dell’infermeria. Erano censite in totale 139 religiose (suore professe, novizie, probande) e 6 padri cappuccini, oltre a 4 laici professi e 12 novizi. Nel 1930 venne fondata a Bassano la Pia Società dei Missionari per gli emigranti italiani con 3 sacerdoti e 43 chierici (l’istituto degli Scalabrini fu terminato nel 1934); la casa generalizia si trovava a Cremona, ma fu scelta come ulteriore sede Bassano non solo per la salubrità dell’aria, ma anche perché uno dei primi seguaci di mons. Scalabrini fu proprio un bassanese, don Pietro Colbacchini (fig.6).

6IstitutoScalabrini

6. Istituto Scalabrini. Bassano del Grappa,  viale Scalabrini. L’Istituto, fondato nel 1930, è sede della Pia Società dei Missionari per gli emigranti italiani. Alla casa madre di Cremona si aggiunse Bassano perché uno dei primi seguaci di mons. Scalabrini fu un bassanese, don Pietro Colbacchini. 

All’ordine maschile si aggiunse anche una congregazione femminile, le Missionarie di San Carlo (scalabriniane). La rete degli istituti religiosi bassanesi si andava sempre più rafforzando, come dimostra il rendiconto di tutte queste istituzioni apparso nel «Bollettino della Diocesi»del 1931, forse più completo del questionario della visita pastorale[52]: alle istituzioni già esistenti si aggiunse il nuovo ospedale sanatoriale e nel 1931 la casa di riposo «Venerabile Gerosa»[53]. Tra le istituzioni che il vescovo Rodolfi intendeva valorizzare era il collegio Graziani, insignito del titolo di “vescovile”, e diretto nel 1931 da mons. Gabriele Migliorini, canonico onorario della Cattedrale: contava 7 professori con 122 convittori interni e 25 esterni, per un totale di 147 alunni, che salirono nell’anno successivo a 155. Il «Bollettino della Diocesi di Vicenza» del 1931, dopo aver pubblicato i dati sugli iscritti al Collegio, sottolineava l’importanza di questa istituzione: «Il Collegio vescovile merita di essere meglio conosciuto ed apprezzato. I parroci si interessino di più degli studenti, e li indirizzino al Collegio vescovile»[54]. Ed in effetti questa scuola, stando alla relazione che don Migliorini fece alla fine dell’anno scolastico 1930-31, doveva essere molto severa e selettiva e dare quindi garanzia di serietà: «[…]il rettore mons. Gabriele Migliorini diede un’ampia relazione dell’anno scolastico trascorso che segna il progressivo fiorire dell’Istituto preferito da tante famiglie per la serietà degli studi e per l’indirizzo religioso morale dell’educazione impartita. Gli alunni iscritti furono 148; di questi 109 hanno subito gli esami nella sessione di giugno di cui 73 risultarono promossi. Inoltre 27 alunni si sono presentati agli esami presso gli Istituti regii»[55]. Negli ultimi decenni del XX secolo molte case religiose (tre maschili e nove femminili) erano ancora presenti in città, sostenendo varie istituzioni[56]. Quello che conta qui rilevare è la valenza sociale, oltre che religiosa, di questa presenza: una forza lavoro che da molti decenni era completamente dedita ai bisogni della città, che poteva riempire tutti quei vuoti assistenziali che lo Stato non aveva ancora saputo colmare: un insieme di forze “buone”, benefiche per la città, che non poteva non percepire questo volontariato cattolico – svolto in nome della propria fede, basti pensare alla beata Gaetana Sterni – se non come un bene sociale, di cui la città doveva essere grata. È questo – penso si possa affermarlo senza troppi dubbi – uno dei segreti del successo del radicamento cattolico nel territorio: gli istituti religiosi erano un punto di riferimento sicuro – oltre alla parrocchia – che non lasciavano il povero senza assistenza e che fornivano alle famiglie, specialmente alle fanciulle di tutte le condizioni sociali, un posto sicuro dove farle educare, protette dalle tentazioni del mondo. L’educazione che veniva impartita in questi istituti, almeno fino alla prima metà del ’900, era rigorosa, certo non aperta al libero pensiero, fedele alle indicazioni della gerarchia ecclesiastica. Il regolamento di una di queste case, negli anni ’20 del ’900, può dare l’idea del tipo e del modello di vita che vi veniva impartito: le educande dell’Istituto Sant' Anna (fig.7),

7ChiesaSAnna

7. Chiesa di Sant’Anna. Bassano del Grappa, Prato Santa Caterina. La chiesa è annessa all’Istituto omonimo che si occupava di educazione femminile. Era uno stile di vita modellato su quello degli ordini religiosi, con una giornata fatta di preghiera, lavoro, studio, rigorosamente scandita da orari precisi.

ad esempio, si abituavano ad alzarsi alle 5 e mezza del mattino, dalle 6 e mezza alle 7 ascoltavano la messa e facevano il «ringraziamento» a Dio per la giornata che era stata loro donata; dalle 7 alle 8 vi era la colazione, dalle 8 alle 12 la scuola; dopo il pranzo, durante il quale si faceva una lettura spirituale, vi era ancora una mezz’ora – tra le 14 e le 14 e trenta – di lettura spirituale; poi si lavorava fino alle 16, generalmente imparando il cucito e il ricamo; si faceva il doposcuola dalle 16 alle 18; anche la cena era animata da una lettura, e si leggeva ad alta voce anche dopo cena. Dopo aver recitato il Rosario, alle 20 si andava a dormire[57]. Era uno stile di vita modellato su quello degli ordini religiosi, con una giornata fatta di preghiera, lavoro, studio, rigorosamente scandita da orari precisi. Un simile tipo di educazione preparava donne che avrebbero dovuto seguire con cura le loro famiglie, educando i figli all’amor di Dio, tenendo la casa con ordine e disciplina, come erano state educate a fare. Certo non vi era spazio per aperture mentali a idee e fenomeni culturali o a letture che non fossero rigorosamente cattolici: era un mondo modellato sulla dottrina della Chiesa, abituato a leggere la Filotea, le vite dei santi, a imparare a memoria il catechismo, a seguire i consigli dei sacerdoti. Ma era anche gente abituata a dare valore al lavoro, oltre che alla preghiera, che rendeva conto a Dio ad ogni esame di coscienza del tempo che le era stato donato: donne e uomini adusi ad aborrire l’ozio come il peggiore dei vizi, ed in qualche modo acculturati, anche se la loro cultura non poteva che inserirsi nel solco rigorosamente cattolico segnato dai loro pastori. E tuttavia i giovani e le giovani imparavano qualche cosa di più di quello che avrebbero acquisito se fossero stati lasciati a se stessi, a far filò nelle stalle o a bere all’osteria, in preda ai pericoli della strada, e soprattutto schiavi dell’analfabetismo. Religiosi, religiose, parrocchie, svolsero in qualche modo un’opera di supporto culturale – che andò sempre più accentuandosi nel corso della prima metà del ’900 – che senza dubbio servì ad aumentare il capitale umano della popolazione. Le ragazze, dalle suore, imparavano non solo a leggere e a scrivere, ma anche a fare lavori di ricamo e cucito e ad apprendere le buone maniere. Non era moltissimo, ma non cosa di poco conto nel quadro dello sviluppo sociale veneto, e la presenza di queste istituzioni educative ebbe senza dubbio una notevole importanza nella costruzione di un sostrato culturale comune e nella formazione delle coscienze delle masse cattoliche, che avrebbe poi dato ampiamente i suoi frutti nel secondo ’900.  

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