Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

A causa della sua posizione che controllava da una parte la strada che dal Veneto portava al Trentino (chiamato allora spesso Tirolo meridionale) austriaco e dall’altra il corso del Brenta, altra via percorribile nei collegamenti Nord-Sud almeno fino al confine di Primolano e soprattutto verso la campagna padovana, Bassano era stata sempre sede di una contenuta guarnigione militare che però non era mai gravata molto sull’economia locale. Le cose iniziarono a cambiare prima con la campagna napoleonica del 1796-1797 con le continue richieste di viveri, casermaggio, denaro da parte dei diversi eserciti che si fronteggiarono ripetutamente nel territorio e in misura più contenuta, ma con l’instaurarsi di un obbligo costante, con l’avvento della prima dominazione austriaca a partire dal 1798 (nel periodo 1 agosto 1804-1 luglio 1805 la guarnigione austriaca era costata per l’alloggiamento e per il mantenimento 34.957 lire venete e 14 soldi). Ciò aveva indotto gli amministratori cittadini a riunire in un’unica commissione militare le due che erano state istituite fin dal 1798, le quali si erano occupate rispettivamente della gestione dei trasporti e dei magazzini militari e dell’alloggiamento dei reparti di passaggio e di stanza nella città. Com’era successo nelle due guerre precedenti, l’arrivo nell’autunno del 1805 delle truppe francesi si accompagnò a requisizioni di ogni genere e imposizioni di guerra che erano delle vere e proprie estorsioni praticate su larga scala dai comandi militari francesi, come le 47.000 lire venete in oro e argento chieste dal generale Partouneaux alla cittadinanza e le 171.659 lire venete in moneta e generi che tutto il Bassanese dovette versare al generale Massena[16].Inoltre venivano stanziati a Bassano prima una parte della divisione Seras, poi (nel corso del 1806) il 25° reggimento Cacciatori francese, dal gennaio 1807 alla fine dello stesso anno circa tremila soldati della divisione Clauzel, durante il 1808 alcuni battaglioni dell’8° prima e del 18° reggimento di fanteria leggera francese poi, e da dicembre dello stesso anno e fino alla primavera successiva l’84° reggimento di fanteria di linea francese (non al completo - cinque battaglioni -, come era usuale per quelle truppe, perché costituito da tre battaglioni di cinque compagnie ciascuno, per un totale di 1.609 soldati e novanta ufficiali), rafforzato in seguito da tre compagnie del 52° reggimento di linea francese. Si trattava di un numero sempre consistente di uomini che era stanziato in una città la cui popolazione che sarebbe stata censita nel 1811 in seimila e seicento unità e che era percepita dai più come sproporzionata in relazione alle potenzialità di alloggio offerte dagli edifici pubblici e alle possibilità economiche cittadine. Nel corso del triennio 1806-1808 vennero progressivamente destinati a caserme o ad uso militare l’ex Palazzo Pretorio, il Palazzo Zelosi che ospitava anche il collegio scolastico cittadino, la chiesa di San Francesco, i complessi religiosi, soppressi nel 1807, del monastero di San Giovanni e dei conventi di Santa Chiara e di San Bonaventura (altrimenti detto dei Riformati). Questi edifici andarono ad aggiungersi ai magazzini del Fontico e alle "case al duomo" posti all’interno dell’antico castello, di proprietà comunale e utilizzati da tempo rispettivamente come caserma e alloggi militari, e al monastero di San Fortunato che era adibito anch’esso da qualche tempo a caserma e ospedale militare. Molte case private (come il Casino Regona Canal posto nel Viale delle Fosse, assegnato dal 1807 al giudice Piacentini, presidente del tribunale cittadino) erano infine destinate ad alloggio per gli ufficiali. I costi di tale presenza erano considerevoli (nel 1807 ammontarono a 61.520 lire italiane e 94 centesimi che vennero pagate per 50.481 lire dal territorio e per le rimanenti 11.079 lire da Bassano) ma venivano ripartiti tra tutti i comuni che appartenevano al distretto bassanese, formato inizialmente dai cantoni di Bassano e Asolo e in seguito ampliato con Marostica e il suo territorio, divenendo sovente causa di tensioni e contrasti con molti amministratori dei paesi circostanti e, soprattutto, con quelli di Asolo che mal sopportavano la dipendenza dal Bassanese e cercavano di evitare di contribuire alle spese militari. Solo dopo il febbraio 1808, quando Bassano assunse in maniera netta il ruolo di capoluogo di distretto e concesse ad Asolo la libertà di ripartire come meglio credeva tra i paesi del suo cantone le quote dei generi da fornire all’esercito, si giunse ad una migliore collaborazione reciproca[17]. Oltre alle difficoltà economiche, la presenza di tanti soldati fu per un certo periodo spesso causa di problemi per la cittadina, derivati da litigi che insorgevano tra loro e i cittadini o tra di loro con esiti talvolta molto gravi. Il divieto imposto ad artigiani e negozianti di vendere a credito i propri prodotti e a osti e caffettieri di somministrare da bere a sottufficiali e soldati dopo la ritirata, con la minaccia di non riconoscere i crediti degli esercenti verso i militari e di porre delle guardie agli ingressi di negozi e locali pubblici inadempienti, portò a un progressivo miglioramento dei rapporti, ma rimase sempre una tensione sotterranea che si rianimava con i frequenti passaggi di reparti in marcia di trasferimento da una guarnigione all’altra. Questi, infatti, seguendo l’usuale sistema di approvvigionamento dell’esercito francese cercavano di procurarsi quanto serviva loro a spese soprattutto della popolazione rurale, come accadde all’inizio di settembre del 1807 quando la brigata del generale Partounneaux saccheggiò i vigneti delle campagne circostanti alla cittadina[18]. A fianco dell’esercito che garantiva la sorveglianza militare del territorio, nel giugno 1807 il Governo diede disposizione alla Municipalità bassanese di istituire un reparto della guardia nazionale al quale affidare il compito di appoggiare la polizia nel mantenimento dell’ordine pubblico, la sorveglianza degli edifici pubblici, lo svolgimento di pattugliamenti nei circondari cittadini e l’eventuale collaborazione con l’esercito nella difesa della città. Tenuti a tale obbligo erano tutti i maschi di età compresa dai diciotto ai cinquanta anni e il loro servizio doveva essere prestato gratuitamente da coloro che avevano un reddito annuo dalle 500 lire milanesi in su all’anno. L’attivazione e il servizio di questa milizia cittadina erano molto sgraditi sia da quelli che avrebbero dovuto farne parte, perché era considerato un impegno pericoloso e che faceva perdere giornate di lavoro sia dagli amministratori, che vi vedevano un’altra voce di spesa per il bilancio cittadino già in affanno. Inoltre era risaputo che in diverse località, pur di avere qualcuno che prestasse servizio come guardia, le amministrazioni comunali avevano accordato uno stipendio ai volontari. A Bassano si decise perciò di procedere con molta calma e, se a dicembre si era provveduto a nominare il colonnello comandante e gli ufficiali, nel luglio del 1808 i ruoli erano ancora incompleti. Tuttavia, sia pure in modo svogliato, questa milizia finì per costituirsi e ad operare sovente a fianco del distaccamento (un sottotenente, un maresciallo e quattro gendarmi) della terza legione, primo squadrone della gendarmeria a cavallo che nel maggio 1808 era stata assegnato a Bassano e che aveva la sua caserma in una porzione dell’ex monastero di San Giovanni. Una delle collaborazioni più frequenti era quella della perlustrazione del territorio alla ricerca di disertori e, più frequentemente, renitenti alla leva[19]. A Bassano, infatti, dall’introduzione nel Veneto della leva obbligatoria per i giovani dai venti ai venticinque anni avvenuta nell’agosto del 1806, era in funzione una commissione cantonale (divenuta negli anni successivi distrettuale) che si occupava delle operazioni preliminari dell’arruolamento e di fronte alla quale si presentavano tutti i giovani iscritti negli stati delle anime delle parrocchie del territorio per essere esaminati e quelli selezionati venivano poi avviati a un secondo esame nel capoluogo dipartimentale (fino al 1808 Treviso, in seguito Vicenza). Se sulla carta l’intera operazione era ben organizzata e rigidamente osservata, nella realtà essa si scontrava con la fortissima ostilità che sin dal primo momento fu manifestata verso l’obbligo militare da tutti i ceti sociali veneti, ma che si trasformò spesso in opposizione attiva tra i lavoranti e i contadini che ne subivano il peso quasi totale, perché inseriti in massa nelle liste di leva al posto dei rampolli delle famiglie benestanti, i quali riuscivano a farsi esentare pagando un sostituto (operazione peraltro consentita dalla legge) o tramite connivenze con amministratori e medici compiacenti, né erano rari i casi in cui un comune era costretto a fornire più coscritti di quanto stabilito, per compensare alle mancanze di altri comuni i cui amministratori erano riusciti a fare ridurre i propri contingenti con intrighi vari. La ricerca nei paesi del cantone dei coscritti, la loro custodia per qualche giorno a Bassano (tra il 24 e il 26 dicembre 1807 furono ospitati nella caserma provvisoria di Palazzo Zelosi e dal 22 al 24 dicembre 1808 circa quattrocento giovani furono concentrati sotto stretta sorveglianza nell’ex convento degli Osservanti Riformati alle Fosse, in quel momento non occupato dai soldati) e il loro successivo accompagnamento al capoluogo dipartimentale, divennero un’altra delle mansioni della guardia nazionale (sempre il 24 dicembre1808 furono impiegati un centinaio di uomini della guardia nazionale per la scorta a Treviso). Col passare degli anni il fenomeno della renitenza calò progressivamente, grazie anche alla costante sorveglianza posta sulle operazioni di leva e al loro continuo perfezionamento da parte delle autorità locali e provinciali, pungolate dal Governo che aveva la necessità di colmare i vuoti nei ranghi dell’esercito italico creati dalle continue guerre, dalle malattie e dalle diserzioni. A Bassano e nel Bassanese i renitenti avevano, ad esempio, l’abitudine di rifugiarsi nell’area montuosa del Massiccio del Grappa o venivano nascosti dalle loro famiglie e dai conoscenti, tant’è che sempre nel 1808 furono arrestati alcuni padri di coscritti che si erano resi irreperibili e si giunse da parte delle autorità governative a dei veri rastrellamenti improvvisi, nelle campagne, sui monti e anche dentro i paesi e le cittadine, per cogliere di sorpresa quanti più giovani fosse possibile. Una simile operazione fu attuata a Bassano e Marostica all’alba del 20 novembre 1810 e portò al fermo di circa duecento giovani condotti il giorno successivo a Vicenza tra le proteste e le minacce dei Bassanesi[20]. Con simili metodi la renitenza divenne sempre più difficile, ma al contempo si ebbe un aumento costante della diserzione dai reparti, soprattutto dopo le insurrezioni locali del 1809, che divenne via via un motivo di forte preoccupazione per le amministrazioni venete, dato che portava alla formazione di bande di fuorilegge dove confluivano a fianco dei disertori anche alcuni renitenti e delinquenti abituali e che costituivano una costante minaccia per l’ordine pubblico, aiutati e coperti sovente da una parte della popolazione. Il Bassanese non era immune da questo fenomeno e se all’inizio del 1810 erano stati catturati venti disertori, nel marzo del 1812 nel solo territorio comunale di Bassano (comprendente però allora i paesi di Romano, Cassola, Pove e Solagna) i disertori e renitenti identificati furono cinquantaquattro, diversi dei quali armati, organizzati in alcune bande che tormentavano i paesi del cantone. La situazione era tale che la gendarmeria e la guardia nazionale non riuscivano più a garantire la sicurezza e il commissario di polizia si vide costretto a chiedere al viceprefetto Quadri di fare giungere a Bassano dei sostanziosi rinforzi. Nel corso della primavera dello stesso anno l’intensificarsi dei pattugliamenti e dei rastrellamenti e l’applicazione del decreto del vicerè Eugenio, che stabiliva che fossero alloggiati dei soldati presso le famiglie sospettate di aiutare i banditi e mantenuti a spese di queste, favorirono una parziale ripresa del controllo territoriale da parte dello stato[21]. A partire dalla primavera del 1813, però, l’incrinarsi sempre più marcato del regime napoleonico favorì diserzioni di massa dai ranghi dell’esercito italico, con casi di centinaia di soldati che lasciavano contemporaneamente i propri reggimenti per darsi alla macchia. Per frenare in qualche modo questa emorragia che minacciava alle spalle le truppe italiche impegnate a proteggere la frontiera orientale, il dipartimento del Bacchiglione mise in campo tutte le forze di cui poteva ancora disporre e così dal 10 al 13 maggio la gendarmeria di Bassano, i contingenti della guardia nazionale e i guardiaboschi batterono le montagne sopra Solagna alla ricerca di disertori, catturandone una decina tutti armati. Alla fine di luglio il viceprefetto Quadri vietò il funzionamento notturno dei traghetti sul Brenta, imponendo ai proprietari delle barche di tirarle a secco; era inoltre fatto obbligo a tutti i militari di esibire di giorno il lasciapassare. Nel tentativo di minare la simpatia per i banditi sempre più diffusa tra la popolazione, si stabilì di considerare complici dei disertori quei civili che avessero fornito loro cibo e ricovero, anche se obbligati, senza denunciarli e i miliziani della guardia nazionale che, trovatisi a essere in numero superiore ai banditi, non avessero tentato in tutti i modi di affrontarli e catturarli e questo dimostra quale affidamento ormai il regime potesse fare sulla popolazione. Le vicende legate al passaggio del fronte per il distretto bassanese nell’ottobre del 1813 contribuirono notevolmente ad aumentare il numero degli sbandati favoriti dal collasso delle strutture statali italiche e dal ritiro della gendarmeria, che aveva lasciato la tutela della pubblica sicurezza alle amministrazioni municipali coadiuvate dalla poco efficiente guardia nazionale. Gli Austriaci, che avevano ormai riconquistato il Veneto, cercarono di normalizzare la situazione permettendo ai disertori dell’esercito italiano di tornare alle proprie case e restarci senza il pericolo di essere riarruolati o arrestati e questo permise entro la fine di dicembre il rientro di cinquantuno giovani, tuttavia altri preferirono continuare a nascondersi divenendo dei veri delinquenti dediti alle ruberie e alle violenze. Per almeno tutto il 1814 si trascinò il clima di insicurezza anche a Bassano, dove i malviventi si spingevano fino ai sobborghi cittadini, e nel suo circondario, tanto che l’8 novembre di quell’anno scattò un rastrellamento che interessò anche le osterie e le case private, non solo della città ma di tutto il territorio fino a Primolano, portando alla cattura di trentuno dei cinquantasette ricercati locali, più altri sbandati provenienti da varie province e regioni, trasferiti tutti alle carceri di Vicenza. Questa operazione diede avvio alla progressiva riacquisizione del controllo sul territorio che procedette negli anni successivi con buoni risultati[22](fig.7).

7Perlanotturnailluminazione

7. Per la notturna illuminazione. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, 1812, Polizia, fasc. 31. Il fascicolo documenta le azioni di polizia che portarono ad un controllo del territorio diminuendo il clima di insicurezza.

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