Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nel periodo a cavallo tra l’ultimo decennio del XVIII e il secondo decennio del XIX secolo il Bassanese fu ripetutamente sottoposto ad azioni di guerra, nel quadro dei conflitti europei che contrapposero la Francia e le potenze europee, combattute sul suolo italiano tra le armate francesi (e successivamente franco-italiane) e quelle degli Austriaci e dei loro alleati del momento. La prima fu quella dell’8 settembre 1796 (la più famosa di tutte perché entrata nel novero delle tappe della creazione del mito napoleonico) diretta da Napoleone Bonaparte, seguita da quella combattuta il 6 e 7 novembre dello stesso anno tra Nove e Angarano, sotto la guida dello stesso Bonaparte, ma con esiti per lui meno felici. Nel 1801 non ci furono scontri ma dal 11 gennaio al 4 aprile Bassano fu occupata dai soldati francesi che si diedero a ruberie spicciole, a requisizioni di viveri e generi vari per un valore di 464.213 lire venete e all’imposizione di una taglia di 14.000 franchi[23]. Anche la campagna del 1805 fu contrassegnata dal passare e ripassare di truppe degli eserciti contrapposti, con il solito corollario di requisizioni, devastazioni delle campagne e tasse straordinarie che compromettevano le casse cittadine per gli anni a venire. Nei primi giorni di novembre il passaggio delle truppe e dei convogli militari austriaci diretti verso il Trentino fu incessante, mentre si avvicinava dal vicentino ogni giorno il rombo dei cannoni e si vedevano sempre più gruppi di sbandati che cercavano di raggiungere i reparti ordinati che li precedevano nella ritirata. Il giorno 6 le retroguardie austriache lasciavano anch’esse Bassano, che rimase sguarnita in una preoccupata attesa di quello che sarebbe successo. Il pomeriggio del giorno successivo giunsero in città dall’Altopiano dei Sette Comuni tre battaglioni di fanteria francese, i quali in parte si accamparono in piazza San Giovanni (oggi piazza Libertà), in parte proseguirono per Cittadella, seguiti il giorno dopo da reparti di cavalleria e dalle salmerie. I timori della popolazione trovarono subito conferma perché cominciarono immediatamente le razzie, le requisizioni e le estorsioni sia in città che nella campagna circostante, con l’abbattimento anche di numerosi alberi nei campi, lungo le strade e gli argini delle rogge e del Brenta. Il 9 novembre gli occupanti partirono in direzione del Piave, lasciando un distaccamento di cinquanta soldati corsi che furono fatti prigionieri dalla brigata austriaca del principe di Rohan, giunta dal canale del Brenta il pomeriggio del 22 novembre e ripartita per Castelfranco Veneto la mattina successiva. Il 25 novembre entravano in città 200 cavalleggeri polacchi che iniziarono di fatto l’occupazione francese durata (con una brevissima pausa nel 1809) fino all’autunno del 1813 e nei giorni successivi altri reparti francesi, compresi tremila granatieri della brigata Partouneaux arrivati il 29 novembre. Si trattava tuttavia di reparti di passaggio diretti verso Nord o verso Est che si fermavano pochi giorni per poi ripartire, e solo dopo la ratifica del trattato di Presburgo avvenuta alla fine di dicembre giunse a Bassano la prima guarnigione stabile, costituita, come scritto in precedenza, da alcuni reggimenti della divisione Seras[24]. Meno di quattro anni dopo il riaccendersi del conflitto austro-francese coinvolse la città e il suo territorio ben più direttamente, portando la guerra combattuta tra le sue case (fig.8).

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8. Edificio Nardini al Ponte Vecchio. La battaglia di Bassano è testimoniata ancora oggi dai buchi delle pallottole sull’edificio Nardini come testimonia la targa infissa nella facciata.

Il 9 aprile 1809 l’armata principale austriaca guidata dall’arciduca Carlo d’Asburgo (fratello dell’imperatore) attaccava la Baviera alleata di Napoleone e contemporaneamente in Tirolo divampava l’insurrezione antifrancese guidata da Andreas Hofer. Il giorno 10 un’armata minore comandata dall’arciduca Giovanni d’Asburgo (anch’egli fratello dell’imperatore) attraversava a sua volta il fiume Isonzo e attaccava le truppe franco-italiane del viceré Eugenio, che proteggevano il confine del Regno italico e avrebbero potuto prendere di fianco gli Austriaci impegnati contro Napoleone in Germania, respingendole fino al fiume Livenza. Contemporaneamente un altro corpo austriaco agli ordini del generale Chasteler entrava nel Tirolo unendosi agli insorti di Hofer e respinse i Franco-Italiani lungo l’Adige verso Verona. Il 16 aprile l’Armata d’Italia veniva duramente sconfitta nei pressi di Sacile tra Fontanafredda e Porcia e il viceré decise di ritirarsi fino all’Adige, per non essere preso a sua volta di fianco dalle truppe austriache che avevano occupato ormai tutto il Trentino e minacciavano anche da Nord la pianura veneta. Appena si conobbe l’esito della battaglia molti abitanti dei paesi circostanti cercarono rifugio a Bassano, causando molta apprensione tra la popolazione e anche nella guarnigione la quale il 18 abbandonò la città come fecero anche il viceprefetto Antonio Quadri e i componenti della gendarmeria. Tra il 19 e il 20 passò per la città la terza divisione del generale Grenier che si stava ritirando verso Verona, lasciando quattrocento ussari accampati ad Angarano per ritardare per qualche tempo il passaggio del ponte sul Brenta agli Austriaci inseguitori, mentre quello di Fontaniva era stato demolito parzialmente per renderlo intransitabile. Questi si fecero vedere nel pomeriggio del 22 preceduti da una pattuglia di esploratori che, arrivata nei pressi del ponte, venne messa in fuga dalle fucilate degli ussari. Alla sera però entrarono a Bassano un reparto di fanteria e uno di cavalleria croati che attaccarono subito i difensori del ponte, cercando di forzare il passaggio e accendendo una sparatoria durata alcune ore fino a che gli ussari abbandonarono la posizione per dirigersi verso Vicenza. Fino al 29 aprile continuò il transito degli Austriaci (soldati regolari e insorti tirolesi e trentini) verso l’Adige che proprio in quel giorno battevano ancora gli uomini del viceré a Illasi vicino a Verona, ma le vittorie di Napoleone in Baviera costrinsero l’arciduca Carlo a chiamare il fratello in suo soccorso. Il primo maggio l’esercito dell’arciduca Giovanni iniziò a ripiegare verso Est per passare il Brenta dal ponte di Fontaniva che era stato riparato e il giorno dopo ripassarono per Bassano le avanguardie della ritirata austriaca. Il 3 maggio entrarono in città duemila fanti e quattrocento cavalieri che si misero subito a occupare e barricare le case poste ai lati dell’estremità orientale del ponte, collocando in vari punti otto cannoni rivolti verso Angarano e costituendo delle ridotte avanzate lungo la strada per Vicenza fino a Marchesane[25]. Tra le otto e le nove del mattino ebbe inizio l’attacco dei Franco-Italiani che travolsero via via tutte le ridotte austriache, costringendone i difensori a ritirarsi combattendo fin oltre il ponte, da dove risposero sparando con cannoni e fucili fin verso le sette e mezzo di sera. Gli attaccanti avevano posizionato le artiglierie sui colli a Nord di Angarano e da lì bombardavano la città danneggiando parte dei cannoni nemici. La notte successiva trascorse con molta tensione e sporadici colpi di fucile, finché alle quattro del mattino successivo i Franco-Italiani, che avevano posizionato nuovamente i loro cannoni per colpire la città in modo più incisivo, ricominciarono a bombardare danneggiando numerosi edifici e ferendo o uccidendo alcuni civili assieme ai soldati austriaci. Dopo quattro ore di combattimento, verso le otto del mattino i difensori vennero a sapere che reparti di cavalleria dell’Armata d’Italia avevano guadato il fiume nei pressi di Nove e ripiegarono velocemente sulla strada che portava verso il Piave, mentre la divisione Seras entrava a Bassano catturando diversi prigionieri. Contemporaneamente l’Armata guidata da Eugenio attraversava il ponte di Fontaniva e giungeva a Cittadella, per poi proseguire l’inseguimento dell’arciduca Giovanni che si sarebbe concluso il 14 giugno a Raab in Austria[26]. I combattimenti del 3 e 4 maggio non furono però sufficienti a riportare la tranquillità nel distretto di Bassano, perché incombeva ancora il pericolo di attacchi dal Trentino, come lo scontro avvenuto il 13 maggio a Solagna che oppose un distaccamento di cavalleria austriaco a uno di fanteria francese che ebbe la meglio volgendo in fuga i nemici. Un forte pericolo per la città si materializzò il 3 giugno, quando dal Canale del Brenta arrivò in pianura una colonna composta da soldati di cavalleria e fanteria austriaci con tre cannoni, assieme a insorgenti tirolesi (o trentini) per un totale di circa cinquecentocinquanta uomini. Giunta all’altezza della chiesa di san Vito la colonna venne attaccata dalla ventina di soldati francesi allora presenti a Bassano e dai pochi gendarmi ritornati, affiancati da centoventicinque uomini della guardia nazionale di Bassano, Rosà e Angarano. I difensori aprirono il fuoco ma vennero investiti dalle cannonate austriache e, dopo una resistenza molto breve, si sbandarono nella campagna circostante lasciando la città agli assalitori. Questi appena arrivati si diressero al Municipio, dove trovarono alcuni membri della Municipalità facendoli prigionieri e dando tempo loro due ore per trovare viveri, capi di abbigliamento e 50.000 fiorini con la minaccia che altrimenti li avrebbero impiccati e saccheggiato e bombardato la città. Poco dopo furono aggiunti ai prigionieri anche Giuseppe Maello e Giuseppe Perli Remondini, due tra i più ricchi possidenti locali, tirati fuori dalle loro case. Convocati tutti i possidenti e i commercianti che fu possibile trovare (cinquantadue in tutto), si riuscì a raccogliere tra denaro e merci 49.647 lire italiane per consegnarle agli Austriaci i quali, dopo avere saccheggiato alcune botteghe, ripresero la strada per il Canale del Brenta. Il pomeriggio stesso giunse un contingente di truppe francesi inviato a proteggere la città, al quale nei giorni successivi si aggiunsero altri reparti incaricati di difendere la vallata del Brenta da nuove incursioni[27]. Ma la paura per la popolazione in quel 1809 sembrava essere destinata a durare ancora a lungo. La guerra, l’avanzata austriaca nel Veneto e l’insurrezione tirolese, con le difficoltà che tutto questo procurava al Governo, avevano offerto agli abitanti di numerosi territori del giovane Regno italico l’occasione di manifestare la loro insofferenza per il dominio napoleonico, alimentata dalle distruzioni e requisizioni della guerra, dall’avversione verso il servizio di leva e dal peso sempre maggiore della tassazione. L’innesco delle rivolte fu proprio l’introduzione di una tassa sul macinato, che provocò una forte esplosione di rabbia nella popolazione che si scagliò contro i soldati franco-italiani, e questo avvenne in misura diversa da zona a zona anche nel territorio dipendente dal distretto bassanese (compagnie di soldati giravano con i cannoni per i paesi dell’asolano e della castellana per tenere sotto controllo la situazione), ed ebbe una particolare virulenza nell’area dell’Altopiano di Asiago e nella fascia collinare ad essa sottostante, dove erano arrivati gli insorti trentini che erano riusciti a convincere molti abitanti di quelle zone a imitarli. Si ebbe così il 9 luglio a Molvena l’aggressione ai danni di una ventina di cacciatori a cavallo di stanza a Bassano da parte di circa trenta abitanti del paese che ne uccisero alcuni e ferirono altri. Il giorno dopo partiva da Bassano un reparto di centocinquanta soldati che giunti a Molvena misero a sacco il paese bruciandone una decina di case, canonica compresa, e portarono indietro alcuni prigionieri ritenuti complici dei ribelli che nel frattempo erano scappati ad Asiago, controllata dagli insorti tirolesi e trentini, appoggiati dalla popolazione. Il turno del capoluogo dell’altopiano venne pochi giorni dopo, con un’operazione che impegnò tra il 16 e il 17 luglio trecento soldati della guarnigione bassanese, la guardia nazionale di Bassano e quella di Solagna, che in due giorni di combattimento riuscirono a occupare Asiago e a saccheggiarla. L’Asiaghese venne pacificato alla fine del mese con una battaglia che contrappose due compagnie di fanteria e uno squadrone di cavalleria e gli insorti tirolesi, con la sconfitta di questi ultimi e il loro ritirarsi nelle terre asburgiche. Fu però solo alla fine dell’anno e con processi e dure condanne o con esecuzioni sommarie (ancora il 4 dicembre vi fu una spedizione militare contro Molvena e Pianezze contro gli insorti locali) che la situazione tornò alla calma, anche se si ebbero degli strascichi ancora nei primi mesi del 1810. La lunga bufera del 1809 e la dura reazione dello Stato alle rivolte locali avevano lasciato Bassano e il territorio di cui era capoluogo prostrati, con un tessuto sociale da ricucire ma che trovava un punto di incontro nell’avversione al regime e una situazione economica che procedeva al ribasso già da qualche anno e che era rimasta ulteriormente vulnerata dalle ultime vicende. Ricominciò comunque in qualche modo una lenta ripresa che dovette tuttavia fare i conti con un’altra guerra tre anni dopo[28]. Nell’autunno del 1813 la potenza di Napoleone, sconfitto dalla sesta coalizione a Lipsia tra il 16 e il 19 ottobre, si stava velocemente dissolvendo e l’armata italiana stanziata tra Fiume e la Carinzia, ancora una volta sotto la pressione austriaca fu costretta a ripiegare prima fino al Tagliamento e subito dopo verso l’Adige, perché le truppe austriache del generale Eckhardt affiancate dai tirolesi di nuovo sollevatisi avevano conquistato il Trentino e minacciavano di occupare la pianura veneta. Questa minaccia si concretizzò il 22 ottobre, quando un distaccamento di cavalleria della divisione Eckart riuscì a guadare a Primolano il torrente Cismon e a sorprendere e disarmare le poche decine di italiani che sorvegliavano il ponte della strada che conduceva verso la pianura. Alle undici della sera del 25 ottobre la divisione, con le uniformi stracciate e trasportata in un centinaio tra carrozze, carrette e carri che la città era stata costretta a mandare, cominciò a entrare a Bassano in un corteo che durò diverse ore nel corso della notte e che caricò sulle spalle della popolazione cinquemila uomini da ospitare, sfamare, rivestire e pagare. La presenza austriaca a Bassano era una grossa minaccia per la ritirata italiana e perciò il viceré Eugenio inviò il giorno 26 l’avanguardia del generale Grenier (quindicimila uomini) a sloggiare l’Eckhardt dalla sua posizione. Alle 16.00 circa dello stesso giorno, le truppe franco-italiane attaccarono in località Crosaron i reparti austriaci che si erano appostati a Ca’ Rezzonico a protezione della strada proveniente da Padova e, dopo un paio d’ore di conflitto a fuoco e di attacchi e contrattacchi alla baionetta, i soldati napoleonici dovettero ritirarsi lasciando più di quattrocento prigionieri e due pezzi di artiglieria in mano nemica. Gli Austriaci avevano creato una linea di avamposti con reparti mobili di cavalleria che andava dalla sponda orientale del Brenta fino ad Asolo e nei giorni successivi si ebbero alcuni scontri di modesta portata (come quelli del 27 ottobre a San Zenone e Rossano e quello del 30 a Casoni di Mussolente) tra i due schieramenti sia a Est che a Sud della città. Nel frattempo era arrivato il resto dell’armata italiana guidata dal viceré Eugenio, il quale verso il mezzogiorno del 31 ottobre ordinò l’attacco generale. Gli Austriaci, pur essendo in netto svantaggio numerico, riuscirono a reggere per alcune ore alla spinta nemica e a ritirarsi progressivamente fin sotto le mura di Bassano dove organizzarono l’ultima resistenza, per poi ripiegare, alle cinque del pomeriggio, velocemente fino al ponte sul Brenta e, oltrepassatolo, dirigersi per la strada che portava a Sant’Eusebio e da lì verso Campese e la Val Brenta, sganciandosi dagli inseguitori e lasciando ai Franco-Italiani duecentoventi prigionieri. Dopo l’occupazione austriaca Bassano dovette subire per un paio di giorni quella “amica” (il viceré prese alloggio nel Palazzo Remondini in piazza San Giovanni), che si tradusse in richieste esorbitanti di viveri, casermaggio e altro a una città che era stata per una settimana in stato d’assedio. Alla sera del primo novembre tutte le artiglierie furono portate dall’altra parte del ponte che si era deciso di distruggere per rallentare l’armata austriaca inseguitrice, seguite il giorno 2 alle sei del mattino dal resto dell’esercito, passato il quale il ponte venne incendiato e dopo avere bruciato per qualche ora finì per crollare. Il 3 novembre arrivarono in città i primi reparti austriaci che cercarono subito di approntare un ponte provvisorio, ma ciò fu impossibile a causa delle forti piogge che avevano gonfiato pericolosamente il fiume e si dovette attendere oltre due giorni perché venisse costruito un ponte di fortuna in località Lazzaretto adatto solo per la fanteria, mentre il resto delle truppe fu dirottato sul ponte di Fontaniva. Durante tutto il mese di novembre continuò il transito di reparti austriaci e per gran parte del 1814 la città e il territorio dovettero sottostare a continue requisizioni militari, mentre veniva imposta una guarnigione di millecinquecento cacciatori tirolesi, con forte costernazione tra la popolazione che aveva invece sperato che il passaggio all’Austria cambiasse le cose[29]. Le guerre erano sì finite, ma erano costate molto e avrebbero pesato ancora per anni sui bilanci cittadini, facendo scontare a Bassano il prezzo della sua posizione. 

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