Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Nei primi mesi del 1918 Bassano era stata duramente colpita con distruzioni nella zona del Ponte Nuovo, del Ponte Vecchio, di via Angarano, via Portici Lunghi, via Verci, via Barbieri, via Marinali. All’intensa opera di ricostruzione, nei primi anni Venti si accompagna la pietosa opera di «costruzione della memoria»[75], una serie di monumenti celebrativi in città e nel territorio per ricordare i figli caduti: sono cippi, lapidi, colonne, spesso anonimi, che fioriscono inizialmente nei comuni vicini, i più colpiti dalla guerra, come a Campese, a Valrovina, a Santa Croce di Bassano datati 1920[76] oppure opera di artisti locali come il Monumento ai venticinque Caduti di Angarano[77] datato 1921 e diverso per concezione, formato da un sarcofago lapideo sospeso sormontato da un grande affresco simbolico di tipo neorinascimentale collocato alla destra sulla facciata della chiesa della Santissima Trinità, opera di Antonio Marcon; inoltre il Monumento ai Caduti di Sant’Eusebio (1924) di Egisto Caldana (Vicenza 1897-1961)[78]. Nel 1927 in pieno centro a Bassano, addossata al lato nord della chiesa di San Francesco viene eretta l’Ara votiva ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, (fig.31)

31FerdinandoForlati

31. Ferdinando Forlati, Ara Votiva ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, 1927. Bassano del Grappa, lato esterno nord della Chiesa di S. Francesco. E’ la testimonianza del culto ai caduti della grande guerra diffuso in tutto il territorio nel corso degli anni venti; all’interno La Pietà di Napoleone Martinuzzi.

progettata dall’architetto Ferdinando Forlati (Verona 1882-Venezia 1975) in forma di edicola contenente l’altare marmoreo sormontato da altorilievo con La Pietà del noto scultore veneziano Napoleone Martinuzzi (Murano 1892-Venezia 1977)[79]. Certamente l’impegno più sentito, non solo dalle autorità militari e civili ma dalla popolazione tutta, era la costruzione del grande Sacrario del Monte Grappa dove dare eroica sepoltura ai molti caduti ancora disseminati nei piccoli precari cimiteri di guerra e nel contempo ne celebrasse il sacrificio[80]. Il progetto, iniziato nel 1919, vedrà conclusione nel settembre del 1935 e, nel corso delle riunioni organizzative, nel 1928 l’Uffico Storico dello Stato Maggiore propose per la città di Bassano Veneto la denominazione di Bassano del Grappa. Restava ancora aperto il cantiere del Duomo Nuovo di cui era completato solo il corpo absidale; i lavori vengono ripresi nel 1929, affidati all’architetto trevisano Pietro Del Fabro (Treviso 1893-1971) il quale, con qualche modifica alla struttura e la riqualificazione della facciata, portò finalmente a termine l’edificio nel 1934-1935 rinominato anch’esso alla funzione di Tempio Ossario per i Caduti e dedicato a «Nostro Signore Gesù Cristo Risorto da Morte»[81]. Al generale Gaetano Giardino (Montemagno (AL) 1864-Torino 1935), comandante della IV Armata, “Armata del Grappa”, che volle essere sepolto, con la moglie, nell’Ossario sul Monte, Bassano e la città di Torino dedicarono uno dei “monumenti della memoria” collocando, nel 1936, una sua eretta figura bronzea opera dello scultore Stefano Borelli (Mondovì 1894-Torino 1962) sopra un basamento a sacello, rivolto verso il “suo” Grappa nello slargo al Belvedere[82](Tav.1). L’avvento del Fascismo crea anche a Bassano posizioni differenti e la situazione umana e artistica di Antonio Marcon (Bassano 1898-Roma 1974) ne è forse l’esempio più evidente[83]: figlio di ceramisti, allievo di Lorenzoni, Fabris e dell’acquafortista Dante Broglio, volontario nella Prima Guerra Mondiale, diplomato a Venezia e specializzato a Milano all’Accademia di Brera, nel 1921 apre a Bassano uno studio professionale di “Pittura – scultura – arte decorativa” instaurando un sistema produttivo diverso, con implicazioni ideologiche e culturali più complesso della tradizionale bottega artigiana. Esordisce con progettazione di monumenti alla memoria dei Caduti (v. n. 77) e di lapidi funerarie e sacelli per la buona borghesia locale; si dedica alla pittura di paesaggio e di ritratto (fig.32);

32AntonioMarcon

32. Antonio Marcon, La famiglia fascista, 1929. Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, inv. 622. L’artista, pittore, ceramista e valente incisore xilografo nei modi di Adolfo de Carolis, esprime in pittura l’aderenza alla scuola vicentina seguendo la lezione di Ubaldo Oppi.

esegue pergamene gratulatorie, cartelloni pubblicitari, affreschi decorativi, ceramiche, ma si specializza particolarmente nella tecnica xilografica, risalendo alle origini espressioniste e ai modelli art nouveau di Adolfo De Carolis; ammira devotamente Gabriele D’Annunzio col quale entra in rapporto[84]. Espone con continuità e successo alle mostre organizzate dal Sindacato Fascista delle Belle Arti al quale aveva aderito tra i primi artisti veneti, alle esposizioni del “Manipolo” di Vicenza, della Bevilacqua La Masa di Venezia, alla Triennale di Monza, alla Biennale del 1932, del 1938 (con xilografie), del 1948 (con ceramiche) e a tutte le mostre internazionali di grafica organizzate dal Sindacato ribadendo sempre, nelle opere, nel lungo insegnamento, nelle conferenze, negli scritti concetti ispirati alla logica della cultura dominante nella quale credeva con idealistica purezza[85]. In tale clima, durante la guerra per la conquista dell’Abissinia in Africa Orientale anche Bassano ha, tra i suoi figli, un eroe: la medaglia d’oro Efrem Reatto (Bassano 1909-Amba Uork 27 febbraio 1936) tenente degli Alpini del battaglione alpini rocciatori colpito nell’assalto all’arduo picco dell’Amba Uork; gli venne dedicata una lapide commemorativa sormontata da un busto bronzeo e collocata sulla facciata della casa di famiglia in piazzotto Montevecchio che viene rinominato Piazza Reatto. Il busto, commissionato dal Comune, è opera dello scultore Domenico Ponzi (Ravenna 1891-Anticoli Corrado 1973) uno fra i più stimati interpreti delle opere del regime[86]

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