Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Ottone Brentari (1852-1921) è per i bassanesi la Storia di Bassano e a sua volta la storia di Bassano deve a lui il momento decisivo di realizzazione, dopo secoli di costruzioni fantasiose, scavo documentario, ricostruzioni parziali e frammentarie. In verità il profilo umano e civile di Brentari è molto più ampio, ricco ed articolato della dimensione, pur rilevante, di storico di una città di media importanza nel panorama urbano italiano, così ricco per quantità e qualità storico-artistica. Come si può ricavare dal profilo inserito nel Dizionario biografico degli italiani Brentari è stato docente nelle scuole superiori, a Catania e a Bassano, studioso di storia della scuola italiana, saggista storico-letterario in riviste nazionali, fondatore di una rivista turistica («Italia bella»), giornalista dell’«Alto Adige» e del «Corriere della Sera», vivace e battagliero commentatore, nel quotidiano milanese, delle vicende militari della Prima Guerra Mondiale e del dopoguerra in Trentino, ardente interventista e infine direttore del giornale liberale «La libertà» sino alla finale, fallita candidatura, nelle file liberal-democratiche, nelle elezioni del 1921, anno della sua morte[53]. Nella parte iniziale di questa intensa biografia intellettuale e politica si colloca la sua ardente passione per la ricerca storica sulla città di Bassano sorretta, e questa è la sostanziale novità del suo impegno, da uno scavo archivistico-documentario minuzioso, attento, esaustivo, che non ha precedenti, salvo l’esperienza di Verci, cui esplicitamente si ricollega idealmente e praticamente. La monumentale Storia di Bassano, del 1884, è preparata da una serie di saggi, su temi particolari di storia civile e sociale: la descrizione del museo di Bassano, il Monte di Pietà, l’arte degli orefici, il regime delle acque[54]. E’ Brentari stesso, nella prefazione Al lettore, che ci ricorda com’è nata la sua passione per la storia di Bassano; lui, trentino (è nato a Strigno e vissuto adolescente a Rovereto) arriva a Bassano nel 1879, chiede di sapere qualcosa sulla storia della città, gli dicono che «non esisteva una storia di Bassano», si dà all’alpinismo sui monti vicini, progetta di scrivere una guida storico-artistica della città, si innamora dell’argomento, si butta a leggere libri e a consultare documenti nel ricchissimo archivio annesso alla Biblioteca e Museo Civico. Nasce così una storia dove ogni notizia è «appoggiata a documenti» ma che pure fa trasparire l’afflato ideale e civile dell’autore: «Dallo spirito di parte stetti, quanto mi fu possibile, lontano; ma non volli però mai spogliarmi delle mie opinioni. Liberale convinto, scrissi di certo in senso liberale, senza odi, ma anche senza paure; altri, se crede, scriva una storia di Bassano in senso contrario al mio; e forse allora, dal cozzo delle idee, scaturirà più limpida la verità»[55]. Le opinioni degli storici precedenti a Verci sulle origini della città sono «fole» e «favole», non si può che ridere di quanto «il buon Chiuppani vuole farci credere della Bassano di Antenore», «errori e invenzioni degli storici bassanesi sui tempi romani» sono finalmente spazzati via da Verci nell’età dell’«immortale» Muratori[56]: etimologia e toponomastica disvelano tracce di romanità a Bassano, la sua non esistenza in età romana, l’incontestabile origine medievale del centro abitato, i documenti autentici, sondati direttamente in archivio, rivelano la storia e l’evoluzione del castello e della comunità dal medioevo all’età moderna. Brentari ricostruisce attentamente la storia di Bassano e del suo territorio dall’età ezzeliniana ai suoi giorni. Sulla figura di Ezzelino rifugge da «una di quelle riabilitazioni che sono divenute di moda, più per isfoggio di erudizione che per amore di verità», ma cerca di purgare «la figura di quel prode dalle macchie troppo oscure di cui i guelfi riuscirono ad imbrattarlo», ricorda che la sua storia è stata scritta «dai suoi nemici, dai guelfi più arrabbiati, da frati!» come se, azzarda un paragone forte, la storia dei nostri «padri della patria», Vittorio Emanuele II e Garibaldi, fosse tramandata da «giornalisti e libellisti clericali»[57]. La Storia di Bassano (fig.6)

6OttoneBrentari

6. Ottone Brentari, Storia di Bassano e del suo territorio, Bassano, Sante Pozzato 1884. La Storia segue un andamento cronologico, dagli Ezzelini alla dedizione a Venezia, intervallando capitoli sugli avvenimenti storici, ad altri riservati alla vita religiosa, economica, artistico-letteraria.

di Brentari segue un andamento cronologico, dagli Ezzelini alla dedizione a Venezia, intervallando capitoli rigorosamente e analiticamente evenemenziali, ad altri riservati alla vita religiosa, economica, artistico-letteraria. «Felice dominio» e «paterno reggimento» quello di Venezia, che ha portato Bassano «ad un grado invidiabile di prosperità e di benessere», ma la decadenza e l’infiacchimento dell’ultimo secolo la conduce inerte e impreparata al confronto con la Francia rivoluzionaria: «non seppe né osare né essere prudente, né vivere gloriosamente né eroicamente morire. Era come un vecchio edificio senza puntelli; una sola scossa, e tutto doveva andare a catafascio»[58]. Arrivato al 1813, anno del ritorno degli Austriaci dopo la parentesi napoleonica, Brentari è tentato di fermarsi: «giunto ormai ai tempi in cui successero quei fatti di cui furono testimoni e parte molti che sono ancor vivi o che sono morti ieri, io non posso più proseguire, non posso giudicare uomini che respirano ancora le aure della vita, o di cui vivono i figli»[59]. In realtà Brentari non rinuncia a delineare la storia di Bassano negli anni del Risorgimento; la sua limpida e coerente opzione politica liberale fa da filo rosso dell’analisi delle vicende di Bassano durante i moti del 1848-49, nel residuo periodo del dominio austriaco e anche nei pochi ma intensi anni che vanno dall’annessione al 1884, anno di pubblicazione della sua Storia. Nelle Conclusioni Brentari ricorda con commozione il momento, il 1866, in cui Bassano, vede «l’alba gioconda della libertà» e si unisce «alla grande patria italiana»: con la libertà comincia a «risorgere» anche se deve ammettere che «non è ancora quale era una volta», che «le industrie, le arti, gli studi non vi sono fiorenti quanto un dì; i suoi uomini illustri, quantunque neppur oggi facciano del tutto difetto, non vi sono più così numerosi»; in attesa che una Bassano tornata alle grandezze del passato veda un altro suo figlio scriverne di nuovo la storia, si congeda dai suoi lettori con la tranquilla coscienza di aver innalzato «un monumento di gloria a questa gentile città»[60]. Le aperte propensioni cattolico-liberali della sua Storia spiegano le reazioni dei contemporanei, ben riassunte da Berti qualche anno fa: «sarà subito duramente attaccato, fino all’aperta calunnia, da due noti esponenti del clericalismo padovano, monsignore Pietro Balan e il conte Alessio Besi, i quali cercheranno di confutarlo proprio intorno ai temi del rapporto fra potere politico e potere religioso. Diversamente, uno storico liberale come Giuseppe Pasqualigo ravviserà nel lavoro di Brentari una seria ed equilibrata ricerca storica»[61]. Le fatiche erudite di Brentari sulla storia di Bassano si fermano al 1884[62], l’anno successivo rifonde i materiali scavati in precedenza nella Guida storico-alpina di Bassano poi più volte ripubblicata[63]: quella delle Guide storico-alpine in effetti è una delle passioni di Brentari, in sintonia con la contemporanea collaborazione al «Bollettino del Club Alpino Italiano»[64].    

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